Digital Marketing: che cosa aspettarsi dal 2023?

Quali saranno le tendenze nell’ambito del Digital Marketing per il 2023

Di sicuro ci saranno piccoli e grandi cambiamenti in vari ambiti. Sia gli addetti, sia i profani, sentono quanto il digital stia diventando centrale nelle nostre vite. Un sentire che passa dalle mani di chi usa il digital per fare marketing (le aziende, le agenzie di comunicazione), e dalle mani dei consumatori che, sempre più spesso, vedono vita privata e messaggi pubblicitari inseparabilmente uniti, all’interno dei loro smartphone, nei siti che consultano, nei feed dei social network, così personali, eppure così “pubblici” e, quindi, così pervasi da comunicazioni di marketing, video advertising, messaggi promozionali…

Nel 2023, dunque, non vi sarà solo uno sviluppo delle tecnologie attualmente in uso, ma anche una crescita della consapevolezza dei consumatori. Pertanto, si renderanno necessari nuovi approcci e nuove modalità per riuscire ad entrare in contatto con loro, tramite nuove tendenze e modalità sino ad ora inesplorate.

Tendenze 2023 nel Digital Marketing: una panoramica

 

Tendenze 2023 nel Digital Marketing: una panoramica

 

C’è chi dice Metaverso

Prima di spiegare in che modo il Metaverso influenzerà il Digital Marketing, riportiamo (per chi ancora ne avesse bisogno) una rapida definizione. Con “metaverso” (nell’uso che si fa, sempre più comunemente, della parola) si intende indicare un ambiente virtuale in cui gli utenti possono interagire in modo immersivo. Un qualcosa che è più di una realtà virtuale, sul confine tra videogame e The Matrix.

Per approfondire, rimandiamo ai seguenti approfondimenti:

Ora che abbiamo le idee più chiare possiamo dire che, verosimilmente, il metaverso diventerà sempre più popolare nel corso dell’anno e, di conseguenza, avrà un impatto significativo sul digital marketing

Le aziende potranno utilizzare il metaverso per creare esperienze uniche per i consumatori (dall’acquisto di un prodotto alla visita ad uno store virtuale, passando da eventi ambientati all’interno di realtà virtuali riservate ai soli invitati, solo per fare alcuni esempi). 

Cose di questo tipo si sono già viste, diranno i più informati. È vero, ma si prevede che sarà nel corso del 2023 che queste cose diventeranno “mainstream”, arrivando alla portata di tutti, se non dal punto di vista della fruizione, almeno dal punto di vista della conoscenza della loro esistenza.

c'è chi dice metaverso

 

C’è chi dice AR

Chi lavora nel settore del Digital Marketing (o chi, semplicemente, ama essere informato su queste tematiche) avrà sicuramente notato che, al concetto di Metaverso viene spesso contrapposta l’idea di AR, ovverosia di Augmented Reality (realtà aumentata). Queste due posizioni sono spesso rappresentate da due aziende che stanno cercando di farne i rispettivi cavalli di battaglia: Meta da una parte e Apple dall’altra.

Di sicuro, uno degli obiettivi del digital marketing del 2023 sarà anche quello di creare esperienze d’acquisto che possano scivolare fluidamente dal digitale al reale, e viceversa. Ad esempio, si potrà invogliare i consumatori a visitare uno store fisico grazie all’uso di risorse digitali. 

A questo proposito, scrive Stephanie Horton – Global Marketing Director of Commerce presso Google:

La realtà aumentata (AR) e altre esperienze immersive sono diventate fondamentali per raggiungere questo obiettivo. E l’aumento dell’uso della tecnologia AR significa che la domanda dei consumatori di esperienze coinvolgenti diventerà ancora più diffusa nel 2023. In effetti, si prevede che più di un terzo della generazione Z farà acquisti con AR entro il 2025. Alcuni brand hanno già sperimentato campagne AR. Miss Dior ha incoraggiato gli acquirenti a utilizzare Google Lens in negozio per creare un AR giardino di fiori che sbocciano. E Burberry ha celebrato la sua collezione Olympia con un pop-up da Harrods in cui le persone potevano usare il proprio smartphone per dare vita a una statua della dea greca Elpis.

Per approfondire la dualità “Realtà Virtuale / Realtà Aumentata” vi invitiamo a consultare questo articolo:https://www.forbes.com/sites/timbajarin/2022/10/11/metas-vr-vs-apples-ar-strategy-who-will-ultimately-win/

 

Ai, ai, ai!

È sempre più presente e si chiama IA o AI, a seconda della lingua parlata: Intelligenza Artificiale, o Artificial Intelligence, in inglese. 

Sta diventando sempre più sofisticata, e le aziende potranno utilizzarla per personalizzare le esperienze dei clienti, automatizzare i processi di marketing, analizzare i dati per prendere decisioni informate (ad esempio, le chatbot potranno fornire risposte personalizzate alle domande dei clienti, oppure potranno offrire consigli sempre più pertinenti, basati sulle reali preferenze espresse dai clienti).

Se non avete mai avuto a che fare con questo mondo, o se già lo conoscete, ma volete scendere un po’ più in profondità, potete dare un’occhiata a quello che è diventato il fenomeno di fine 2022 e che, sicuramente, farà molto parlare di sé nel 2023: si tratta del progetto OpenAI che vede Elon Musk tra i propri fondatori e che ha contribuito a rendere l’intelligenza artificiale qualcosa di popolare, consentendo a tutti di “saggiarne” le capacità.

l'augmented reality e l'artificial intelligence

 

Very big data

Abbiamo parlato di piattaforme che simulano interi universi (o quasi), e di intelligenze artificiali che cercano di eguagliare le intelligenze biologiche (le nostre) che le hanno create. Eppure, non abbiamo ancora nominato il comune denominatore di questi progetti: i dati. Sono i dati che fanno sì che un universo possa essere condiviso. E sono sempre i dati a nutrire le intelligenze artificiali, rendendole sempre più… be’… intelligenti!

Ma da dove arrivano tutti questi dati? Naturalmente dal web, dagli archivi pubblici, ma anche dalla miriade di contenuti, preferenze, informazioni personali che gli “utenti” (che, poi, siamo noi… tutti noi), con sempre più leggerezza gettiamo nel grande mare del web. 

Dunque, se il 2023 sarà (ancora) l’anno dei dati… sarà anche l’anno in cui si cercherà di mettere un po’ d’ordine in questo Far West di informazioni molto spesso trafugate, spostate e rivendute in modi non sempre trasparenti. Insomma, nel 2023 sentiremo molto parlare di…

Privacy, please!

La privacy dei dati dei consumatori diventerà sempre più importante, e le aziende dovranno essere più trasparenti su come utilizzano i dati dei clienti. 

Le aziende dovranno adottare misure di sicurezza adeguate per proteggere i dati in loro possesso (che, come abbiamo visto, diventeranno sempre di più e sempre più difficili da amministrare). 

La grande sfida sarà: avere i dati delle persone, rispettandone la privacy e la sicurezza (ovvero, saper difendere questi dati da furti, attacchi hacker, usi impropri fatti da fornitori di terze parti, partner, e via dicendo). Inoltre, le aziende dovranno essere in grado di fornire opzioni di opt-out per i clienti che non vorranno più condividere i loro dati.

la customer experience

 

La customer experience

L’esperienza di acquisto, nei mondi reali e digitali, è diventata sempre più importante, e si prevede che sarà una tendenza chiave nel digital marketing nel 2023. Le aziende dovranno lavorare per fornire un’esperienza personalizzata e coinvolgente, per mantenere la fedeltà dei loro clienti e per attirarne di nuovi. Per fare un esempio, un’azienda potrebbe usare i dati in proprio possesso per personalizzare le comunicazioni pubblicitarie e le offerte, oppure per creare una community di persone accomunate da una serie di gusti condivisi.

Da un lato, dunque, si vede come una delle parole chiava del 2023 sarà: personalizzazione! (I marchi che abbracciano questo tipo di approccio stanno ottenendo risultati migliori rispetto a quelli che non lo fanno, perché la personalizzazione consente di creare contenuti, servizi, prodotti che avranno una maggiore possibilità di successo, in quanto conformati su giudizi estetici, preferenze, gusti precedentemente espressi e adeguatamente intercettati, tramite l’analisi dei dati).

D’altra parte, come abbiamo già sottolineato, i dati saranno il fulcro delle strategie di personalizzazione e, in generale, di customer experience design. Strategie che, non è escluso, potranno anche essere implementate o raffinate con l’uso di una intelligenza artificiale (Perché, alla fine, tutto è connesso, no? Specialmente online!).

 

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i contenuti e i content creator nel 2023

 

Contenuti e content creator nel 2023

Dedichiamo uno spazio a parte ai contenuti che si prevede andranno per la maggiore nel 2023, citando anche i creator o, meglio, coloro che creano contenuti con lo specifico intento di promuovere un prodotto, un servizio, uno stile di vita. Insomma, gli influencer! Cominciamo da qui…

 

Influencer, il ritorno!

Gli influencer continueranno ad avere un ruolo importante nel digital marketing nel 2023. Le aziende potranno utilizzare gli influencer per promuovere i loro prodotti e servizi e raggiungere un pubblico più ampio

Tuttavia, con un aumento della consapevolezza dei consumatori sui contenuti sponsorizzati, le aziende dovranno essere più trasparenti e scegliere gli influencer sempre più sulla base della loro reputazione, dei loro valori, e della fedeltà dei loro follower

Insomma, sembra che nel 2023 non sarà solo una quesitone di numeri, ma anche di “cuore” (se così si può dire…).

 

Video, ma short

I video brevi stanno diventando sempre più popolari: basti guardare a come TikTok ha cambiato il modo in cui i giovani vivono questo tipo di contenuti, e di come piattaforme come Instagram e Snapchat abbiano dovuto adeguare di conseguenza le proprie strategie di produzione e condivisione dei contenuti video. Per non parlare di un colosso come YouTube (casa Google) che non si è potuto esimere dalla creazione degli “Shorts”, pur essendo storica dimora di video mediamente lunghi.

Che farsene di video brevi? Ebbene, le aziende potranno utilizzarli per raccontare mini-storie, promuovere prodotti e servizi con spot sempre più “flash”, coinvolgere i loro clienti in modo divertente. L’unica regola per avere successo in questo campo non sarà tanto quella del formato (video brevi), bensì quella della “grammatica” che questi video brevi sembrano condividere. Una grammatica con stili suoi propri, micro-generi, musiche che diventano tormentoni, balletti che si inseguono in un caleidoscopio di imitazioni, citazioni, ripetizioni. All’infinito. Un po’ come il nostro scrollare senza meta, a sera, quando dovremmo dormire, ma diciamo a noi stessi che il prossimo video sarà l’ultimo.

gli influencer e i video short

 

Chiari e semplici, mi raccomando

Con la diffusione di video in formato breve (e, duole dirlo, con la soglia di attenzione degli spettatori in costante calo) le aziende dovranno affrontare un’altra grande sfida, da combattersi non tanto nel campo dei “media”, quanto in quello della “produzione dei contenuti”. Le aziende dovranno essere in grado di comunicare con frasi brevi e rapide, per attirare l’attenzione di quanti fruiranno questi contenuti da dispositivi mobili, immersi in una “esperienza di flusso” difficile da interrompere e da gestire.

 

Parola d’ordine: essere inclusivi

Le aziende dovranno prestare maggiore attenzione all’inclusione e alla diversità nei loro contenuti di marketing. Ciò significherà utilizzare rappresentazioni più diverse e accurate nei loro annunci e nei loro contenuti, e creare campagne di marketing che siano inclusive per tutti i gruppi demografici. Ciò aiuterà a costruire relazioni più forti con i clienti, aumentare la fedeltà dei clienti, dimostrare al mondo una consapevolezza e una attenzione nei confronti di tematiche sempre più sentite, in particolare dalle nuove generazioni.

ci aspetta un anno complesso

 

Ci aspetta un anno complesso!

Questa frase suona vera… e forse lo è. Ma ogni anno è complesso, specialmente quando lo si osserva dall’inizio. A fine anno anche il 2023 ci apparirà più chiaro, sotto la lente del famoso “senno di poi”. Siccome siamo solo all’inizio, però, è giusto partire informati ed attrezzati. Pertanto, consigliamo ad aziende e imprese alcune risorse per approfondire i temi trattati in questo articolo:

  • L’articolo “The Future of Digital Marketing in 2023”, apparso su Forbes
  • L’articolo “Digital Marketing Trends 2023”, apparso su Smart Insights
  • L’articolo “Top 10 Digital Marketing Trends for 2023”, pubblicato su Digital Shift

 

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Competitor, scenari, mercati: conoscerli oggi, affrontare il domani

Una domanda fastidiosa (ma necessaria)

C’è una domanda che ogni azienda dovrebbe porsi. È una domanda che in alcuni può suscitare imbarazzo… fastidio, alcune volte. Però è necessaria, forse inevitabile, e la risposta che si dà a questa domanda può fare la differenza.

Questa domanda, che può essere formulata in vari modi, è la seguente:

«Come vedi la tua azienda tra cinque anni?».

Leggendo capirete perché, in alcuni imprenditori, questa semplice frase può generare un misto di preoccupazione, sensazione di impotenza, ansia. Come si diceva, la domanda può essere declinata anche così:

«Come pensi che si comporterà il mercato tra cinque anni?»

oppure così:

«Che cosa accadrà al tuo settore nei prossimi 5 anni?».

le domande e la consulenza per l'analisi sui competitor scenari e mercati

 

La questione che pongono queste domande – simili eppure diverse – riguarda il mondo del lavoro, ma soprattutto il futuro. O, più specificatamente, la capacità di prevedere che cosa accadrà, così da poter adeguare di conseguenza le proprie strategie di marketing.

Se tutto questo ti stuzzica e, anche tu, vuoi conoscere quali metodologie e quali strumenti è possibile impiegare, per “sondare l’insondabile”, questo è l’articolo giusto per te. Nei prossimi paragrafi, infatti, parleremo di tre strumenti indispensabili per ogni azienda:

  • L’analisi di scenario
  • L’analisi di mercato
  • L’analisi dei competitor

Per ognuna di queste tre analisi forniremo una overview operativa (per capire come è possibile realizzarla per sé) e individueremo i principali vantaggi che ognuna di esse può portare ad un’azienda. 

Pronto a scoprire che cosa ti riserva (probabilmente) il domani? Andiamo!

Scenario, mercato, competitor: una definizione

Scenario, mercato, competitor: una definizione

Prima di cominciare, cerchiamo di dare una definizione sintetica, ma quanto più possibile esaustiva, delle tre analisi oggetto di questo articolo.

Analisi di scenario

L’analisi di scenario è un metodo di pianificazione strategica che consente di valutare le tendenze del mercato e consente di prendere in considerazione molteplici variabili (concorrenza, condizioni economiche, innovazione, regolamentazione di un certo settore).

Analisi di mercato

L’analisi di mercato è una strategia di marketing che consente di conoscere meglio la concorrenza, i consumatori e le tendenze del mercato, in modo da poter costruire una strategia di marketing più efficace.

Analisi della concorrenza

L’analisi della concorrenza è un processo di indagine approfondito atto a mettere in luce i punti di forza e i punti di debolezza dei competitor e, più precisamente, delle loro strategie o dei servizi / prodotti offerti.

 

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Analisi fantastiche e come realizzarle!

 

Analisi fantastiche e come realizzarle!

Ora che abbiamo definito l’argomento di questo articolo, cerchiamo di capire un po’ meglio come è possibile realizzare queste tre analisi (di scenario, di mercato, della concorrenza), così che tu possa iniziare fin da subito ad applicare queste metodologie sulla tua azienda.

Come si realizza un’analisi di scenario?

Tutti noi creiamo degli “scenari”, quando pensiamo al futuro. Semplicemente, ci immaginiamo come potrebbero andare le cose e prendiamo decisioni sulla base di queste previsioni (spesso inesatte o, comunque, fortemente influenzate da bias cognitivi o dall’assenza di informazioni). Anche le aziende, per continuare ad esistere sul mercato, crescere e resistere ai cambiamenti, ipotizzano “scenari futuri” che, però, sono basati su set di dati dei quali le aziende sono in possesso (o possono entrare in possesso).

Tra i fattori presi in considerazione per realizzare una analisi di scenario, figurano:

  • Una ricerca di mercato (chi sono i competitor, i prezzi medi di prodotti e servizi?)
  • Una raccolta di tendenze di settore (è in crescita, in recessione, ecc.)
  • Una serie di previsioni macroeconomiche
  • Una raccolta di opinioni dei clienti (sul brand e sui prodotti / servizi che questo offre)

Grazie a queste informazioni e ad una loro analisi, si possono costruire una serie di scenari futuri nei quali l’azienda può continuare ad avere successo sul mercato (ad esempio, prevedendo periodi di crisi e creando prodotti entry-level, oppure assecondano richieste di potenziali acquirenti…).

Una volta creati questi scenari (basati su dati e costruiti come “previsioni plausibili”), le organizzazioni possono pianificare le strategie più adatte per raggiungere i loro obiettivi.

Vantaggi dell’analisi di scenario

  • Predire il comportamento dei clienti
  • Identificare tendenze future
  • Valutare l’impatto dei cambiamenti nel mercato
  • Creare strategie di gestione efficienti
  • Ottimizzare le vendite
  • Individuare le aree di crescita
  • Ridurre i costi aziendali
  • Aumentare l’efficienza operativa
  • Migliorare la qualità del prodotto
  • Analizzare la concorrenza

Come si fa un'analisi di mercato?

 

Come si fa un’analisi di mercato?

Parlando dei fattori da prendersi in considerazione quando si lavora ad un’analisi di scenario abbiamo menzionato l’analisi di mercato. Come si procede per realizzarne una, e quali fattori devono essere presi in considerazione? Lo vediamo di seguito.

  • L’analisi dei competitor (della quale scriviamo di seguito)
    • concorrenza (chi sono i concorrenti, quali prodotti /servizi offrono, a che prezzi, con quali strategie di marketing…)
  • L’analisi dei prezzi dei prodotti / servizi
    • prodotti (quanto costano, quali sono i plus, a che prezzo sono venduti…)
  • La ricerca dei consumatori
    • clienti (chi sono, che cosa vogliono, come si comportano…)

Sottoponendo tutti questi dati ad una attenta analisi è possibile avere una conoscenza più profonda del mercato, delle aziende che lo abitano e delle persone (consumatori) che lo frequentano.

Vantaggi dell’analisi di mercato

  • Fornisce una comprensione approfondita del mercato, inclusi i concorrenti, i clienti e le tendenze del mercato.
  • Aiuta a prevedere le tendenze future e le reazioni dei consumatori al lancio di nuovi prodotti, servizi e strategie.
  • Consentire alle aziende di identificare le opportunità nel mercato e di prendere decisioni strategiche su come posizionare i loro prodotti.
  • Fornisce le informazioni e i dati necessari per creare una strategia di marketing più efficace.
  • Aiuta a determinare la posizione della società rispetto alla concorrenza.

Consente alle aziende di prendere decisioni informate su come investire i loro soldi.

Come si realizza un'analisi dei competitor?

 

Come si realizza un’analisi dei competitor?

Sembra un gioco di scatole cinesi, o una matrioska di conoscenze, ma non potrebbe essere altrimenti: per realizzare una analisi di scenario serve un’analisi di mercato, e per realizzare quest’ultima occorre eseguire una analisi dei competitor.

  • Prima di tutto, bisogna sapere di chi si sta parlando e rispondere alla domanda: “Chi sono i miei concorrenti?”. (Può sembrare banale, ma non sempre si ha questo genere di consapevolezza, ed è sempre il momento giusto per costruirla). Una volta identificati i competitor, è necessario raccogliere dati demografici e geografici e, inoltre, studiare:
    • I loro prodotti / servizi
    • I prezzi ai quali offrono prodotti / servizi
  • La domanda successiva da porsi è: “Quali strategie stanno utilizzando?”.
    • Le strategie di marketing in atto
    • La loro comunicazione (e i canali presidiati)

Successivamente, è necessario analizzare e confrontare le informazioni raccolte per identificare le forze e le debolezze dei concorrenti. Inoltre, è necessario considerare le opportunità e le minacce nel mercato per comprendere come i concorrenti possono influenzare la propria strategia.

Vantaggi dell’analisi dei competitor

  • Identificare le strategie dei concorrenti e scoprire come possono influenzare la propria attività.
  • Comprendere le capacità dei concorrenti e come possono influenzare i prezzi.
  • Monitorare le nuove offerte dei concorrenti e le loro strategie di marketing.
  • Prevedere le nuove offerte dei concorrenti prima che vengano lanciate.
  • Identificare le opportunità di differenziare la propria offerta rispetto a quella dei concorrenti.
  • Apprendere nuove strategie da parte dei concorrenti e adattare la propria strategia di conseguenza.

Mercati, scenari, competitor… e veggenti!

 

Mercati, scenari, competitor… e veggenti!

Gli indovini non esistono… però è innegabile che – con le giuste analisi di scenario, mercato e competitor – possiamo farci un’idea un po’ più chiara di dove stiamo andando, per meglio affrontare il domani.

Quindi, mettiamo da parte la paura delle domande scomode. Proprio queste ultime potrebbero essere una delle chiavi del nostro successo a lungo termine! 

 

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Perché Sales Automation & Customer Profiling sono fondamentali in ogni strategia di business

 

Concludere il maggior numero di vendite è l’obiettivo assoluto di qualsiasi business. Ogni strategia aziendale ruota attorno a questo intento, punto focale da perseguire al meglio con gli strumenti offerti dal marketing.
Tra questi è centrale la Sales Automation, destinata a supportare il team di vendita, permettendogli di lasciarsi alle spalle attività lunghe e ripetitive e di concentrarsi così sulle vendite.

L’automazione delle vendite è un processo che racchiude molteplici elementi tra cui il Customer Relationship Management (CRM) – consistente in un insieme di sistemi di gestione delle relazioni con i clienti – e i software di email marketing: attraverso questi strumenti si semplificano le attività nonché si raccolgono dati molto accurati.

In questo processo altro elemento chiave è il Customer Profiling, consistente nell’attività di profilazione del portafoglio clienti dell’azienda grazie a cui conoscere gli acquirenti e il loro comportamento, prevedendo così le loro interazioni future con l’azienda. Questo sia dal punto di vista quantitativo, relativo quindi all’ammontare delle loro spese, sia qualitativo ovvero in base al tipo di prodotti e servizi che preferiscono nonché alle possibilità in merito alla loro fidelizzazione anno dopo anno.

In questo articolo verranno trattati nel dettaglio la Sales Automation e il Customer Profiling, pilastri per i business all’avanguardia.

Sales Automation: che cos'è e a cosa serve

Sales Automation: che cos’è e a cosa serve 

Nell’ultimo decennio le modalità tradizionali di vendita si sono trasformate. In particolare sono aumentate in modo esponenziale le interazioni digitali tra fornitori e acquirenti. Questo processo ha conosciuto un boom a seguito del biennio pandemico appena passato, periodo in cui il processo di digitalizzazione delle imprese ha registrato un netto incremento.

Tra interazioni, dati e relazioni con i propri acquirenti e fornitori, per ottimizzare i processi le aziende stanno automatizzando sempre di più le loro attività. Tutto questo ha portato a un cambiamento radicale nel marketing sia nel B2C che nel B2B.

In questo contesto si inserisce la Sales Automation, sistema volto a supportare le attività dei team commerciali.

Attraverso l’uso di software applicati nel processo di vendita si automatizzano le attività ripetitive, svolte di solito manualmente.
Queste vengono realizzate da sistemi ad hoc, riducendo così la mole di lavoro e gli errori, facilitando i processi commerciali. 

La Sales Automation permette di gestire al meglio le risorse: gioca un ruolo chiave per il dipartimento marketing, supportando il processo di vendita. Grazie alla sua efficacia si possono prevedere le mosse del cliente, affidarsi a strumenti volti a raccogliere gli ordini e le informazioni che riguardano acquirenti e fornitori. 

A tutto questo si aggiunge la possibilità di pianificare le attività, realizzare presentazioni di demo a livello virtuale e pipeline di vendita, consistenti in una rappresentazione grafica volta a raffigurare dove si trova il cliente potenziale nel processo di vendita.

Sales Automation: il supporto del CRM

Sales Automation: il supporto del CRM

Grazie alla Sales Automation si potranno semplificare e agevolare le vendite. Per introdurla nei processi commerciali in aiuto il Customer Relationship Management, CRM, il cui ruolo è quello di mappare le relazioni instaurate con i clienti e i prospect. Questa strategia permetterà di avere una visione chiara di questo rapporto, aiutando l’azienda a rimanere in contatto con gli acquirenti, utilizzando anche i processi di vendita e contatto. 

Si tratta di software che registrano le informazioni dei clienti, tra numero di telefono, e-mail, indirizzo, eventuali profili social e loro preferenze sulle modalità con cui ricevere le comunicazioni. 

In questo modo il CRM sales permette di avere un resoconto completo degli acquirenti, migliorando il loro rapporto con l’azienda a 360 gradi. 

Tutti i dati raccolti permettono di avere, infatti, conversazioni profittevoli con i clienti, influenzandoli in modo positivo e alleggerendo così il lavoro.

Secondo i dati, in media un venditore spende circa il 33% del suo tempo per la vendita e tutto il resto delle sue ore lavorative le dedica a gestire attività come inserimento manuale dei dati dei prospect, processi e organizzazione funzionale di tutte le informazioni.

In questa mole di materiali l’errore umano nonché la mancanza di strumenti ad hoc fanno sì che si possa finire in errori, come dimenticarsi di contattare per tempo il cliente rischiando così di perderlo. Per evitare tutto questo – responsabile del depotenziamento delle performace di vendita – in aiuto il CRM grazie a cui i business ottimizzano le loro attività.

Sales Automation: le strategie

Sales Automation: le strategie 

Per costruire un legame con i potenziali clienti è necessario creare azioni e campagne di marketing ben targettizzate. In questo contesto in aiuto una serie di strategie della Sales Automation, tra cui: 

L’identificazione degli utenti

Identificare gli utenti permette di comprendere i bisogni dei clienti e il tempo necessario da dedicargli per soddisfarli, reso possibile appunto attraverso il CRM grazie a cui raccogliere i dati sugli acquirenti in modo organizzato. 

Il lead scoring

È lo strumento volto a riordinare il database dei contatti e far sì che vengano reindirizzati i lead di qualità ai rivenditori. Il tutto per abbreviare il processo, rendendo le vendite smart. 

L’automazione della messaggistica

Consente di ridurre le spese di marketing e aumentare, anche del 15%, la produttività dell’azienda a livello commerciale. Attraverso l’email marketing automation vengono selezionati, in base ai comportamenti dei clienti rilevati, quali contenuti inviare.

I sistemi di notifica 

Premette di tenere traccia di tutto, tra telefonate effettuate, e-mail inviate, riunioni fissate, permettono di vedere i passi fatti dal cliente e a che punto è la vendita

Il lead nurturing

Si tratta del processo per mantenere in relazione l’azienda e il potenziale acquirente in ogni fase della vendita, il tutto fornendo informazioni utili ai propri contatti 

Customer Profiling: cos’è e quali sono le sue funzioni

Customer Profiling: cos’è e quali sono le sue funzioni

Nell’ambito del rapporto tra clienti e azienda un ruolo fondamentale è svolto dal Customer Profiling, elemento portante nel marketing relazionale, disciplina dedica a studiare questo rapporto. 

Il Customer Profiling ha l’obiettivo di raccogliere quante più informazioni possibili relative ai clienti: il tutto allo scopo di conoscerli al meglio, permettendo anche di prevedere il modo in cui potranno in futuro interagire con l’azienda.

Tutto questo servirà a costruire così campagne ad hoc per raggiungere gli obiettivi aziendali. Lo scopo della profilazione è quello di quantificare il valore legato a ogni cliente nel rapporto con l’azienda: si tratta del ricavo che si farà da lui nel tempo, cosiddetto customer lifetime value.

La profilazione dei clienti ha innumerevoli vantaggi per il business tra cui: 

  • fidelizzare i clienti nel lungo periodo
  • incrementare le vendite
  • aumentare i clienti
  • applicare le strategie di marketing corrette
  • avere una comunicazione mirata
  • risparmiare sui costi pubblicitari
  • smaltire le scorte di magazzino in tempi rapidi

Customer Profiling: come creare la profilazione dei clienti

Customer Profiling: come creare la profilazione dei clienti

Grazie al Customer Profiling si potranno acquisire preziose informazioni relative agli acquirenti. Per creare una segmentazione dei clienti efficace è necessario avere un database sempre aggiornato contenente informazioni come età, acquisti precedenti e altri elementi della vita dei potenziali acquirenti. 

Per quanto riguarda la profilazione dei clienti in linea generale le aziende prediligono strumenti di natura quantitativa in quanto effettuano la maggior parte delle verifiche attraverso numeri e informazioni tangibili. In questo senso uno strumento molto utilizzato è l’Analisi ABC grazie a cui classificare i clienti in base a una variabile – di solito legata al fatturato – organizzandoli con un sistema piramidale.
Se questo è molto utile, per avere un quadro più accurato, che vada oltre ai numeri, in aiuto anche strumenti alternativi basati su analisi a livello qualitativo.

In ogni caso la profilazione dovrà essere svolta in base alle specifiche necessità aziendali.
Per esempio un negozio online di vestiti dovrà concentrarsi in particolare sui gusti ed età dei suoi prospect. Uno specializzato in abbigliamento sportivo invece su informazioni dei clienti legate alle loro preferenze in fatto di sport e i prodotti che acquistano di più per le loro attività. 

Una volta raccolti i dati si può realizzare poi l’analisi comportamentale: si tratta di uno studio dei comportamenti dei consumatori e delle loro decisioni al momento di acquisto.
In particolare si parte analizzando i loro comportamenti online come per esempio l’apertura delle e-mail inviate e la lettura di eventuali post sul blog aziendale.
Si valutano poi anche i passi dell’utente offline come ad esempio quando acquista di più e la sua spesa media. 

Per incrementare i fatturati, ottimizzare i flussi dei processi commerciali, migliorare la relazione coi clienti, automatizzare i processi risparmiando tempo e risorse la Sales Automation e il Customer Profiling sono strategie immancabili in qualsiasi business all’avanguardia. 

 

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Brand Positioning Statement: come crearlo in 6 step

Se nella vita di ciascuno non può mancare la carta d’identità, in quella di ogni marchio è imprescindibile il Brand positioning statement.  

Si tratta, infatti, di un documento in cui è definita l’identità dell’azienda. Denominato anche Strategia di posizionamento o Dichiarazione di posizione del marchio raccoglie la descrizione di prodotti e servizi offerti, allo scopo di spiegare come questi soddisfino particolari esigenze di mercato.

Definire il Brand positioning statement permette di monitorare cosa pensano i consumatori del brand: le persone si fanno sempre un’idea del prodotto a prescindere che si stia portando avanti una strategia di posizionamento ad hoc.

Creando la BPS sarà il marchio stesso a fornire una sua specifica immagine con il suo set di valori. In questo modo si dà vita a un processo di posizionamento del brand in questione nella mente dei propri clienti: si tratta di un’esperienza condivisa con i loro.

In questo articolo verranno approfonditi scopo ed elementi essenziali di questo strumento nonché fornite spiegazioni pratiche su come realizzarlo.

il brand positioning e i 6 step per crearlo

Che cos’è il Brand positioning statement, tra scopo ed elementi essenziali

In breve, si tratta di una descrizione di un prodotto o di un servizio che contiene una spiegazione di come questo soddisfi una particolare esigenza del mercato di riferimento.

Condensato di visione, missione, approccio al mercato di un marchio, il Brand positioning statement aiuta a posizionare il marchio nella mente dei clienti.

Il suo obiettivo è quello di allineare marketing, marchio e proposta di valore aziendale per creare un’impressione unica nella mente dei clienti, in modo che questi associno qualcosa di specifico e desiderabile al tuo marchio, distinguendolo da tutti gli altri e riconoscendolo immediatamente, quando ci entrano in contatto.

il brand positioning statement che cosa è

A differenza di altri strumenti di marketing, la Dichiarazione di posizionamento del marchio è a uso interno, per mantenere in tutti reparti aziendali una percezione coerente di quello che il marchio comunica al mercato.

Il suo ruolo è molto importante per l’azienda e pertanto non va tralasciato. Quando lo si crea è fondamentale tenere a mente che differisce da altri strumenti di marketing, anch’essi molto potenti, ma diversi. 

Tra questi la Dichiarazione della missione aziendale, descrizione dello scopo di un’organizzazione destinata anche all’esterno dell’azienda, la Proposta di valore, volta a delineare nello specifico quello che differenzia un marchio, la Tagline (slogan aziendale), destinata a una dichiarazione a uso esterno delle attività di marketing.

Diversa anche la Unique selling proposition (USP), affermazione legata alle caratteristiche che distinguono il brand. Destinata a essere utilizzata all’interno dell’azienda, questa è solo una parte del Brand positioning statement per permettere a tutti di essere allineati sulla singola proposta di vendita.

 

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il brand positioning-statement e i suoi elementi essenziali

I 4 elementi chiave del posizionamento di mercato

Per ottenere un documento efficace, in ogni Brand positioning statement devono essere racchiusi al suo interno 4 elementi chiave. Costitutivi ed essenziali, sono i mattoni su cui creare l’architettura di questo importante strumento. 

  • cliente target: ogni BPS deve contenere la definizione di chi è il destinatario del prodotto o servizio del brand. Di quest’ultimo ne devono essere riportati aspetti demografici, target e attitudini
  • segmento di mercato: si tratta della definizione di quale categoria di prodotto e servizio fa parte brand
  • promessa: ovvero il vantaggio – sia emotivo, sia razionale – del marchio grazie a cui convincere i potenziali prospect a preferirlo rispetto ai suoi competitor
  • motivo: si tratta di illustrare la prova per cui credere nella promessa, una dimostrazione di come il prodotto o servizio sia all’altezza dell’aspettativa dei clienti

gli elementi chiave del posizionamento di mercato

I 6 step per creare il brand positioning statement

Grazie a una serie di fasi si può dare vita a un Brand positioning statement efficace. Sono 6 nello specifico le tappe da seguire per dare forma a un documento capace di ottimizzare le attività all’interno dell’azienda. 

Fase 1: Definire la posizione del marchio

Si tratta di una fase preliminare alla creazione del Brand Positioning Statement. Bisogna, infatti, definire gli aspetti fondamentali del posizionamento del marchio, partendo dai desideri del suo pubblico, dall’analisi della concorrenza nonché dall’identificazione della propria nicchia di mercato con cui rendere unico il brand

Fase 2: Creare l’internal branding

Creare l’Internal branding: in questo modo si mettono nero su bianco i valori portanti del marchio e si crea allineamento tra quello che è davvero il brand, sia all’interno dell’azienda, sia all’esterno. Questo aiuterà a rimanere allineati a quei valori nonché a fare riferimento a quello che il brand è realmente

Fase 3: Fare un elenco delle dichiarazioni di posizionamento

Dare vita a un elenco relativo a tutte le Dichiarazioni di posizionamento del brand: si deve tenere conto di elementi quali pubblico di riferimento, sfida, vantaggi, unicità, competitor 

Fase 4: Comprendere il pubblico

Questo serve per avere chiari i tratti distintivi del proprio target in quanto il documento deve diventare un punto di riferimento e guidare internamente molteplici aspetti aziendali, tra marketing e comunicazione

Fase 5: Redigere il documento di posizionamento

Redigere il documento utilizzando affermazioni concise e facili: queste permettono di rendere comprensibili tutti gli elementi della Dichiarazione di posizionamento del marchio, in modo da evitare eventuali dubbi

Fase 6: Dare vita a una dichiarazione unitaria

Al suo interno devono essere presenti tutti gli elementi creati. Per fare questo è necessario integrare le frasi prima realizzate – con cui sono stati definiti i vari aspetti – con la formula della Dichiarazione di posizionamento del marchio che deve essere chiara e comprensibile.

 

Vuoi saperne di più sulla creazione di un Brand Positioning Statement?

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il brand positioning statement e come crearlo

Linee guida per un posizionamento di mercato infallibile

Grazie a una serie di aspetti il processo di realizzazione del Brand Positioning Statement filerà liscio. Ecco gli accorgimenti che fanno davvero la differenza:

  • Crea una Vision board: per avere uno strumento visivo che aiuti a descrivere il target. A volte le immagini parlano più delle parole, aiutando a rendere semplici anche i concetti più complessi
  • Sii sintetico nell’esposizione dei contenuti: essere sintetici, infatti, è imprescindibile in quanto la frase che descrive il posizionamento del brand deve essere facile da memorizzare e interiorizzare
  • Fai in modo che la dichiarazione sia unica e memorabile: il Brand positioning statement deve essere alla portata di tutti gli stakeholder e i marketer, diventando per loro punto di riferimento. Per evitare difficoltà di comprensione è importante stare alla larga da termini troppo complessi
  • Consulta un collega: per capire se si è fatto un buon lavoro si può subito sottoporre il testo a un collega. Un altro occhio potrà, infatti, cogliere eventuali migliorie verificando che sia tutto scorrevole e che non si sia tralasciato nulla. In particolare è importante includere anche cosa il marchio offra ai consumatori e raccontare come il prodotto o servizio si distingua da quelli dei competitor.

il posizionamento di mercato e le sue linee guida

Conclusione: il brand positioning statement non può mancare nella tua strategia

Per gestire al meglio il tuo marchio, il Brand positioning statement è immancabile. Sarà il tuo punto di riferimento per tenere sempre a mente i tratti identitari del brand, potendo condividerlo con coloro che lavorano nell’azienda che ne potranno usufruire durante tutte le attività, in modo che l’agire aziendale sia coordinato dal punto di vista strategico.  

 

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Inclusione digitale: siti web alla portata di tutti dal 2025

Siti e prodotti digitali alla portata di tutti. Per raggiungere questo obiettivo, il mondo del web deve muoversi verso l’ottimizzazione dell’uso delle risorse digitali da parte delle persone con disabilità. 

Sempre più spesso si sente parlare di inclusione digitale: i sistemi informativi devono erogare informazioni e servizi fruibili alla collettività, compresi anche i soggetti diversamente abili che necessitano di particolari configurazioni o tecnologie assistive. 

In quest’ottica le informazioni online dovranno essere rese percepibili da tutti: devono pertanto essere implementati nei siti e nelle risorse informatiche diversi  accorgimenti per permettere la fruizione agli utenti disabili. 

In questo articolo approfondiremo il contesto generale e i passi fatti in avanti per rendere il web accessibile: 

  • lo scenario in evoluzione
  • i passi fatti in Italia
  • le linee guida per l’accessibilità digitale
  • pari opportunità per gli utenti
  • casi virtuosi

Per far sì che siti e servizi digitali siano accessibili anche alle persone diversamente abili, questi dovranno essere progettati tenendo conto dei requisiti di accessibilità

Essendo che smartphone e computer sono onnipresenti nella quotidianità di ciascuno, in cui si è costantemente connessi, chiunque deve essere messo nelle condizioni di poterli usare: il libero accesso non è più un’opzione, rappresentando una responsabilità della collettività. Gli ambienti digitali devono diventare totalmente inclusivi.

 

 

Digital Accessibility: uno scenario in evoluzione 

Grazie ai passi fatti in avanti nel campo della Digital Accessibility, si prospetta un futuro sempre più accessibile in fatto di utilizzo delle risorse del web da parte dei soggetti con disabilità.

Con il predominio del digitale e i conseguenti cambiamenti, è fondamentale che le tecnologie siano alla portata di persone diversamente abili che altrimenti potrebbero essere tagliate fuori dalla società. 

Molto è stato fatto per attuare il processo di inclusione digitale: in quest’ottica rilevante la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (del 2007) in cui vengono richiamati i principi di non discriminazione, pari opportunità e uguaglianza per rispettare l’identità individuale.

In questa Convenzione sono inoltre indicati tra i diritti riconosciuti alle persone con disabilità anche quelli di accessibilità delle tecnologie informatiche. In particolare all’articolo 9 viene indicato che: 

“al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, tra cui Internet”.

A ereditare i principi di questa Convenzione è l’European Accessibility Act, importante iniziativa pubblicata nel 2019 dall’Unione Europa. Lo scopo di questa misura è stato quello di indicare a enti pubblici e imprese gli strumenti per mettere in atto le strategie di accessibilità, semplificando gli scambi commerciali e favorire maggiori opportunità. 

Inoltre si sono colmate lacune in materia di Digital Accessibility per invogliare istituzioni e privati a rendere il mondo digitale maggiormente inclusivo.

In questo contesto rilevanti inoltre la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo 2016/2102 con cui vengono stabilite norme per gli Stati membri alla scopo di assicurare l’accessibilità digitale.

A livello europeo è stata emanata poi la Direttiva (UE) 2019/882 incentrata sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi: questa prevede che dal 2025 l’inclusione digitale sarà obbligatoria per tutte le imprese a prescindere dalle loro dimensioni.

 

 

Inclusione digitale: i passi dell’Italia per rendere il web accessibile a tutti

Grazie alla crescente attenzione per l’inclusione digitale, anche in Italia le cose stanno cambiando.
A livello europeo, l’Italia è tra i Paesi membri ad aver implementato per prima le linee guida destinate ai siti istituzionali. Passi significativi sono stati messi in campo con la Legge del 2004 destinata a favorire l’accesso ai soggetti disabili in fatto di strumenti informatici.

Da gennaio 2020 sono entrate in vigore le Linee Guida sull’Accessibilità dei Sistemi Informatici (nel 2021 aggiornate) in riferimento alla Direttiva UE 2016/2102 dedicata ai siti web e applicazioni degli enti pubblici e la loro accessibilità.
Queste misure prevedono come le Istituzioni debbano pubblicare la Dichiarazione di Accessibilità – aggiornandola costantemente – per attestare che ogni sito e applicazione mobile sia conforme ai requisiti di accessibilità. 

In questo senso rilevante è inoltre l’emendamento presente nell’art 29 all’interno del decreto-legge Semplificazioni (pubblicato in Gazzetta Ufficiale, in vigore dal prossimo 17 luglio).
Questa misura modifica la Legge italiana sull’accessibilità ICT ampliando la sua applicazione ai privati e indicando novità in merito alle disposizioni Ue, recepite poi nel corso del 2022. 

Passi in avanti saranno fatti proprio entro la fine di questo 2022, anno in cui l’Italia dovrà recepire l’Accessibility Act.
I privati, a prescindere dalle dimensioni aziendali, saranno obbligati entro il 2025 a rendere i propri sistemi informativi accessibili alla collettività, rendendoli conformi con le recenti linee guida in materia di inclusione digitale. Per essere concorrenziali sul mercato pertanto è ormai imprescindibile aggiornare i propri siti per renderli fruibili da tutti: molte imprese di grandi dimensioni si stanno già muovendo in questo senso. 

 

Rendere i siti più accessibili: pari opportunità per gli utenti 

Grazie all’attenzione emersa negli ultimi anni in materia di accessibilità digitale, si parla sempre più spesso di inclusione del web.
Questo porta a cambiamenti significativi in tutto il processo di realizzazione dei siti che a monte devono essere progettati per essere fruibili da tutti. Pertanto è necessario adottare strumenti specifici che richiedono particolari competenze. Si aprono così le porte a nuove figure professionali e opportunità a livello lavorativo.  

Non solo più enti, ma anche aziende private dovranno infatti muoversi nell’ottica dell’accessibilità e quindi è importante prepararsi per tempo. Il rischio è quello di finire come nel caso del GDPR: quando era diventato obbligatorio le imprese hanno fatto delle corse all’ultimo minuto per adeguarsi alle nuove normative sulla privacy.

In questo modo si avrà un vantaggio competitivo notevole e si potrà anche ampliare il proprio bacino di utenza, coinvolgendo anche coloro che necessitano di tecnologie ausiliarie: si parla solo in Italia di un pubblico che va dai cinque ai sette milioni di persone colpite da disabilità di tipo neurologico, fisico e sensoriale.

Con il biennio di pandemia e il moltiplicarsi delle situazioni in cui si usa il web, tra smartworking e didattica a distanza, l’inclusione digitale è ancora più urgente.

 

Siti più accessibili: le linee guida della World Wide Web Consortium 

Grazie alla World Wide Web Consortium (W3C), organizzazione il cui scopo è proprio quello di migliorare l’accessibilità digitale delle persone disabili che possono riscontrare difficoltà non solo nell’utilizzo del computer, ma anche del web, si sono fatti passi in avanti in materia di accessibilità digitale.

Questa realtà ha delineato alcune linee guida per rendere accessibile un sito tra cui

  • fornire delle alternative equivalenti al contenuto audio e visivo
  • non ricorrere a un solo colore
  • verificare che i documenti siano chiari e semplici
  • fornire meccanismi di navigazione chiari
  • verificare che l’utente possa tenere sotto controllo i cambiamenti di contenuto nel tempo
  • progettare per garantire l’indipendenza dal dispositivo

Grazie a questi punti, si eliminano le barriere architettoniche, digitali e sociali creando siti dal design e dall’utilizzo accessibile. Le persone colpite da problematiche a livello di organi sensoriali o a livello fisico, potranno così accedere al mondo del web con semplicità a differenza del passato.

 

Inclusione digitale: esempi virtuosi 

Grazie agli interventi in fatto di inclusione digitale aumentano i siti già progettati in ottica di Digital Accessibility.

Anche se il 2025 sarà l’anno in cui l’inclusione digitale diventerà obbligatoria, già diverse aziende si sono mosse in questo senso. Caso virtuoso è quello di LloydsFarmacia (realtà del Gruppo Admenta Italia) che ha reso il proprio sito accessibile alle persone con disabilità.

Dal suo e-commerce al suo blog, soggetti con problematiche a livello cognitivo e fisico possono così navigare agevolmente tra le sue pagine. 

Questo è stato reso possibile grazie alla collaborazione con AccessiWay – start up torinese che si occupa di rendere fruibili i servizi online per i soggetti diversamente abili. Grazie a una nuova interfaccia, il sito di LloydsFarmacia è navigabile da una vasta gamma di soggetti colpiti da differenti disabilità. Tramite a un’icona studiata ad hoc sono possibili 52 modifiche al sito eseguibili dall’utente in base alle sue necessità di navigazione.

In passato altri esempi legati all’accessibilità digitale hanno fatto storia: tra questi il caso di Apple che dai primi modelli di iphone ha introdotto un sistema, cosiddetto voiceover, per permettere ai non vedenti di utilizzare il touch screen.

Altro esempio emblematico è quello di Google che nella sua piattaforma Youtube ha introdotto nei video sottotitoli generati in modo automatico per permettere la fruizione dei contenuti anche ai non udenti.

 

Se non vuoi farti cogliere impreparato…

Adatta il tuo sito in ottica di accessibilità digitale per renderlo fruibile a tutti, migliorando così la vita di coloro che sono colpiti da disabilità. 

 

 

Programmatic Advertising: come dare visibilità al tuo brand online

Con l’espansione costante del mondo dell’online, anche la pubblicità si evolve. Una nuova frontiera è rappresentata dal Programmatic Advertising, modalità di compravendita automatizzata di spazi pubblicitari online. 

Attraverso software progettati ad hoc vengono acquistati banner allo scopo di inviare comunicazioni mirate a una tipologia di utenti specifici (selezionata attraverso un processo di targetizzazione).

Dare il messaggio giusto, nel momento giusto, al target più indicato, è la logica su cui si basa questo sistema. Forma di pubblicità computerizzata, è programmata in tutte le sue fasi – automatizzate interamente – e avviene real time. Inoltre, è data-driven, ovvero il target viene individuato sulla base di dati provenienti da diverse fonti, in modo tale da massimizzarne l’efficacia.

In questo articolo analizzeremo il funzionamento e la diffusione di questo sistema pubblicitario trattando: 

  • Avvento ed espansione
  • Perché utilizzarlo
  • Funzionamento
  • Vantaggi

In merito ai vantaggi approfondiremo i suoi pregi quali: 

  • Accurata segmentazione
  • Altissima efficienza
  • Monitoraggio
  • Flessibilità

Dalla pubblicità classica, ai banner, al Programmatic Advertising: svolta nel mondo pubblicitario

Dalla pubblicità classica, ai banner, al Programmatic Advertising: svolta nel mondo pubblicitario 

Grazie alla pubblicità programmatic il mercato pubblicitario online si è  rivoluzionato. Negli ultimi anni questa tecnologia ha catalizzato l’attenzione di investitori, aziende, addetti del marketing e del mondo digital.

Le radici di questo fenomeno affondano nel passato: era il 1994 quando per la prima volta nella storia è apparso online un banner di HotWired.com commissionato dalla AT&T, compagnia telefonica americana. Del formato 468 per 60 pixel, seppur molto rudimentale ha rappresentato un momento cardine per il futuro della pubblicità online. 

Da allora, tanta la strada percorsa che negli ultimi decenni ha portato trasformazioni rivoluzionarie: con le tecnologie sempre più avanzate sono stati affinati nuovi strumenti grazie a cui individuare in modo sempre più preciso il target. 

In questo panorama il Programmatic Advertising ha rappresentato una svolta

Si tratta dell’insieme di regole e algoritmi volti all’automatizzazione dell’acquisto di spazi pubblicitari rivolti a specifici segmenti di audience, individuati tramite un’attenta targetizzazione. Via di mezzo tra i sistemi di acquisto di spazi pubblicitari, automazione e real time bidding, negli ultimi anni è diventato un elemento di traino nel mercato digitale, destinato a espandersi nel futuro.

Perché inserire il programmatic advertising nella propria strategia? 

Perché inserire il programmatic advertising nella propria strategia? 

Grazie alla pubblicità programmatic si possono aumentare le prestazioni aziendali. Sempre più utilizzata nelle strategie di marketing un numero crescente di business investe in questa tecnologia basata sulla pubblicità computerizzata.

I dati sono tutto nella Programmatic Advertising: il suo processo parte proprio da loro. Questi vengono raccolti da algoritmi molto complessi che costantemente prendono in esame i comportamenti dei consumatori, estraendo quante più informazioni possibili. 

Le aziende – o una terza persona per loro – in base a questi dati delineano uno specifico target (sia su base comportamentale che demografica) per fini pubblicitari.

La campagna viene ottimizzata sul momento grazie ai software di Programmatic Advertising che mostrano agli utenti specifici contenuti per loro davvero interessanti.

Il grande vantaggio di questa forma pubblicitaria, sempre più diffusa, sta proprio nel fatto che permette di far vedere all’utente il contenuto che desidera vedere davvero: essendo automatico, funziona alla perfezione. 

Inoltre, le aziende hanno la possibilità di interpretare i dati per definire una strategia di marketing ottimale e ottenere maggiore visibilità sul web, intercettando il loro target di riferimento.

Grazie alla pianificazione e all’acquisto di campagne, con il programmatic buying si possono promuovere servizi, prodotti e brand ricorrendo a svariati canali mediatici.

In sostanza, il programmatic advertising permette di ottimizzare i propri investimenti pubblicitari grazie alla tecnologia, che consente di raggiungere il miglior target, con il giusto messaggio nel momento più opportuno. Non a caso, sono in deciso aumento le aziende che si affidano alla pubblicità programmatic per la sua grande efficacia in termini di risultati.

Come funziona il programmatic advertising?

Come funziona il programmatic advertising?

Grazie al programmatic advertising i buyer possono effettuare un insertion order, vero e proprio ordine di acquisto, processato poi dalla piattaforma in cui viene collocato. Questo comprende:

  • dimensioni e formato dell’inserzione
  • posizionamento dell’inserzione nella pagina
  • numero di inserimenti
  • data dell’inserimento e periodo 

Una volta inserito, l’ordine viene completato dell’algoritmo della Programmatic Advertising che passa poi alla fase di analisi dei dati degli utenti.

Questa si basa su elementi quali: geolocalizzazione, coinvolgimento, interazione, comportamento e permanenza sul sito.  

Su questi elementi il sistema stabilisce quale sia l’inserzione di maggiore rilevanza per ogni utente. In questo modo le impressioni vengono personalizzate in modo preciso, mostrando solo gli annunci che gli interessano davvero. 

Questa individuazione chirurgica dei dati rende efficace al massimo il sistema che coinvolge solo target specifici perfettamente calzanti con le inserzioni di riferimento grazie all’intelligenza artificiale.

Il sistema è calato sul modello di CPM ovvero costo per mille: il prezzo è determinato per 1000 impressioni pubblicitarie. 

Per quanto riguarda le piattaforme impiegate in questo processo sono: 

  • DSP (demand-side platform) utilizzata dai buyer ai fini di portare a termine l’acquisto degli spazi 
  • SSP (supply-side platform) che colloca su siti aderenti al network pubblicitario le offerte, in base ai comportamenti degli utenti e lo spazio disponibile
  • DMP (data management platform) si tratta della piattaforma in cui vengono elaborati i dati legati al comportamento degli utenti sul sito mediante tecniche di analisi relative ai big data 

Tutto inizia con l’utente che clicca su un sito e a questo punto viene inviata una richiesta a un Ad Exchange, con informazioni sui dati del visitatore e sul sito. Di seguito il proprietario del sito mette l’Ad impression all’asta nella piattaforma SSP. Le informazioni fornite vengono poi messe a confronto dagli inserzionisti che fanno le offerte. La migliore vince la pubblicità e di conseguenza l’annuncio viene servito all’utente che clicca e così converte. 

Se non fa quest’azione si mettono in atto attività di retargeting, puntando a una conversione in un momento successivo. 

Questo processo automatico ha il pregio, rispetto ai sistemi tradizionali di vendita degli spazi pubblicitari, di velocizzare i tempi e di rendere più efficace il processo.

Malgrado non si basi sull’interazione tra venditori e compratori, in realtà l’attività umana resta comunque importante dando un valore aggiuntivo al processo in termine di pianificazione, scalabilità e ottimizzazione nonché nei casi più complessi che non si adattano ai format presenti esistenti. 

I vantaggi del Programmatic Advertising

I vantaggi del Programmatic Advertising: tra efficienza e monitoraggio

Grazie al Programmatic Advertising si possono trarre innumerevoli vantaggi. Sono infatti molteplici i pregi di questo sistema che ne hanno determinato il successo nel tempo. Tra questi: 

  • Accurata segmentazione: a renderla possibile è l’analisi attenta di big data grazie a cui gli inserzionisti accedono a sotto-segmenti di target estremamente profilati. Una simile personalizzazione non potrebbe essere individuata con un’analisi di dati aggregati 
  • Altissima efficienza: questo sistema permette infatti di mostrare a ogni utente l’annuncio più pertinente sulla base dei suoi comportamenti. In questo modo si raggiunge l’efficienza massima del budget allocato a fini pubblicitari
  • Tempistiche istantanee: grazie al sistema automatico articolato tra inserimento ordine e distribuzioni inserzioni i tempi si riducono al minimo permettendo di avere risposte istantanee 
  • Monitoraggio: essendo che il processo può essere seguito in tempo reale si possono ottenere molti dettagli in merito al suo andamento. In questo modo gli inserzionisti possono rendersi conto su come stia procedendo il processo e intervenire quanto prima per fare ulteriori modifiche 
  • Flessibilità: si possono cambiare costantemente le campagne allo scopo di modificare il tiro e raggiungere in tal modo gli obiettivi prefissati

Se vuoi aumentare la visibilità online della tua azienda…

Non ti resta che investire nella pubblicità programmatic: riuscirai così a entrare in contatto con gli utenti giusti nel momento giusto, dando così uno slancio al tuo business. 

Perché la tua azienda dovrebbe essere presente sui social media?

Comunicazione è ormai sinonimo di social media. Telefono sempre alla mano, in un’era in cui si è connessi per la maggior parte del tempo, queste piattaforme svolgono un ruolo centrale. 

In media le persone spendono due ore al giorno per navigare sui social. Tra la massiccia presenza di utenti e creatori di contenuti, nessuna azienda non dovrebbe mai mancare su questi potenti mezzi comunicativi.

Con la digitalizzazione, il mondo virtuale è ormai una realtà a sé che viaggia in parallelo a quella fisica: la sua portata è talmente ampia da coinvolgere la popolazione a livello globale.

Essere sul web è ormai imprescindibile per farsi conoscere, avendo così una maggiore visibilità e creando nuove opportunità

I social non sono quindi soltanto strumenti per condividere post personali o in cui sono protagonisti solo influencer e personaggi famosi. 

Avere una presenza su questi mezzi permette di dare vita a una vera e propria community, fidelizzando così gli utenti e creando nuovi sbocchi per il business. Per questo, oltre ad avere un sito web, è importante per le aziende avere un profilo sui vari social, la cui gestione dovrebbe essere inserita tra le strategie di comunicazione. 

In questo articolo in particolare analizzeremo l’importanza di essere sui social media per creare opportunità di business e come l’azienda dovrebbe muoversi per ottimizzare la sua presenza in queste piattaforme:

  • i social per aumentare la Brand awareness
  • i vantaggi di essere sui social media 
  • come scegliere le piattaforme ottimali per l’azienda

In particolare in merito a quest’ultimo punto approfondiremo come scegliere le piattaforme ottimali per l’azienda in particolare tra: 

  • Facebook
  • Instagram
  • LinkedIn 
  • Twitter 
  • Tik Tok
  • Youtube

i social media per aumentare la brand awareness

I social media per aumentare la Brand awareness: una vetrina per un ampio pubblico

Essere presenti sui social media è una garanzia per aumentare la reputazione del business. Le aziende potranno in tal modo contare su una vera e propria vetrina, aprendosi a un pubblico molto ampio fatto di consumatori e di potenziali partner.

Una strategia di social media marketing è imprescindibile per incrementare la Brand awareness ovvero il grado in cui il pubblico di riferimento conosce il marchio e la sua capacità di ricordarlo, ricollegandolo a specifici prodotti e servizi. 

Per incrementare la conoscenza della marca, i social rappresentano una carta vincente in quanto permettono di avvicinarsi a un ampio target: questo grazie anche a campagne targettizzate con cui focalizzarsi su una sua porzione specifica di pubblico. 

Per centrare questo obiettivo i contenuti realizzati dall’azienda non dovranno essere improvvisati, ma pianificati e studiati nei minimi dettagli. In generale è importante portare la propria Brand image anche sui social, per dare voce all’azienda sul web.

In questo processo si può raccontare la storia del marchio e le sue attività attraverso lo storytelling, narrativa con cui si comunica l’identità del marchio generando emozioni nel pubblico di riferimento.

I social media si prestano molto a questo tipo di comunicazione attraverso contenuti dedicati grazie a cui incrementare interazioni e di conseguenza la notorietà. 

L’obiettivo infatti è quello di coinvolgere gli utenti quanto più possibile, evitando comunicazioni unidirezionali. In questo possono venire in aiuto anche le call to action, per spingere il proprio pubblico a compiere determinati comportamenti, creando così un ponte tra l’azienda e gli utenti. 

i social media per le aziende i vantaggi

Social media per le aziende: tutti i vantaggi

Vista la popolarità dei social e la diffusa presenza degli utenti, per le aziende è ormai fondamentale essere su questi mezzi comunicativi dagli innumerevoli vantaggi. 

Tra questi spicca, oltre a incrementare la Brand awareness, l’aumento delle possibilità di vendita. Condividere contenuti con costanza significa essere a contatto ogni giorno con un ampio numero di potenziali clienti. 

Questo anche grazie alle possibilità di dare vita a campagne pubblicitarie targettizzate in modo che l’annuncio arrivi alle persone più interessate al suo contenuto: attività che se inserite in un Funnel marketing efficace possono aumentare in modo significativo il numero delle vendite.

Inoltre essere social permette di aumentare il traffico sul proprio sito aziendale portando gli utenti fidelizzati a navigare di più tra le sue pagine o spingendo nuovi utenti a visitarlo. 

Sempre in termini di sito, impattano in positivo anche sulla SEO aiutando a posizionarsi più in alto nella SERP di Google, proprio grazie ai link delle pagine social che rimandano al sito. 

Altro vantaggio è rappresentato dalla loro capacità di offrire dati di ogni tipo: dai competitor, ai trend del momento, alle novità del settore di riferimento, alle abitudini del proprio target.

Inoltre una volta messa in atto la propria strategia di social media si potranno monitorare i suoi risultati attraverso gli strumenti di analytics offerti da queste piattaforme per comprendere il gradimento di un contenuto, controllando i dati legati a interazione e diffusione. 

Essere sui social significa avere riscontri immediati sui prodotti offerti potendo così mettere in campo migliorie. 

Non da ultimo permettono di creare maggiore connessione con i potenziali clienti. 

come scegliere le piattaforme ottimali per la azienda

Come scegliere le piattaforme ottimali per l’azienda

A ogni attività il suo social. Questo è vero soprattutto in un’epoca in cui proliferano questi potenti strumenti comunicativi. 

In un panorama dominato da Facebook, Instagram, LinkedIn, Twitter, Youtube, Tik Tok, le possibilità sono innumerevoli, ma è importante selezionare le migliori in base al proprio tipo di attività e agli obiettivi di marketing.

Essere presenti su tutte le piattaforme, infatti, può non portare a raggiungere risultati ottimali in quanto un social può essere meno adatto rispetto a un altro in termini di contenuto comunicativo. Inoltre ogni social ne prevede tipologie differenti e questo fa sì che sia davvero molto impegnativo essere presenti su tutti.

Pertanto in una strategia di social media marketing è bene sceglierne un paio, selezionati tra i più consoni al proprio business, su cui concentrarsi totalmente.

facebook social media logo

Facebook

Facebook è uno dei social più adottati dalle aziende in quanto offre molte opportunità di business. Si tratta di una delle piattaforme di maggior utilizzo, subito dopo Youtube: è ampia la fascia dei suoi utenti, dai più giovani fino agli over 60. 

Dalla pagina aziendale a gruppi dedicati, si possono pubblicare contenuti promozionali dell’azienda. A questo si aggiunge il servizio di advertising grazie alle ADS con cui dare vita a campagne ad hoc, oppure sponsorizzare i post nonché realizzare attività di remarketing di prodotti, incrementando molto la propria visibilità. Tramite la targetizzazione di questi contenuti si ha la possibilità di raggiungere il proprio target di riferimento, riuscendo così ad acquisire in modo più immediato i potenziali clienti

instagram social media logo

Instagram

Instagram Essendo un social molto visivo, basato sulle immagini, è ideale per quelle aziende che offrono prodotti soprattutto legati all’estetica: brand di moda, design, artigianato, arredamento, non possono non essere presenti su questa piattaforma.  

Inoltre rappresenta una grande opportunità per liberi professionisti come fotografi, personal trainer, psicologi, comunicatori, in quanto permette di creare uno stretto contatto con gli utenti grazie alle modalità integrate negli ultimi anni come stories e reel. Tra i più utilizzati, solo in Italia coinvolge 25 milioni di utenti, negli ultimi anni ha avuto un’ascesa inarrestabile. L’immagine la fa da padrona e per questo per incrementare la propria visibilità su questo strumento è importante pianificare contenuti dal forte impatto visivo.

linkedin social media logo

LinkedIn

LinkedIn  è il social più adatto per farsi conoscere a un pubblico di professionisti con cui scambiare contatti. Oltre al profilo personale si può dare vita infatti a pagine aziendali in cui condividere post e articoli, in modo da farsi conoscere più da vicino e aggiornare in merito alle proprie attività. Grazie a questo social si possono creare nuove opportunità e aumentare la reputazione del marchio.

Alla stregua di Facebook e Instagram permette di creare delle Ads, creando così annunci sponsorizzati, e dare vita alle stories per contenuti più immediati.

twitter social media logo

Twitter

Altra possibilità è rappresentata da Twitter, social sinonimo di velocità grazie a cui postare contenuti istantanei. 

Vista la sua diffusione globale permette di condividere in tempo reale entrando in contatto con un ampio bacino di utenti.

Inoltre per l’azienda rappresenta uno strumento grazie a cui fidelizzare il rapporto con il cliente, dandogli un’assistenza diretta. 

youtube social media logo

YouTube

Tra i social su cui l’azienda può puntare non manca all’appello Youtube. Piattaforma  più utilizzata in assoluto, può essere scelta dalle aziende per creare un portfolio con video dedicati a specifiche attività e prodotti. Inoltre essere presenti su questa piattaforma ha il vantaggio di sfruttare contenuti video anche in altri contesti, ormai dominanti sulla scena della comunicazione.

tik tok social media logo

Tik Tok

Per le aziende più al passo con i tempi, un’opzione è rappresentata da Tik Tok. Piattaforma spopolata negli ultimi anni, soprattutto tra i giovanissimi, si basa sulla condivisione di short video. Social incentrato sull’intrattenimento e la creatività non offre possibilità solo alla generazione Z, ma anche ai business. In primo luogo ha il vantaggio di ottenere visibilità organica con facilità, avendo quindi una conseguente crescita del profilo in tempi rapidi. 

Indicato soprattutto per i prodotti destinati a un target giovane, come abbigliamento e beauty, inoltre rappresenta uno strumento di Lead generation con cui ottenere potenziali futuri clienti: la piattaforma offre un form di contatti integrato con cui carpire più informazioni dell’utente.

 

Essere sui social media è quindi fondamentale per le aziende per essere al passo con i tempi. I vantaggi sono davvero innumerevoli e pertanto è necessario implementare questi strumenti nella propria strategia comunicativa. 

Content Marketing: come creare una strategia efficace

Attirare il pubblico attraverso una calamita fatta di contenuti di valore. Il content marketing è uno strumento molto potente per fidelizzare gli utenti e raggiungere obiettivi in termini di vendite.

Basato sulla produzione e diffusione di informazioni volte a educare, divertire e coinvolgere, si tratta di un approccio strategico di marketing consistente nel ricorrere a testi scritti, video e immagini per supportare le strategie aziendali. 

Il Content Marketing Institute, punto di riferimento del settore a livello internazionale, lo ha definito: “una tecnica di marketing volta a creare e distribuire contenuti pertinenti e di valore per attrarre, acquisire e coinvolgere una target audience chiara e definita con l’obiettivo di guidare i clienti verso un’azione redditizia.” 

In questo articolo approfondiremo i vantaggi derivanti dallo sviluppare una strategia di content marketing: 

  • Il suo ruolo nel conseguire gli obiettivi di business
  • La regola d’oro per dare vita a contenuti unici
  • Le 5 P per creare una strategia di content marketing

In merito a quest’ultimo passo approfondiremo le 5 P del content marketing:

  • Pianificare 
  • Produrre
  • Pubblicare
  • Promuovere
  • Provare

Content marketing per conseguire gli obiettivi di business: tutti i vantaggi

Le origini del content marketing affondano nella metà del ‘800: per gli studiosi un primo esempio di marketing di contenuto è rappresentato dalla rivista “The Farrow”, dedicata ai consigli rivolti agli agricoltori, realizzata dall’azienda di John Deere. 

Altro esempio emblematico risale alla nascita della Guida Michelin, nel 1989, destinata a segnare la storia del turismo concentrando informazioni sui viaggi per gli automobilisti e di seguito al comparto della ristorazione.  

Negli ultimi anni il settore del content marketing ha conosciuto un’espansione capillare, diventando una delle principali strategie di digital marketing.

Avvalersi di contenuti di marketing non è più una scelta: sempre più aziende ricorrono a questa potente strategia in virtù dei tanti vantaggi che comporta.

Dall’aumento della Brand awareness, all’acquisizione di potenziali acquirenti, alla creazione di una community, alla fidelizzazione dei clienti, all’aumento del traffico sul sito e delle vendite e non da ultimo dal contribuire a farsi trovare sui motori di ricerca. 

Con il dominio del digitale e dei nuovi strumenti offerti dal web, sono innumerevoli i canali su cui si possono declinare i propri contenuti che spaziano tra testi, immagini, video, audio: articoli del blog, post per i social media, email marketing, podcast, guide, ebook, le possibilità sono vaste. 

Questi strumenti attirano i clienti che si troveranno a rimanere sui contenuti per diverso tempo in base a quanto il loro interesse viene stimolato: Inbound Marketing, il nome di questo approccio che usa il contenuto come esca per aumentare i potenziali acquirenti, trasformandoli da contatti freddi in caldi.

la regola d oro per dare vita a contenuti unici per il content marketing

La regola d’oro per un dare vita ai contenuti unici

Per far sì che la propria strategia di content marketing sia efficace è importante non improvvisare i contenuti. Per garantire la loro capacità di attirare clienti una regola vale su tutti: puntare sulla qualità

Le parole di Bill Gates, pronunciate nel 1996, “content is king” calzano a pennello in questo scenario.

Creare contenuti di valore è una garanzia non solo per catalizzare l’attenzione del pubblico, ma anche trattenerlo. Ispirare, informare, educare, convincere, sono gli obiettivi di questi contenuti che devono lasciare qualcosa in più agli utenti: il do ut des è la chiave per una strategia vincente.

Più il contenuto è esaustivo e ricco di informazioni capaci di soddisfare le esigenze dell’acquirente, più questo sarà disposto ad aumentare il tempo di interazione.

In fatto di contenuti di qualità, il valore può essere declinato in svariate modalità: 

  • pratico, risolvendo problematiche con soluzioni concrete
  • formativo, per insegnare qualcosa all’utente
  • emotivo, per scaturire sensazioni nel target, approfondendo tematiche a cui è legato
  • espressivo, originale e accattivante lascia un segno nel pubblico attirando l’attenzione

Oltre a monopolizzare il pubblico, creare contenuti di valore permette di ottimizzare la propria posizione nei motori di ricerca su Google: il content marketing è infatti fondamentale per migliorare il posizionamento SEO.

Il punto di partenza per creare contenuti di qualità è quello di capire di cosa hanno bisogno le persone che si desidera raggiungere. Il pubblico di riferimento va studiato, per comprendere il suo profilo, in modo da tarare il tipo di contenuto in base alle sue necessità. 

Altro aspetto da approfondire è l’analisi del contesto, studiando come si muovono i competitor in fatto di contenuti. 

5 passi per creare una strategia di content marketing

I 5 passi per creare una strategia di content marketing 

Per quanto riguarda la fase operativa di creazione dei contenuti la fa da padrone il blog, sezione del sito nella quale l’azienda può condividere notizie, approfondimenti sui suoi prodotti nonché raccontare la sua storia e fornire risposte ai dubbi più comuni del suo target. Questi contenuti possono essere declinati anche come post per i social o materiale per creare podcast.

Per ottenere una strategia di content marketing efficace è necessario seguire 5 passi imprescindibili, che trovi qui sotto. 

Se vuoi approfondire l’argomento, abbiamo pubblicato un ebook in cui entriamo nel vivo di queste tematiche. Clicca qui per andare al download.

Ma torniamo a noi. Ecco i 5 step della strategia content:

 

#1   Pianificazione della strategia content tramite piano editoriale

La pianificazione è tutto e per pubblicare con continuità non può non essere curata. Detto anche PED, il piano può essere articolato in varie tipologie di contenuti, come ad esempio rubriche tematiche scelte in base alle necessità del pubblico, prevedendo scadenze con cui stabilire pubblicazioni precise. Questo permette di avere una sorta di calendario con cui assicurarsi una presenza costante. Nella sua stesura non dovrebbe mancare un focus sugli obiettivi che l’azienda si pone con questa strategia di marketing

il piano editoriale del content marketing

#2   Produzione di contenuti di valore

Dopo la parte di pianificazione si passa a quella pratica generando i contenuti pianificati. Per farlo si può individuare una figura dell’azienda preposta alla loro produzione o avvalersi di un esperto del settore o di un’azienda specialista in questo ambito. Questa attività richiede infatti molte competenze congiunte quali marketing, comunicazione, SEO, social media marketing e grafica.

la produzione del content marketing

#3   Pubblicazione per passare alla parte pratica

Questa è una fase ancora più operativa rispetto alla produzione dei contenuti. Si tratta di un momento cruciale in cui i contenuti diventano a disposizione del pubblico. Per avere una strategia di content marketing ottimale la puntualità è tutto ed è, quindi, importante non saltare giorni nella pubblicazione per creare continuità, fidelizzando così il rapporto con gli utenti.

la pubblicazione

#4   Promozione del contenuto

La fase di promozione è certamente importante: pubblicare non basta. Una strategia di marketing è vincente grazie alle attività di promozione che permettono di aumentare la visibilità. Se si condivide sul blog un articolo questo richiama più utenti se accompagnato da contenuti social che portano al suo link.

la promozione del content marketing

#5   Provare per trovare la giusta strada

Anche nella content creation la sperimentazione è tutto. Per questo testare strade diverse è fondamentale: in ogni caso per capire se si è azzeccata la via giusta è necessario monitorare i risultati in termini di traffico, di lead acquisiti e di interesse dimostrato dal pubblico. 

il provare del content marketing

In conclusione possiamo dire che implementare nell’attività aziendale il content marketing è quindi una chiave vincente attraverso la quale trarre innumerevoli vantaggi. Se applicato correttamente, il content marketing, porta un aumento della notorietà, delle vendite e dei potenziali acquirenti. In un mondo fatto di informazioni costanti che inondano il pubblico spesso in maniera stressante, questo tipo di strategia si rivela un’arma potentissima.

L’importanza del piano marketing strategico e 5 step per crearlo

Per realizzare gli obiettivi dell’azienda il piano marketing strategico è di vitale importanza.

Come la bussola per il capitano di una nave, il marketing plan guida in questo percorso i manager, contribuendo alla pianificazione delle strategie e decretando così il successo del business.

 

Che si tratti di un’azienda di grandi dimensioni o di una start-up, questo strumento è fondamentale, rappresentando un vero e proprio piano d’azione.
Con un approccio strutturato, analitico e proattivo, basato su una visione d’insieme del mercato di riferimento, delinea gli step da realizzare per raggiungere specifici scopi.

Due persone che parlano e creano una strategia di marketing

Piano marketing, documento di vitale importanza: dalle funzioni alle caratteristiche

Organizzare, migliorare il marketing dell’azienda e aumentare le vendite. Questi sono alcuni dei risultati che si possono ottenere dall’applicazione del piano marketing strategico e per questo è di vitale importanza realizzarlo.

Grazie alla sua efficacia si riuscirà ad avere un’idea chiara di come muoversi, riuscendo a centrare gli obiettivi aziendali: come nella vita, anche nel business la pianificazione è tutto per raggiungere specifiche mete, senza vagare a vuoto, ottimizzando così i tempi.

Per far sì che sia funzionale quanto più possibile è necessario che il marketing plan sia:

  • chiaro, elemento fondamentale per un piano marketing funzionale in cui siano ben delineati gli obiettivi aziendali;
  • conciso, i dati devono essere funzionali e non dovrebbe essere creato un documento troppo lungo per evitare di creare confusione;
  • perseguibile, in quanto è necessario che sia basato su una serie di azioni concrete.

La sua realizzazione gioca un ruolo centrale permettendo di non perdere la rotta.

Grazie a questo documento di pianificazione si mette nero su bianco una precisa strategia composta da obiettivi azioni ben definite per perseguirli, riuscendo così a ottimizzare i processi, facendo crescere l’azienda e aumentando le vendite e di conseguenza i fatturati.

 

Tre quaderni a spirale

Marketing plan, la bussola del business: quando redigerlo

Il piano di marketing strategico è utilizzabile sia da aziende di grandi dimensioni, sia di ridotte, ma anche da singoli professionisti.

Nelle aziende viene di solito redatto dal reparto marketing, dai suoi responsabili o da un collaboratore esterno specializzato, una volta all’anno, per dettare la linea da seguire dal marketing per raggiungere gli obiettivi prefissati nell’ambito del business plan. 

Oltre alla sua stesura annuale, durante i mesi successivi si possono attuare revisioni e modifiche in base all’andamento dell’attività: si tratta infatti di un documento dal carattere dinamico, ideato per un mercato in continua evoluzione.
Questo documento inoltre è fondamentale quando si stanno lanciando nuovi prodotti o servizi, si sta pianificando una nuova campagna promozionale o pubblicitaria, si sta espandendo il business o se ne sta creando uno nuovo, si desidera migliorare l’immagine o le relazioni pubbliche aziendali.

 

Le 5 fasi del piano marketing

Sono cinque, le fasi di cui si compone il piano marketing. È importante prestare attenzione a ognuna di queste per la sua riuscita in modo tale da raggiungere al meglio gli obiettivi aziendali.
Ognuno di questi step rappresenta una parte fondamentale per creare il marketing plan nella sua interezza.

1. Analisi dello scenario: il punto di partenza del piano marketing

I lavori per la creazione di marketing plan partono dalla comprensione dello scenario di riferimento.
In questa fase è fondamentale occuparsi di un’attenta raccolta di tutti gli elementi che caratterizzano il mercato attuale.
Dalle sue tendenze, alle sue opportunità, ai suoi rischi, agli scenari futuri, più si farà una descrizione dettagliata, più si porterà a termine in modo ottimale questa fase.

Il suo obiettivo è infatti quello di avere una fotografia di quello che è il settore di riferimento, con uno sguardo al passato e al futuro.
Inoltre è bene raccogliere quante più informazioni possibili sul cliente tipo: grazie agli strumenti offerti dall’online questo è reso sempre più facile vista la grande quantità di dati a disposizione. Dai social network, ai forum, è possibile delineare le sue caratteristiche comuni oltre che rilevarne le abitudini di acquisto.

Tutto questo aiuterà a scendere nel dettaglio riuscendo così a definire la buyer persona: con una conoscenza approfondita del cliente se ne potranno apprendere i bisogni creando un rapporto di maggiore connessione.
Oltre a questo si riuscirà a rilevare quanto sia davvero profittevole il target, come riuscire a raggiungerlo al meglio e spingerlo all’acquisto.

In questa fase si ricorrere all’analisi SWOT, pianificazione strategica molto conosciuta grazie a cui le aziende apprendono i punti di forza, di debolezza, minacce e opportunità del progetto.
Altro strumento utilizzato durante questo step è l’analisi dei competitors per comprendere a che punto si trovi l’azienda rispetto a loro e le strategie necessarie per differenziarsi, spiccando così sul mercato.

 

2. Definizione degli obiettivi, le fondamenta del piano strategico

Dopo aver analizzato il contesto, è tempo di definire gli obiettivi aziendali in base alle considerazioni raccolte durante la prima fase.
Come le fondamenta di una casa, questo step è la base su cui sviluppare il marketing plan.
Nella messa a punto di questi si dovrà utilizzare un approccio S.M.A.R.T., acronimo volto a indicare cinque qualità imprescindibili in qualsiasi obiettivo:

  • Specifico (specific), ovvero focalizzato e ben definito;
  • Misurabile (measurable), in quanto sono necessari numeri concreti per comprendere se si stia perseguendo la strada giusta;
  • Raggiungibile (achievable), in quanto è importante sì puntare in alto, ma step by step;
  • Rilevante (relevant)la sua importanza fa leva sulla motivazione nel perseguirlo;
  • Basato sul tempo (time-based), attraverso la definizione di una scadenza, senza la quale il suo raggiungimento può diventare dispersivo, portando a slittamenti.

 

Diverse persone impegnate in una riunione

3. Pianificazione strategica: il cuore del piano di marketing

Dopo aver analizzato il contesto e individuato gli obiettivi, è tempo di dedicarsi alla pianificazione. Si tratta di una fase centrale per poter delineare le azioni da applicare per concretizzare gli obiettivi delineati.

Conosciuto anche come marketing mix, in questo step si devono individuare le mosse da attuare ricorrendo a strumenti definiti come leve del marketing.
È negli anni Sessanta che il professore di marketing Jerome McCarthy le ha delineate con le 4 P del marketing: 

  • product (prodotto), ovvero il servizio/bene commercializzato;
  • price (prezzo), consistente nel prezzo a cui viene offerto sul mercato
  • placement (luogo), corrispondente nel luogo, sia fisico, sia virtuale, in cui viene creato;
  • promotion (promozione), ovvero l’insieme delle attività di promozione per creare valore intorno al prodotto.

Oltre a questi aspetti, il piano marketing tiene conto di aspetti legati al consumatore, grazie al modello della 4 C di Robert Lauterborn:

  • consumer (consumatore), ovvero l’analisi del target obiettivo allo scopo di delineare i bisogni del consumatore;
  • cost (costo), corrispondente al costo in cui si considerano anche fattori come il tempo per acquistarlo;
  • convenience (comodità), ovvero la facilità nel reperire;
  • communication (comunicazione), corrispondente alla comunicazione orientata al cliente per poter creare con lui una relazione di fiducia.

 

4. Analisi delle strategie: dal piano ideato alla sua applicazione

In mano obiettivi e strumenti per realizzarli, è tempo di mettere in atto il piano operativo per conseguirli. Si potrà così avere una chiara definizione delle azioni da compiere per applicare nel concreto il marketing plan, raggiungendo in tal modo gli obiettivi prefissati.

Dopo lo studio, le analisi e le considerazioni emerse durante le precedenti fasi, unendo tutti i risultati ottenuti si passa a questo step più pratico con le azioni vere e proprie.

 

5. Controllo dei risultati: l’ultimo gradino

L’ultima fase del piano marketing prevede il monitoraggio del lavoro svolto. Dopo aver messo il piano in azione si tracciano i suoi risultati nel lungo periodo.

Gli strumenti digitali permettono di poter raccogliere una vasta gamma di informazioni. Importante individuare l’andamento delle azioni svolte attraverso i Key Performance Indicators. Si tratta di indicatori misurabili in maniera quantitativa, fondamentali per valutare le performance del piano marketing e correggere eventualmente il tiro.

 

Conclusione: l’approccio strategico è fondamentale per raggiungere i propri obiettivi

Per ottenere ciò che si vuole, bisogna prima decidere cosa si vuole. E poi capire quale strada per raggiungere i propri obiettivi.

Questo vale per tutto nella vita. Il marketing e il business non fanno eccezione. Oggi sviluppare una strategia di marketing coerente con le proprie necessità e allineata al proprio contesto è di primaria importanza per ottenere risultati concreti.

 

 

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Direct to consumer: un nuovo modello di business

Dalla produzione, al confezionamento, alla spedizione, tutto a capo di un’unica realtà. Il modello di business Direct to Consumer è sempre più diffuso: diventato un trend del mercato, è implementato da un numero crescente di realtà, tra colossi e piccoli marchi.

 

In questo articolo approfondiremo questo modello analizzando la sua diffusione e la sua presenza sempre più capillare, rappresentando un’opzione scelta da molte realtà. Toccheremo diversi temi riguardanti il D2C:

  • Una strategia in crescita
  • Un modello versatile
  • Opportunità e vantaggi
    • Ridurre i costi
    • Creare rapporti con gli utenti
    • Aumentare reputazione del brand
    • Raccogliere dati sui clienti
    • Lanciare velocemente nuovi prodotti
    • Testare prodotti con più margine

In italiano vendita diretta al cliente, con questo sistema il prodotto viene creato nella struttura di un’azienda ed è lei stessa a distribuirlo nei propri canali come per esempio e-commerce, social e punti vendita monomarca.

Di recente nascita, noto anche con l’acronimo D2C e DTC, si basa sull’eliminazione nel business della presenza di intermediari: modello verticale, ha come protagonista solo l’azienda che si occupa di tutti gli aspetti dei propri prodotti, diventando così autosufficiente in tutte le fasi.

 

La diffusione del Direct to Consumer: strategia sempre più in crescita

A differenza del modello B2C, business to consumer, incentrato sulla vendita tramite una rete di distribuzione, esempio fra tutti Amazon, nel Direct to Consumer i prodotti vengono venduti direttamente dall’azienda al cliente finale. In questo modo si bypassano tutti quei soggetti che si frappongono tra essa e il consumatore finale. Dicendo addio ai distributori, si riducono i costi, di conseguenza si incrementa la marginalità e si crea una maggiore connessione con gli utenti.

Questa tipologia di business, seppur applicabile anche ai negozi fisici, ha conosciuto una maggiore diffusione a seguito della presenza sempre più capillare nella vita dell’online, in particolare degli e-commerce.

Gli acquisti sul web dominano ormai la scena, soprattutto a seguito dello scoppio della pandemia. Con la diffusione del Covid questo modello è stato visto come un’ancora di salvezza.
Tra il verificarsi di stop nella catena di approvvigionamento e ritardi nei processi produttivi, molte aziende si sono affidate al D2C, affiancando alla vendita al dettaglio la modalità online. Curando tutta la parte di digital marketing molteplici realtà hanno visto così intatte le loro vendite o almeno hanno contenuto le diminuzioni nelle vendite.
Pertanto negli ultimi tempi non solo sempre più realtà hanno implementato questa strategia, ma ne sono nate nuove incentrate solo su questo modello di business.

 

D2C, una soluzione per ogni settore: modello versatile con cui ridurre i costi e avvicinarsi ai clienti

Il modello D2C continua a incrementare la sua popolarità in quanto i clienti si rivolgono sempre più agli acquisti online, realizzati comodamente dalle loro case.

Subentrato una quindicina di anni fa, un numero crescente di aziende lo applicano in quanto permette di contenere i costi. Solo poco tempo fa per vendere i prodotti spesso era immancabile il rivolgersi a grossisti e rivenditori fisici: alternative sicuramente valide, ma che comportano riduzioni dei margini a causa dei maggiori costi.
Per dire addio a questo il Direct to Consumer è la svolta, permettendo alle aziende di avere un accesso diretto al cliente.

Emblematico il caso di Nike che si è mossa verso questo modello a partire del 2018 allo scopo di avvicinarsi ai suoi consumatori e allontanarsi dai retail, puntando sull’online e sui negozi monomarca. Una strategia vicende che ha fatto esplodere le vendite grazie al suo e-commerce proprio durante il periodo pandemico.

Applicabile a tutti i settori, è un’opzione molto utilizzata nel mondo del fashion e del beauty.
Esempio significativo quello di Glossier, marchio di skincare realizzato da Emily Weiss. A seguito della creazione di un suo blog, attorno al quale ha dato vita a una vera e propria community di donne, accomunate dal voler affrontare problematiche cutanee, ha creato un impero basato sul D2C, diventando un punto di riferimento del settore.

Direct to Consumer: opportunità e vantaggi

Sempre più diffuso, il Direct to Consumer apporta notevoli vantaggi alla vita del business quali:

Ridurre i costi

Eliminando i distributori si abbattono le barriere al profitto. Dicendo addio alla presenza di intermediari e le spese che ne derivano, si riducono i costi, riuscendo anche a monitorare maggiormente i margini sui guadagni.

 

Creare rapporti diretti con gli utenti

Avvicinarsi agli utenti, stabilendo un rapporto diretto, permette di toccare con mano le loro necessità. In questo modo si potranno personalizzare i prodotti in base alle preferenze rilevate. Questo modello può quindi portare ad aumentare la soddisfazione dell’acquirente e anche a fidelizzarlo con iniziative create ad hoc, come prove prima dell’acquisto. Nel caso della vendita attraverso intermediari questo non sarebbe possibile, in quanto si perde il contatto con il consumatore.

 

Aumentare la reputazione del brand

In un mondo dominato da una quantità stratosferica di prodotti, aumentare la reputazione del proprio brand può essere un grande vantaggio competitivo. Avere una vendita diretta significa curare il proprio e-commerce ed essere presenti sui social network per promuoverlo: questo permetterà di differenziarsi ed essere percepiti come esperti del settore, incrementando la propria Brand Awareness.

 

Raccogliere dati sui clienti

Avendo il contatto finale con loro se ne possono raccogliere grandi quantità e di ogni tipo. L’azienda si occupa infatti della distribuzione e monitora in via diretta le vendite tramite propri canali, come l’e-commerce. Si avrà così l’opportunità di comprendere i comportamenti degli utenti e le leve che li spingono all’acquisto o le pagine su cui navigano per più tempo. Questo consente di fare eventuali modifiche al sito, migliorando le parti che vengono prese meno in considerazione.

 

Lanciare velocemente nuovi prodotti sul mercato

Dato che tutto il progetto è nelle mani dello stesso soggetto, che può decidere in libertà i tempi e le modalità della suo ingresso nel mercato, senza dover sottostare a eventuali vincoli dettati da altri, è possibile lanciare nuovi prodotti con molta più velocità.

 

Testare i prodotti con più margine

Questa strategia permette di fare esperimenti prima di eventuali lanci. In questo caso vengono in aiuto strumenti come le newsletter e i social media, attraverso cui comunicare ai clienti il possibile arrivo di un nuovo prodotto, raccogliendo così i loro feedback utilissimi per la sua versione finale.

 

 

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