Come funziona il digital direct marketing per il turismo

Il digital direct marketing è sempre più impiegato come forma di advertising, anche e soprattutto nel settore del turismo. La comunicazione in maniera diretta e one-to-one con gli utenti rappresenta infatti un valore aggiunto rispetto alle tradizionali campagne pubblicitarie.

Quando si parla di digital direct marketing si fa riferimento a una forma di marketing a risposta diretta, concretizzata con un insieme di attività volte a costruire un contatto diretto con il singolo utente, cliente o potenziale tale, al quale sottoporre una serie di contenuti di reale interesse e senza l’intervento di alcun intermediario. Questa metodologia comunicativa prevede l’impiego di una serie di strumentazioni utili nella comunicazione one-to-one con l’utente. I principali che vengono impiegati includono:

  • Direct mail, ovvero invio di mail precise e periodiche, pianificate e strutturate al fine di sollecitare una risposta da parte dell’utente
  • E-mail marketing, la soluzione più completa, ovvero quella che consente una serie di personalizzazioni in funzione del target individuato
  • Telemarketing, ovvero l’associazione della classica chiamata telefonica con altri strumenti di comunicazione prestabiliti
  • Messaggistica diretta multimediale, soprattutto legata ai social network e all’impiego di chatbot.

Il filo comune che lega questi strumenti è dato dalla focalizzazione sul cliente e non sul prodotto o sul servizio che si desidera vendere, la segmentazione degli utenti, l’individuazione di soggetti realmente interessati e che pertanto si pensa sia più probabile ottenere una risposta da parte loro e, in ultimo, la reale personalizzazione di quanto presentato.

Digital direct marketing e turismo: un connubio perfetto

Il settore turistico è stato probabilmente uno dei primi a essere condizionato dall’evoluzione tecnologica. La presenza di siti dedicati alla prenotazione di voli online, hotel e appartamenti in maniera diretta, nonché la possibilità di ricercare mete e informazioni inerenti alle zone da visitare, hanno portato questo ambito a divenire uno dei più avanzati nel mondo del digiatale.

Per questa ragione la scelta da parte di operatori del settore turistico di prendere in esame la possibilità di impiegare strategie di digital direct marketing, potrebbe consentire loro di attrarre un numero sempre maggiore di utenti, fidelizzare clienti e soprattutto creare una rete di collegamento tale da tenere sempre aggiornati i propri contatti. Se questo è quello che si desidera è bene tenere in considerazione alcuni punti chiave da porsi come obiettivo nel momento in cui si decide di attuare questo mezzo comunicativo estremamente potente:

  • Rafforzare la propria presenza online
  • Comprendere le esigenze dei clienti al fine di acquisirli in via definitiva
  • Comunicare in maniera diretta e one-to-one
  • Interagire anche al termine del viaggio, sottoponendo offerte che potrebbero interessarli, richiedendo la compilazione di questionari di gradimento o sulle mete future che potrebbero interessarli.

Tutti questi fattori consentiranno di implementare il proprio livello comunicativo e andranno inevitabilmente a rafforzare il legame con gli utenti. Infatti, una volta sottoposte offerte personalizzate, ma anche alla successiva profilazione dell’utente in base ai propri interessi (in questo caso le mete di possibili futuri viaggi), si potrebbe procedere all’invio periodico di materiale e promozioni ad hoc.

Come concretizzare il digital direct marketing in ambito turistico

Una volta stabilita la strategia da impiegare è necessario trovare il linguaggio comunicativo adatto al settore. Fortuna vuole che quando si parla di turismo il materiale a disposizione è davvero tanto, sia che si tratti di immagini, video, ma anche a livello testuale, pertanto comunicare con l’utente non sarà assolutamente difficoltoso.

Per questa ragione, una volta raccolti i dati degli utenti e dei clienti già conclamati, si potranno suddividere in differenti categorie in funzione delle mete d’interesse, dei periodi dell’anno preferiti per la prenotazione delle vacanze, ma anche per età e composizione del nucleo familiare, tenendo conto per esempio se hanno bambini piccoli, se single o anziani. Partendo da queste operazioni, l’ideale sarebbe optare per la differenziazione dei contenuti, proponendo immagini interessanti e contenuti blog capaci di suscitare un reale interesse.

Da qui poi si potrebbe passare a una comunicazione ancor più diretta, andando per esempio a offrire particolari promozioni per soggiorni in aree per le quali hanno mostrato interesse o desiderio di visitare, proponendo periodicamente l’invio di guide turistiche complici nell’ulteriore accrescimento del desiderio di partire. In ultimo mai dimenticare la richiesta di recensioni, fattore indispensabile per consentire all’utente di esprimere un giudizio e vedersi realmente ascoltato da qualcuno.

Se da un lato questi aspetti sono facilmente comprensibili, dall’altro potrebbe risultare difficile la gestione di questa mole di dati. Per questa ragione sono nati software aditi ad automatizzare tutte queste operazioni, al conseguente monitoraggio dei dati, nonché alla gestione di quelli raccolti. Si tratta di software di inbound marketing, primo tra tutti Hubspot. Grazie infatti a questo strumento gran parte delle azioni verranno automatizzate, liberando l’utente dall’esecuzione manuale delle stesse, nonché garantendo un risparmio a livello di tempistiche non certo indifferente.

Ecco quindi come pensando al digital direct marketing in ambito turistico ci possiamo rendere conto che probabilmente anche noi qualche volta ne siamo stati vittime inconsapevoli che, grazie a preferenze rilasciate in precedenza, abbiamo ricevuto offerte a noi affini.

Che cos’è Ecosia: il motore di ricerca green

Che cos’è Ecosia?

Ecosia è un motore di ricerca che utilizza l’80% dei suoi profitti per piantare alberi nelle zone del mondo dove ce n’è più bisogno.

 

Questo motore di ricerca nasce in Germania nel 2009 da un’idea di Christian Kroll, un imprenditore tedesco già fondatore di altri progetti di sostenibilità come Xabbel, Forestle e Znout.

La mission di Ecosia è quella di contribuire concretamente a realizzare un mondo in cui l’uomo possa vivere in armonia con la natura in modo sostenibile e green. Per farlo, Christian Kroll ha deciso di puntare su un modello di business di impatto sociale positivo per tutti: generare profitti tramite la pubblicità del suo motore di ricerca e donare la maggior parte dei profitti ad un beneficiario che investe questi proventi in opere di riforestazione.

Al momento questo beneficiario è WeForest con il programma “Great Green Wall”, letteralmente “Grande muraglia verde”. Si tratta di oasi verdi create per combattere la desertificazione in Africa, per favorire l’agricoltura e per sviluppare piantagioni autoctone. Questo ha generato nuovi posti di lavoro, ha ridotto le carenze alimentari e ha diminuito gli episodi di esodi di massa dovuti alla povertà del territorio.

 

Perché è di grande attualità ora?

Ecosia ha aumentato la sua notorietà di anno in anno, ma soprattutto negli ultimi mesi ha avuto una grande risonanza su tutti i media grazie alla crescente attenzione verso le tematiche di sostenibilità ambientale.

I tristi episodi di incendi dolosi in Amazzonia, saliti tra i trend di ricerca nelle scorse settimane, hanno aumentato ancora di più il sentimento di responsabilità sociale degli utenti, che hanno cominciato a rispecchiarsi nella mission di Ecosia.

Le nuove generazioni, in particolare, stanno sviluppando una grande attenzione sul tema della sostenibilità. Si stanno rendendo sempre più conto che le risorse sono limitate e il nostro mondo è un bene prezioso da conservare e preservare.

Sono tante le cose abitudini che si possono introdurre nella quotidianità per cercare di minimizzare il nostro impatto ambientale e per fare del bene alla terra. Una di queste è sicuramente scegliere Ecosia. Quante volte al giorno chiediamo informazioni a un motore di ricerca? Decine, forse centinaia. Con Ecosia, senza nessuno sforzo, possiamo rendere estremamente positiva una azione che facciamo quotidianamente.

Come funziona e come può un utente utilizzarlo?

ecosia-riforestazione1Ecosia funziona proprio come tutti i motori di ricerca.

L’utente fa una ricerca e il motore restituisce i siti e gli annunci a pagamento per quella determinata query di ricerca. I risultati di Ecosia sono forniti da Bing (il motore di ricerca di Microsoft).

Ogni volta che un utente clicca su uno degli annunci sponsorizzati, Bing paga ad Ecosia una percentuale sul valore di quella parola chiave (che non è sempre lo stesso, ma varia in base a diversi fattori come competitività e volumi di ricerca).

Un’altra  fonte di guadagno è lo store di Ecosia, dove è possibile acquistare vari prodotti di merchandising.

Ogni utente può utilizzarlo tramite diversi canali:

  • Sito web ecosia.org
  • Estensione del browser
  • App Ecosia

 

E’ davvero sostenibile?

Pur mantenendo una natura no-profit, Ecosia si impegna in modo concreto a investire l’80% dei suoi ricavi in opere di riforestazione.

Piantare un albero costa circa 0.22€.
In media un clic su un annuncio sponsorizzato porta ad Ecosia 0.05€.
Questo significa che circa 45 clic sono sufficienti per fare crescere un nuovo albero.
Da non dimenticare poi lo store online: acquistare una maglietta corrisponde a 20 nuove piante sulla terra.

La trasparenza è uno dei valori fondanti di Ecosia: ogni mese vengono pubblicati i report finanziari aziendali dai quali si possono vedere, oltre ai dati economici, anche gli investimenti in opere di piantumazione e finanziamenti di progetti green.

Nel 2014, inoltre, l’azienda ha ottenuto la certificazione di B-Corporation, che viene rilasciata solo alle realtà che certificano di avere attuato i più alti standard di sostenibilità ambientale e sociale.

Non solo piantumazione di aree desertiche o in difficoltà, ma anche un impegno diretto nella sede dell’azienda nell’utilizzo di fonti rinnovabili per far funzionare il motore di ricerca e la maggior parte degli impianti della stessa sede.

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Che cos’è il marketing emozionale

Sempre più spesso si sente parlare di marketing emozionale, o emotional marketing, ma cos’è di preciso?

La parola stessa “emozionale” fa capire che questo modo di fare marketing fa leva sulle emozioni delle persone, con lo scopo di far loro provare determinati sentimenti e bisognifinalizzati all’esecuzione di un’azione ben precisa. È stato dimostrato come le emozioni svolgano un ruolo estremamente rilevante nel percorso che porta all’acquisto di un bene o un servizio. Si stima infatti che il 95% delle operazioni andate a buon fine, abbiano visto un ruolo fondamentale svolto dai sentimenti provati dall’utente e non dalla reale necessità.

Il sistema emotivo infatti non è controllabile, bensì è qualcosa che porta ad una reazione immediata e veloce rispetto a un fattore scatenante. Al contrario invece la razionalità è quella parte del cervello che tende ad analizzare attentamente ogni cosa, controllare reazioni, elaborare decisioni nel rispetto delle tempistiche.

Il marketing emozionale punta proprio su questo fattore, ovvero innescare le giuste emozioni per dare avvio al processo decisionale legato alla sfera emotiva e in grado di portare l’utente ad effettuare un acquisto, compilare un form di contatto lasciando i propri dati o semplicemente iniziando a seguire un account social.

Strategic Experiental Modules: ecco come fare a trasmettere emozioni all’utente

Quando si parla di marketing emozionale vendono prese in esame diverse situazioni ed esperienze che potrebbero essere vissute dall’utente all’interno del viaggio mentale orientato all’acquisto di un bene e servizio. Queste possono essere riassunte in 5 categorie, definite moduli esperienziali strategici (Strategic Experiential Modules):

  • Sense Experience, quelle nelle quali vengono tirati in mezzo i 5 sensi della persona, si coinvolgono vista, udito, tatto, olfatto e gusto con contenuti in grado di stuzzicare ogni elemento. Come? Attraverso immagini, descrizioni dettagliate e inserite all’interno di uno storytelling che permetta all’utente una completa immedesimazione e il conseguente desiderio di vivere anche lui una determinata situazione
  • Feel Experience, in questo caso vengono smossi sentimenti vissuti realmente dalla persona, situazioni emotive e condizioni capaci di innescare un collegamento diretto a un prodotto specifico
  • Think Experience, quando si innesca la sfera creativa e cognitiva. Qui il risultato sarà più a lungo termine e porterà l’utente a rientrare nella cerchia dei clienti fidelizzati
  • Act Experience, nelle quali si coinvolge sia la sfera fisica che quella mentale, portando ad azioni differenti rispetto a quelle consuete. Messaggi persuasivi e motivazionali, utilizzati per modificarne lo stile di vita dell’utente
  • Relate Experience, fondate sulle relazioni tra gli individui, sul mettersi in contatto con altri, creare un senso di appartenenza a un gruppo e affermare il proprio status sociale.

Quali sono le emozioni che provocano un maggior innesco emotivo?

Gli studiosi hanno evidenziato come esistano alcune emozioni capaci maggiormente di coinvolgere gli utenti. Ecco quali sono:

  • Paura, considerata in assoluto l’emozione più potente. In una strategia di marketing può essere utilizzata sia per offrire al cliente la soluzione a un problema, ma anche facendo leva su eventuali tempistiche o scadenze, mettendo fretta nella conclusione di una trattativa o un acquisto
  • Senso di colpa, quello spesso impiegato per vendere articoli e servizi in grado di risollevare le sorti in una situazione apparentemente negativa. L’esempio tipico è quello dei prodotti e delle consulenze per tornare in forma, dove si fa leva sul senso di colpa scaturito, per esempio, dopo aver mangiato troppi dolci o per essersi abbuffato durante le festività al fine di proporre fantomatici prodotti dimagranti e diete
  • Fiducia, quella solitamente attuata da distributori di energia e servizi, compagnie telefoniche e abbonamenti tv, che puntano a offrire condizioni vantaggiose nel lungo periodo per ingolosire una cerchia di papabili clienti
  • Necessità di appartenenza, dove, in seguito alla proposta di un articolo, vengono creati ad esempio forum dedicati, community e gruppi nel quale coinvolgere l’utente, facendolo sentire parte integrante e importante per l’azienda produttrice
  • Gratificazione immediata, esempio tipico potrebbe essere Amazon Prime. In questo contesto si fa leva sulla possibilità di avere ciò che si desidera, con un semplice clic, in pochissime ore e direttamente a casa
  • Valore, ovvero innescare nell’utente la sensazione che un determinato bene o servizio abbiano un certo pregio, importante ed esclusivo
  • Desiderio di apparire e competizione, tipico esempio la comunicazione ad opera di testimonial famosi e influencer che puntano a invogliare l’utente a possedere qualcosa che loro hanno o indossano
  • Desiderio di essere leader, suscitando la voglia di ottenere qualcosa per primi rispetto ad altri ai quali poi mostrare la conquista fatta
  • Mancanza di tempo, dove gli ideatori di una determinata campagna cercano di far leva sul fatto che la frenesia della vita odierna porta a trascurare sé stessi, i propri familiari e amici.

Marketing emozionale: dalla teoria alla pratica. Ecco gli strumenti utili

Detto così sembra semplice da comprendere il meccanismo con cui funziona il marketing emozionale, ma non altrettanto il percorso per metterlo in atto all’interno di una strategia. Per farlo è infatti necessario coinvolgere l’utente, che sia tramite un articolo, un video, un post pubblicato su un social network, un’immagine, bisogna scatenare sensazioni positive. Con il contenuto è indispensabile riuscire a creare un legame con chi lo visualizza, svilupparne desideri inconsci, portarlo a credere di avere l’esigenza di avere di quel prodotto o quel servizio sponsorizzato.

Il primo strumento per ottenere questo risultato è investire in uno storytelling efficace, in grado di dar vita a storie persuasive, capaci di portare l’utente a immedesimarsi, divenendo lui stesso il protagonista, e facendogli quindi provare emozioni così forti al punto tale da portarlo a compiere una determinata azione. Una volta suscitata questa reazione emotiva verrà proposta la soluzione, ovvero il prodotto o il servizio offerto dal brand, che rappresenterà per l’utente l’ancora di salvezza, quello di cui ha bisogno nell’immediato, quella che inevitabilmente verrà ricollegata a una specifica condizione.

Pertanto si rende indispensabile la scelta del giusto linguaggio da utilizzare, che deve essere capace di coinvolgere i cinque sensi, parlare alle persone e al loro cuore, non a motori di ricerca privi di anima. L’esigenza è quella di creare una storia avvincente, capace di suscitare sentimenti reali in chi visualizza il contenuto, portandolo a immedesimarsi nello stesso e divenendone il protagonista in prima persona.

Infine, ultimo aspetto da non sottovalutare, è quello legato alla scelta delle immagini da associare, così come eventuali musiche di sottofondo quando si tratta di video. Questi contenutiQue devono innescare una reazione immediata, in quanto si stima che in meno di 5 secondi la mente di una persona sviluppa un giudizio positivo o negativo. Nel primo caso continuerà nella visione o nella lettura, lasciandosi trasportare in una dimensione parallela, nel secondo invece rimuoverà nell’immediato dalla propria mente quanto visto e letto.

Conclusioni sul marketing emozionale

Per riassumere quanto definito in questo articolo nel quale abbiamo approfondito l’argomento Emotional Marketing, si può definire la grandissima potenza di questo strumento comunicativo. L’importanza indiscussa dei sentimenti e della capacità di suscitarli nell’utente come arma chiave in grado di trasformare una semplice campagna in una di successo.

Nel momento in cui infatti si riuscirà a coinvolgere emotivamente l’utente, facendo leva su specifiche emozioni e con i giusti mezzi comunicativi, sia dal punto di vista testuale che visivo, si avrà una percentuale di successo molto più elevata rispetto a quella ottenuta attraverso il marketing tradizionale. Pertanto, nell’era dove social network, blog, comunicazione visiva e web entrano nelle vite delle persone, studiare campagne incentrate sulle emozioni delle persone, rappresenterà la vera e propria chiave verso il successo, capace in pochi minuti di conquistare e concretizzare la vendita di prodotti e servizi.

Marketing Inbound e Outbound: vantaggi, differenze e metodi

Quale differenza c’è tra il marketing inbound e outbound? Quali sono i vantaggi dell’uno e dell’altro e quali sono le metodiche per svilupparli?

In questo rapido articolo ti vogliamo fornire una panoramica generale che ti permetterà di comprendere meglio quanto distanti ma al contempo complementari siano queste tue metodiche di comunicazione, e per quale ragione la prima abbia decisamente superato la seconda, collocandosi in vetta agli approcci più evoluti in termini di marketing.

L’outbound marketing è ormai identificato quasi universalmente come marketing tradizionale, ed è l’unica modalità che le aziende mettevano in atto fino a qualche anno fa. Questa metodica comportava essenzialmente una comunicazione monodirezionale del brand verso il resto del mondo.

Il principale limite di questo approccio non soltanto risiedeva nel suo scarso rapporto investimento/beneficio, né nella trasversalità del bersaglio che si colpisce, molto generico, quanto piuttosto nella sua intrinseca caratteristica di forzare e imporre il proprio messaggio sull’audience. Non è un caso, infatti, che l’outbound marketing venga definito anche “marketing dell’interruzione”.

I limiti di questo approccio strategico sono naturalmente molto evidenti, e riguardano appunto l’interruzione dell’utente mentre questo sta facendo qualcos’altro, in modo indiscriminato e senza il suo consenso. Il classico esempio di outbound marketing che possiamo farti è quello dello spot televisivo che interrompe il tuo programma preferito.

Se però pensiamo all’outbound marketing oggi, e lo integriamo in una sinergia di strumenti e approcci più complessa e, per esempio, nella Marketing Automation, le sue tecniche possono essere “positivizzate” attraverso azioni mirate nei confronti di un pubblico che ha già mostrato un interesse reale verso il nostro prodotto o servizio, e che dunque sarà meglio disposto a ricevere il nostro messaggio pubblicitario.

In pratica, l’outbound marketing dà il meglio di sé soltanto quando opera in comunione con l’inbound marketing, poiché si tramuta in una occasione virtuosa per le aziende di cercare e creare una comunicazione con interlocutori già precedentemente profilati. In questo senso, dunque, il metodo si rivela corretto.

Per quanto riguarda l’inbound marketing, esso è ormai identificato come il marketing di nuova generazione, che non si focalizza su una comunicazione generale e a tappeto ma sulla produzione di contenuti di qualità in grado di attirare gli utenti verso uno specifico prodotto o servizio, perché il brand che lo propone riesce a fare leva sul soddisfacimento di un bisogno o sulla risoluzione di un problema attraverso l’offerta di risposte reali. In questo modo, la capacità di discriminare il target di riferimento derivata da una sua identificazione precisa riduce già a monte il margine di “disturbo” dell’utente, e dunque di errore da parte dell’impresa. Contestualmente, va da sé che aumenti anche il rapporto tra costo e beneficio.

In termini di metodo, l’inbound marketing è non un’azione ma un piano strategico composto da una serie di tattiche che operano in simultanea o in successione: dalla SEO al Content Marketing, dall’Email Marketing al Local Advertising, e via discorrendo.

Che l’inbound marketing sia esponenzialmente più efficace dell’outbound è ormai comprovato, ma naturalmente il principio è che la strategia venga studiata correttamente. Nel caso in cui questo si verifichi, ci troveremo di fronte ai principali vantaggi di questa metodologia di approccio, che ti presentiamo in breve:

  • È in grado di attrarre lead di maggiore qualità, ossia elimina in gran parte gli utenti casuali e si focalizza su quelli potenzialmente interessati
  • Facilita il processo di conversione, perché a un aumento di traffico verso i canali web dell’azienda corrisponde una maggiore propensione alla compilazione di form e risposte positive alle call to action
  • Permette la creazione di database di lead di alta qualità, in funzione proprio dello step precedente
  • Inquadra correttamente il lead e lo prepara all’acquisto, scaldandolo prima dell’azione di purchasing attraverso azioni di marketing mirate temporalmente e corrette dal punto di vista di contenuto e personalizzazione
  • Incrementa l’immagine del brand e la potenzia, grazie alla proposta di contenuti di qualità e al miglioramento del proprio servizio (un’offerta personalizzata è considerata migliore)
  • Crea una reale interazione con il cliente acquisito e potenziale, attraverso la strutturazione di percorsi di marketing completo che seguono l’utente dalla fase di conoscenza iniziale fino a quella di post-vendita e riacquisto

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Digital Food ed eBusiness: il futuro del cibo sul web

Secondo gli esperti di marketing, il futuro del settore Food & Wine è sempre più digitale, e termini come Digital Food stanno sempre più diventando, assieme a eBusiness, parte dell’immaginario comune.

 

È ormai ben noto che diverse catene della grande distribuzione organizzata già consentono, grazie a sezioni ecommerce e app dedicate, di fare la spesa online e vedersela consegnata a casa nel giorno e nella fascia oraria preferita. Allo stesso modo, sono oggi capillari i piccoli shop online che propongono cibi bio o vegani, alimenti tradizionali e tipici, così come i birrifici ed enoteche artigianali.

Di eFood (o Digital Food) si è parlato esaustivamente nel corso dell’ultima edizione di Netcomm Focus, l’evento che si propone di promuovere occasioni di incontro tra le più rilevanti filiere che prendono parte alla ben nota Digital Transformation – una tendenza che ormai interessa trasversalmente tutte le imprese. In collaborazione con TuttoFood, Netcomm ha, a fine 2018, esplorato le nuove opportunità di settore sia in termini di Digital Retail che di logistica, così come di Delivery e Communication.

Sebbene il settore Food sia ancora considerato a basso tasso di penetrazione, il suo fattore di crescita è significativamente marcato nel settore digitale, tanto da aver superato il miliardo di euro di fatturato nel solo 2018 (per un’impennata pari al 34%).

Anche Google concorda sul fatto che il settore del Food&Wine, così come molti altri, sia ormai diventato per il consumatore finale una dimensione sempre più funzionale ed esperienziale. Mangiare è un’experience reale ma anche digitale, e il settore del Digital Food permette di unire comodità ed efficienza garantendo, al contempo, un’alta qualità di servizio. Specialmente considerato il fatto che le persone hanno vite sempre più frenetiche e che diminuiscono i tempi disponibili per andare al supermercato e cucinare, la tendenza a utilizzare cibi pronti e servizi di food delivery è destinata a crescere ulteriormente nel prossimo futuro.

Ad oggi, soltanto in Italia questo mercato ha un valore di 3.2 miliardi di euro, sebbene soltanto l’11% circa faccia riferimento a veri e propri servizi online. Ma è una tendenza destinata inevitabilmente a mutare.

Attualmente, la maggior parte degli ordini di Food&Wine da consegnare direttamente a destinazione interessa utenti ambosessi e che utilizzano prevalentemente dispositivi mobili. La rivoluzione data driven interessa però anche le attività, e sono sempre più sviluppati “ambienti” di nuova concezione come le cucine virtuali, che si limitano a preparare i cibi soltanto per consegnarli a domicilio, senza alcuna possibilità di consumazione on site.

Gli obiettivi che le attività di Food&Wine dovranno ora proporsi di raggiungere riguardano, essenzialmente, la Customer Experience – il che non è una sorpresa per chi lavora in ambito marketing. Colossi del settore alimentare come Barilla si stanno già muovendo in tal senso, con soluzioni come i temporary shop e le nuove ricette per i clienti, ormai raggiunti su più canali. Anche Danone segue questa tendenza e investe ora massivamente in campagne altamente interattive e ingaggianti come #Vitavera, a marchio Activia e caratterizzata da produzioni digitali native.

L’esperienza del food parte ora dalla mente del consumatore, con una sorta di stimolo neuronale che precede quello sensoriale effettivo. Ecco perché la customizzazione dell’esperienza, prima ancora che la dimensione dell’impresa, sarà il fattore capace davvero di fare la differenza.

Ma tornando per concludere alla spesa online, cosa comprano oggi i consumatori italiani nel settore Food&Grocery?

Nell’ordine, la spesa principale si orienta su:

  • Grocery (spesa da supermercato online): perché garantisce un risparmio di tempo e talvolta anche di denaro. Si focalizza prevalentemente su prodotti alimentari con una piccolissima percentuale di spesa dedicata a detersivi e prodotti per la casa. Tra i prodotti più acquistati figurano gli alimenti secchi, ma anche le bevande e i surgelati.
  • Enogastronomia (vino e prodotti tipici di qualità): si tratta in assoluto del segmento più maturo tra quelli proposti in versione digitale, tanto da garantire ormai una copertura territoriale nazionale. La particolarità risiede, come è facile intuire, nella ricercatezza dei prodotti proposti. Tra i più venduti figurano i prodotti tipici, le capsule per caffè, il vino, e più in generale i più raffinati prodotti Made in Italy.
  • Ristorazione online (piatti pronti a domicilio): come accennato, la consegna a casa di cibo pronto da consumare sta vivendo un momento d’oro. Il principale limite attuale è tuttavia rappresentato dalla territorialità circoscritta in cui sembra avere successo, che è per il momento limitata alle grandi metropoli come Milano, Roma e Torino. Di particolare gradimento per i consumatori sono, in questo caso, i concetti di varietà del menu disponibile, la qualità sempre più alta dei prodotti e la rapidità di consegna.

Smarketing: la strategia perfetta per allineare Sales e Marketing

Avete mai sentito parlare di Smarketing? Non è un termine che ci siamo inventati noi, quanto piuttosto un neologismo relativamente recente che altro non è che la fusione tra Sales e Marketing.

Più che una parola, lo Smarketing è una vera e propria metodica strategica e operativa nel corso della quale gli obiettivi comuni dei due reparti vengono allineati, col fine ultimo di raggiungere specifici risultati di business e dunque incrementare la revenue aziendale.

Come molte altre micro-strategie specifiche, anche lo Smarketing si colloca sotto al grande cappello dell’Inbound Marketing, la metodica commerciale e comunicativa che ha rivoluzionato, trasversalmente, tutti i settori e il modo in cui questi parlano con i loro clienti e prospect.

All’interno del funnel di Inbound Marketing, lo Smarketing prende vita nella cosiddetta fase di chiusura della trattativa, ossia nel momento in cui il Marketer trasferisce al team Sales le cosiddette opportunità qualificate di vendita. Toccherà a questo punto al reparto commerciale chiudere le trattative positivamente, e farlo sarà più semplice grazie all’analisi accurata svolta dai colleghi in tutta la fase operativa di, appunto, marketing.

Nello Smarketing, è essenziale che sia il team marketing che quello sales siano perfettamente sincronizzati e orientati verso un risultato comune, ossia l’incremento della revenue di brand. Alla base dello Smarketing, dunque, esiste una comunicazione virtuosa tra due reparti che finora non hanno quasi mai cooperato bene: secondo Hubspot, infatti, ben l’87% dei termini che i due team utilizzano per descrivere l’altro non è propriamente positivo! Se, da un lato, i Marketer ritengono che il Sales non consideri in modo adeguato i loro lead, dall’altro i professionisti della vendita riferiscono di ricevere lead poco fidelizzati o comunque inadeguati.

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È facile comprendere quale sia il vantaggio dello Smarketing, vero? Allineare questi due reparti essenziali al successo di brand in modo da ottimizzare le loro attività, con in più il vantaggio competitivo di colpire lead realmente pronti all’acquisto. La perfetta coesione tra due squadre di lavoro così diverse ha una base comune: l’obiettivo finale, a cui abbiamo già accennato. Nello Smarketing, Sales e Marketing diventano due metà della stessa mela.

Vediamo dunque insieme quali sono gli obiettivi reali dello Smarketing:

  • Incrementare il ROI sia per il reparto Sales che per l’area Marketing
  • Migliorare i rapporti tra i diversi professionisti (Team Building)
  • Raggiungere obiettivi di business legati all’azienda nella sua totalità
  • Implementare metodiche e pratiche fluide e di successo dalla fase di pre-sales a quella di post-sales
  • Soddisfare le aspettative commerciali dei clienti (potenziali o acquisiti)

Se dovessimo poi collocare le figure dello Smarketing all’interno del classico funnel Inbound Marketing composto da TOFU, MOFU e BOFU, questo sarebbe il risultato:

  • Top of the Funnel (TOFU): Area Marketing
  • Middle of the Funnel (MOFU): Area Marketing + Area Sales
  • Bottom of the Funnel (BOFU): Area Sales

Come vedete, il lavoro è diviso equamente ed è sinergico nell’essenziale fase centrale del progetto. Entrambi team dovranno dunque parlare la stessa lingua e comunicare tra loro con costanza, così da mantenere la sinergia sempre efficace e, soprattutto, allineata. Insieme, le due squadre dovranno definire specifiche fondamentali legate al progetto, quali:

  • Individuazione del buyer persona
  • Comprensione delle funzioni reciproche
  • Definizione di micro e macro-obiettivi di progetto

Il primo passo dello Smarketing è quindi molto semplicecomunicare di più, comunicare meglio. Non a caso, incontri regolari stanno alla base di questa metodica, perché facilitano una comunicazione aperta su tutte le attività in essere e in divenire.

Siete pronti a collaborare?

Digital Marketing e mercato cinese: come muovere i primi passi

Chi si pone il problema di intercettare il mercato cinese con il digital marketing dovrebbe tenere innanzitutto ben presenti i primi passi da muovere da un punto di vista prettamente strategico. Sebbene sia geograficamente lontana e culturalmente molto diversa da noi, la Cina rappresenta oggi un mercato di potenzialità pressoché infinite e per questo è essenziale riuscire a raggiungerla utilizzando i giusti strumenti di marketing digitale.

La revisione profonda della propria strategia aziendale e la comprensione reale del mercato di riferimento rappresentano il primo passo da muovere. Conoscere i gusti e le aspettative dei consumatori cinesi, sapere quali strumenti utilizzano per individuarli e favorire le loro modalità di acquisto sono quelli che seguiranno.

Cominciamo con qualche dato preliminare:

  • La Cina ha una popolazione di 1,4 miliardi di persone
  • 751 milioni sono le persone connesse digitalmente sul territorio
  • Mediamente, 8 potenziali clienti cinesi su 10 utilizzano il web quotidianamente
  • La durata media di navigazione online quotidiana dell’audience cinese è pari a 6 ore e mezzo
  • 3,26 ore al giorno sono spese navigando su dispositivi mobile
  • 2 ore al giorno sono dedicate alla fruizione di social network
  • La penetrazione di internet nella Cina attuale è ancora pari soltanto al 50%


Quest’ultimo dato è incredibilmente interessante perché offre un’idea della magnitudo prevista per gli anni a venire: il potenziale di diffusione del mercato digitale cinese è infatti ancora in fortissima espansione.

Parliamo ora di questioni più pratiche: quali sono i canali di marketing cui fare riferimento per espandere il proprio mercato alla Cina? In termini generali, si tratta di motori di ricerca, piattaforme di ecommerce e social media. Tuttavia, i giganti di questi settori non sono quelli che conosciamo noi.

  • In Cina, il motore di ricerca più utilizzato non è Google ma Baidu (75% delle query online), mentre la grande G raccoglie solamente l’1,7% delle ricerche e, di norma, è utilizzato da stranieri che vivono in Cina
  • Baidu non è soltanto un motore di ricerca, ma un vero e proprio network che offre anche altre piattaforme:
    • Baidu Baike, omologa alla nostra Wikipedia
    • Baidu Tieba, omologo al nostro Google Plus

Va da sé che qualunque contenuto di marketing digitale destinato al mercato cinese dovrà dunque essere calibrato, strutturato e ottimizzato per queste piattaforme, e declinato nella lingua locale.

Per quanto riguarda i social network e i sistemi di messaggistica istantanea, è poi importante ricordare che in Cina non si utilizzano Instagram, Facebook o WhatsApp o, quantomeno, non prevalentemente. Al contrario, pressoché l’intera “torta” di mercato è destinata a piattaforme locali estremamente evolute, le cui principali sono:

  • Weibo: è una sorta di mix tra i più noti social network occidentali (Twitter, Facebook e Instagram) ed è utilizzatissima dalle aziende, dalle organizzazioni e persino dalle celebrità cinesi che desiderano interfacciarsi direttamente con il loro target di riferimento. Permette anche la creazione di microblog, sondaggi e condivisione di contenuti multimediali attraverso funzioni piuttosto avanzate, nonché la fruizione di real time news.
  • WeChat: nata come piattaforma di messaggistica, vanta oggi funzioni molto avanzate e innovative che permettono prenotazioni di servizi più svariati, la possibilità di seguire pagine ufficiali di brand, trasferimenti di denaro, pagamenti offline e online (WeChatPay) e molto altro ancora.

Attenzione particolare dovrà poi essere destinata all’ecommerce in Cina, che è prima al mondo per questo settore già dal 2013: ad oggi, un cinese su due visita e acquista presso store online almeno una volta al mese.

Nuovamente, non dovremo fare riferimento alle piattaforme più conosciute in Occidente quanto piuttosto a:

  • Tmall e JD: equivalenti cinesi del colosso Amazon, e in grado di fatturare centinaia di miliardi di dollari l’anno

Infine, qualche consiglio praticoPer espandersi in Cina, bisognerà rivalutare una serie di fattori culturali e sociali, i cui più importanti sono:

  • Il brand o product name: dovrà essere facile da pronunciare, ricordare e non avere alcun significato o riferimento negativo nelle lingue locali
  • Il calendario: le festività e celebrazioni cinesi sono molto diverse dalle nostre e l’agenda delle attività dovrà dunque essere declinata di conseguenza
  • I colori: hanno un significato molto preciso in Cina, e dovranno dunque essere considerati con la massima attenzione

Siete pronti per il Sol Levante?

 
 

È il momento di IGTV: ecco cos’è e come funziona la nuova App di Instragram

Si chiama IGTV l’ultima trovata della piattaforma social Instagram: apparsa online da qualche giorno, ha già attirato l’attenzione di semplici utenti e addetti ai lavori. Ma di cosa si tratta esattamente?

IGTV è la nuova App di Instagram che permette la pubblicazione di video lunghi fino a sessanta minuti, in verticale. Di fatto, si tratta di un servizio che fa concorrenza diretta alla principale piattaforma di video online, ossia YouTube, ma anche a tutte le altre piattaforme specializzate nella diffusione di video.

IGTV è stata recentemente presentata a San Francisco e, quel che per ora si sa, è che potrà essere scaricata sia come applicazione singola che utilizzata come servizio interno ad Instagram.

Ovviamente, IGTV è il risultato dell’interesse sempre più massivo che gli utenti di Instagram dimostrano per le “stories”, ossia i brevi contenuti che hanno una durata di 24 ore e che, già di per sé, rappresentano un avvicinamento netto ai video. Come è noto, questo medium è ormai il superfavorito online e tale resterà almeno per i prossimi 2-5 anni, ed è dunque inevitabile che le piattaforme social si muovano in questa direzione con i loro aggiornamenti.

Con IGTV, gli utenti potranno caricare i loro video all’interno di un apposito canale. Non è, almeno per il momento, un servizio che interesserà l’intera audience quanto piuttosto un target limitato e selezionato, che potrà pubblicare video lunghi fino a un’ora. Tutti gli altri dovranno accontentarsi invece di “soli” dieci minuti. Secondo Instagram, però, questo limite verrà rimosso nei prossimi mesi.

Per quanto riguarda l’engagement, i video di IGTV potranno essere fruiti così come accade attualmente per le stories: gli utenti potranno dunque apprezzati con un cuore, commentati e inviati agli amici.

Avete già verificato che l’icona IGTV si trovi in alto a destra nella schermata principale di Instagram? In alternativa, la troverete direttamente sul profilo di chi ha pubblicato un video, proprio accanto ai contenuti in evidenza.

Una nota interessante da segnalare è che, almeno per il momento, IGTV non contiene pubblicità. Pare – ma qualche dubbio è d’obbligo, visto il volume d’affari generato dall’advertising sui video – che l’applicazione resterà free from Adv anche in futuro. Al contempo, non è neppure possibile sponsorizzare a pagamento i video pubblicati. Se così fosse, sarebbe davvero un passo avanti nella fruizione dei video sulla rete!

Utenti digitali privi di senso critico: ecco i risultati di Internet@Italia2018

I risultati del recente progetto Internet@Italia2018 svolto da ISTAT e FUB lasciano ben poco spazio ai dubbi: gli utenti digitali hanno scarso senso critico.

Si tratta della conclusione raggiunta esaminando i dati relativi alla diffusione di internet nell’anno 2017, e che mostrano che il 65% della popolazione italiana ha utilizzato la rete con regolarità nei precedenti dodici mesi: in questo senso, l’incremento percentuale rispetto al 2012 si attesta sui 13 punti, e riguarda in particolare le classi di età più avanzate, che risultano quasi raddoppiate.

Per quanto riguarda invece le fasce d’età più giovaniInternet@Italia2018 evidenzia che oltre il 92% degli intervistati tra i 18 e i 34 anni utilizza la rete regolarmente. La percentuale di utenti tra le persone di età compresa tra i 35 e i 44 anni ammonta invece al 90%.

Numeri più che positivi, direte voi. , se non fosse che mostrano una certa tendenza alla saturazione, che potrebbe essere confermata nell’arco del prossimo triennio. Se da un lato il digital divide generazionale risulta ormai essere stato completamente superato in termini di classi di età, rimane ancora marcato per quanto riguarda il tempo di utilizzo, le attività svolte online, e i servizi sfruttati.

Basandosi su queste premesse, sono poche ma fondamentali le domande che Internet@Italia2018 si pone: i singoli utenti hanno effettivamente le competenze necessarie per sfruttare appieno le potenzialità della rete? È necessaria un’azione di tutela della vita online da parte delle istituzioni? Se sì, in quale modo si dovrebbe intervenire? Quali saranno gli effetti dell’attuale e vastissima offerta ICT rispetto alla domanda?

La ricerca conferma la tendenza tutta in crescita relativa all’utilizzo degli smartphone come device predominante in termini di connessione. Ciò, naturalmente, vede già una risposta da parte dei brand produttori di software e hardware, che operano attivamente per offrire prodotti dalle prestazioni sempre migliori, una gamma crescente di app e modalità di interazione sempre più additive. Un dato interessante è relativo alla modalità di utilizzo degli smartphone da parte degli italiani: il 90% del tempo di connessione è trascorso sulle app, e il restante 10% sui browser. Riuscite a indovinare qual è l’app più utilizzata dagli italiani? Facebook, naturalmente, con una percentuale del 94% del tempo complessivo passato in rete.

Ma al di là di tutti questi dati, certamente interessanti, uno dei focus chiave della ricerca di Internet@Italia2018 è relativo alle cosiddette competenze digitali o “media literacy”. Esse possono essere definite come la capacità delle persone, nella loro vita online, di valutare la qualità delle informazioni, di archiviarle, recuperarle, farne un uso efficace ed etico, e infine utilizzarle per creare e comunicare conoscenza.

In pratica, con media literacy si intende l’abilità degli utenti di governare dati, informazioni e variabili utilizzando il cosiddetto pensiero critico, ossia la capacità di analisi e valutazione.

E in questo senso, il contributo decisivo è dato da alcune teorie di psicologia cognitiva. Secondo Daniel Kahneman, la mente è il risultato di un’interazione precaria tra due sistemi: il primo è più veloce e intuitivo e agisce in modo automatico; il secondo richiede un maggiore sforzo ed è più lento perché si basa sulla razionalità.

In pratica, avere pensiero critico è faticoso, perché richiede la ricerca e la valutazione delle informazioni. Se online la maggior parte degli utenti basa le proprie decisioni basandosi su euristiche veloci e automatiche, prive di ricerca e documentazione, si darà luogo alle cosiddette distorsioni del giudizio.

Una delle euristiche che gli italiani sembrano adottare più spesso online è il pregiudizio di conferma (confirmation bias), che consiste essenzialmente nella scelta inconsapevole delle informazioni che confermano o rafforzano l’idea di partenza. Tale pregiudizio di conferma si incrementa poi con le “filter bubbles”, ossia con le gabbie generate dalle nostre scelte e preferenze passate, e con le “echo chambers”, ossia con le zone di comfort digitale composte da amici, contatti e follower che condividono le nostre idee.

Le domande a cui sarà dunque necessario trovare una risposta sono semplici e complesse allo stesso tempo: come è possibile sfruttare gli immensi vantaggi della rivoluzione digitale mantenendo sempre vivo l’esercizio del senso critico durante l’utilizzo della rete? Come possiamo costruire una società critica che renda espliciti i pericoli insiti nella semplificazione di situazioni decisionali complesse? Come possiamo dare luogo a un uso formativo e critico dei nuovi media, a una competenza digitale efficace?

È importante ricordare, come diceva Zuliani, che “destreggiarsi fra notizie e dati statistici online, è una delle condizioni per essere compiutamente cittadini e per esercitare quel controllo civico alla base della democrazia”.

Come attirare nuovi utenti sul proprio sito web

Avere un sito web oggi è molto importante: è il luogo dove rappresentiamo chi siamo e cosa facciamo, ed ecco perché è essenziale sapere come attirare il traffico giusto.

Nell’era del digitale, delle nuove tecnologie e del Web 2.0, avere un sito web è diverso rispetto al passato. Prima del 2004, anno in cui nasceva il Web 2.0, il sito ricopriva il ruolo della vetrina di un negozio che si affaccia su una strada ad alta velocità. Difficile portare gente in quel negozio, se non servendosi di specifiche metodologie tecniche e strategiche.

Attrarre le persone interessate sul sito web

Il Web 2.0 diventa una modalità utile per attirare sul sito web utenti davvero interessati, perché offre strumenti adeguati basati sulla costruzione di una relazione più diretta con l’utente. In questa ottica, quel negozio si è spostato su una piazza molto trafficata, ma stavolta pedonale. Un passo avanti, non credi? Tuttavia, rimane il problema di riuscire ad attrarle.

Aumentare il traffico sul sito

Il problema del traffico verso il sito web è un problema attuale, soprattutto nell’era dei Social Media: sono proprio questi strumenti che, se usati correttamente, si rivelano formidabili per attrarre utenti verso il sito web. Cominciamo a capire come attrarre traffico sul sito web riuscendo ad agganciare il target giusto, ossia tutte quelle persone potenzialmente interessate al contenuto.

Costruire una relazione con i visitatori

È utile sapere che il web 2.0 introduce l’elemento della relazione diretta con l’utente. Questa relazione si sviluppa attraverso la creazione di contenuti, una modalità davvero formidabile per riuscire ad attrarre utenti interessati. Il passo successivo è quello di ottimizzare il contenuto per il motore di ricerca. In questo caso, è necessario ottimizzare il sito Web alla SEO (Search Engine Optimazation), seguendo alcune semplici regole, sapendo che “si scrive per gli esseri umani e non per le macchine” come ricorda Google.

L’utilizzo dei social media per il sito web

Il contenuto diventa strumento per costruire relazioni, e per costruire relazioni abbiamo ormai bisogno dei Social Media. Innanzitutto, costruiamo la nostra “immagine digitale”, scegliendo le piattaforme che più si avvicinano al nostro modo di comunicare. In questo modo si individueranno quei canali che ci permetteranno di agganciare l’attenzione di un pubblico più interessato, permettendoci di colpire il nostro target. Obiettivo fondamentale è quello di attirarli verso il nostro sito web. Tra queste piattaforme difficilmente potrà mancare Facebook, che per l’elevato numero di utenti e la grande diffusione e opportunità che offre, è una piattaforma ormai fondamentale. È inoltre uno dei principali referral utilizzati dagli utenti per accedere ai siti web di interesse. Quest’ultimo è certamente un dato da tenere in considerazione per raggiungere utenti interessati al tuo brand.

Pensiamo “mobile”

Per raggiungere utenti potenzialmente interessati, è necessario dotare il sito web di una versione adattabile ai dispositivi mobili. In questo caso si parla di versione “responsive”. In alcuni casi, è utile anche sviluppare un’applicazione specifica per entrare in contatto ancora più diretto per iOS e Android.

 

L’email marketing per attirare traffico

In questo contesto, sebbene da qualcuno è ritenuto superato, non può mancare una strategia orientata all’email marketing. È vero che gli utenti sono sempre più coinvolti sui social media e che accedono ai siti web sempre più da dispositivi mobile, ma è altrettanto vero che ancora oggi la mail ha un suo valore importante, perché con le piattaforme di email marketing si ha la possibilità di agganciare meglio utenti interessati, riuscendo a scoprire una serie di informazioni utili.

Questi sono solo alcuni consigli che possono tornare utili per capire come attirare traffico sul sito web riuscendo ad agganciare utenti potenzialmente interessati. Resta comunque la regola d’oro da seguire, ossia quella della creazione di contenuti di qualità, vero strumento per costruire relazioni con gli utenti.