Come creare un’esperienza d’acquisto efficace

Nel marketing – e in special modo nel digital marketing – più moderno ed evoluto, generare un acquisto non è più considerato il fine ultimo di un progetto. Al contrario, in un mercato sempre più competitivo e in costante evoluzione, composto essenzialmente da consumatori consapevoli soggetti a un’offerta trasversale drammaticamente superiore alla domanda effettiva, ciò che fa la differenza tra un brand e un altro non è soltanto la qualità della proposta, ma anche e soprattutto l’esperienza d’acquisto che l’azienda sarà in grado di garantire al proprio cliente.

In definitiva, non soltanto i consumatori attuali desiderano (e sanno individuare) il prodotto migliore e più customizzato sulle loro particolari esigenze, ma anche il brand che sa “trattarli meglio” in termini di esperienza utente, customer care, assistenza tecnica, rapidità, modularità della soluzione, personalizzazione di prodotto e servizio. Questa è già e continuerà ad essere una delle discriminanti che, più di altre, faranno il successo o l’insuccesso delle imprese del futuro.

Ma come creare un’esperienza d’acquisto efficace? Fermo restando la necessità di dare vita a strumenti digitali multicanale che funzionino bene (siti web con navigazioni efficaci e caratteristiche responsive, pagine prodotto chiare se si propone un servizio di ecommerce, tool di assistenza in real time o chatbox che accompagnino il cliente, pagamenti sicuri e ottimizzati), vi sono questioni preliminari che sono del tutto imprescindibili, e che vanno più al “cuore” del problema.

Scopriamole insieme.

La valutazione dei fattori preliminari per lo studio di una strategia di unified commerce

La nostra esperienza come marketer ci dice che non esiste una soluzione ideale per tutti, e che ogni progetto, marchio, prodotto o servizio deve essere oggetto di valutazioni preliminari e studi attenti e calibrati, così da dare vita al corretto marketing mix che possa essere apprezzato tanto dall’azienda quanto dal suo pubblico.

In generale, tuttavia, sappiamo cosa si intende per “esperienza d’acquisto efficace”: è l’esperienza che il cliente vive nella sua relazione con il brand e, quando positiva, essa è anche totalizzante, appagante, fidelizzante. Tale esperienza deve dunque necessariamente essere il risultato di una strategia preliminare innovativa, originale e capace di integrare diversi strumenti di marketing. Al contempo, essa dovrà anche tenere in considerazione una serie ben definita di fattori:

  • I canali online, offline, le applicazioni e le tecnologie più evolute e performanti
  • Le necessità, le aspettative, i desideri del potenziale cliente
  • Le soluzioni realmente implementabili per soddisfarli

Nell’esperienza di acquisto positiva, il livello di engagement tra utente e brand è massimo e, di norma, è il risultato di un progetto omnichannel che si riverbera talvolta in un progetto di unified commerce. Questo tipo di soluzione è particolarmente indicata per il Business to Consumer e per il settore del Retail, ma non solo, e si propone di integrare diverse strategie multicanale così da dare vita a un’esperienza d’acquisto non soltanto coerente con l’identità del brand, ma anche unica per il consumatore.

L’importanza della consumer experience

Ecco dunque che torniamo all’importante punto della “customer experience”, ossia dell’esperienza che l’utente vivrà nel suo procedere attraverso il funnel di acquisto.

Nessuna esperienza d’acquisto sarà mai efficace se l’azienda o il marketer non sono in grado di concentrarsi e analizzare tre aspetti fondamentali:

  • La conoscenza del pubblico
  • La creazione di offerte personalizzate sulle sue esigenze
  • La soddisfazione e la fidelizzazione del cliente acquisito

Conoscere il proprio pubblico di riferimento significa avere un quadro preciso delle sue caratteristiche demografiche e comportamentali, così come apprenderne esattamente le necessità di acquisto. Strumenti come il clienteling, ma anche diverse modalità di benchmark e tool di analisi, permettono di avere un quadro chiaro del proprio target – e di conseguenza di operare nel modo corretto non soltanto per attrarlo, ma anche per fidelizzarlo.

Bisogna sempre tenere presente che ogni dato che otteniamo da un prospect o da un cliente acquisito è una miniera d’oro di informazioni che ci aiuterà a delineare gusti, aspettative e personalità: dalla tipologia di acquisti effettuati al numero di transazioni commerciali fino al periodo in cui esse sono state effettuate, dai metodi di pagamento utilizzati agli strumenti, ogni singola informazione serve. Sempre!

Generare offerte personalizzate è l’inevitabile passo da muovere una volta che conosciamo il cliente o lead che abbiamo di fronte. Un’offerta massificata e impersonale è, oggi, sinonimo di insuccesso.

Al contrario, la gestione coerente, sinergia e centralizzata di tutto il customer journey diventa lo strumento indispensabile perché il brand si muova in una direzione comune, fornendo prodotti e servizi ad hoc studiati sempre di più sulle esigenze personali del cliente o del prospect.

Fare in modo che il cliente rimanga felice (e fidelizzato) è sempre l’end-game

Un cliente colpito da un’offerta personalizzata, che tiene in considerazione le sue caratteristiche e necessità uniche – non quelle di una audience massificata, quanto piuttosto di lui, in quanto individuo – è già per sua natura un cliente potenzialmente molto soddisfatto.

Tuttavia, perché l’esperienza d’acquisto sia davvero efficace sotto ogni punto di vista, il cliente così acquisito dovrà essere mantenuto felice e, di conseguenza, fidelizzato. In generale, l’obiettivo dell’azienda in questa fase sarà allineare customer journey e strategia aziendale così da costruire quel fattore imprescindibile per una User Experience di successo: la fiducia.

Cosa significa essere degni di fiducia, per un’azienda?

Equivale a saper trasmettere a ciascuno dei propri clienti l’importanza e il valore delle sue scelte quotidiane, comunicargli l’attenzione prestata alle sue specifiche necessità attraverso un customer care puntuale e tempestivo, aggiornarlo sull’arrivo di prodotti o servizi che potrebbero effettivamente portargli un valore aggiunto, contattarlo attivamente (ma senza soffocarlo!) per acquisire informazioni nuove e preziose che consentiranno al brand di operare pianificazioni strategiche in linea con le reali esigenze del suo interlocutore.

In generale, un’azienda degna di fiducia è quella che ha genuinamente cura dei propri clienti, e che pensa alla loro soddisfazione in modo onesto e trasparente.

Brand Positioning: come creare una strategia unica

Il Brand Positioning, chiamato anche “posizionamento del marchio”, è una delle analisi preliminari essenziali per creare strategie di marketing uniche e customizzate sulle caratteristiche specifiche dell’azienda, del prodotto o del servizio da promuovere.

Si tratta di un processo di cruciale importanza che permette di individuare una o più specificità distintive del marchio, così da veicolare un o più messaggi pubblicitari efficaci e si rivela particolarmente utile in contesti di elevata concorrenza.

Cos’è il Brand Positioning e a cosa serve

Definire il Brand Positioning come una delle attività chiave per creare strategie di marketing – o digital marketing – efficaci è assolutamente corretto.

È importante inoltre sottolineare che questo approccio non è soltanto indicato per le grandi aziende, ma anche per le PMI: in generale, ogni business dovrebbe operare attraverso analisi strategiche preliminari per costruire un’immagine di brand solida, capace di farsi ricordare dalla target audience, e per collocarla nel suo corretto segmento di mercato.

Ecco dunque che, semplificando, il Brand Positioning non è altro che il processo che porta a posizionare il marchio non solo nel market corretto, ma soprattutto nella mente del consumatore. Dovrà dunque considerare tutti i fattori distintivi che renderanno il marchio desiderabile e ricordabile dai suoi potenziali clienti.

Le strategie di Brand Positioning sono virtualmente infinite e possono comprendere differenti marketing mix, che andranno valutati sulle specifiche caratteristiche del marchio da posizionare e su particolari esigenze di progetto.

Un esempio classico è rappresentato dal cosiddetto marketing omnichannel, ossia che colpisce sia online che offline in modo coordinato e focalizzato col fine ultimo di creare un’impressione univoca e coerente del marchio.

Perché il Brand Positioning è indispensabile per qualunque business

Sia che il marketer stia gestendo un grosso marchio di fama internazionale che un prodotto o brand di nicchia, magari in fase di startup, il processo di Brand Positioning sarà ugualmente funzionale.

Contrariamente al credere comunque, questa attività di posizionamento funziona in effetti in modo eccellente anche su piccole realtà e specialmente se sconosciute, perché permette di dare vita a un’identità forte e distinguibile: come sarebbe possibile, per le PMI, posizionarsi sul mercato se non attraverso tale adeguato processo di analisi?

La ragione per cui è sempre opportuno fare Brand Positioning è quindi molto semplice: questa attività rappresenterà la base essenziale su cui costruire il business e la comunicazione aziendale in senso lato. Posizionare il proprio marchio in modo efficace e coerente è la condizione chiave perché tutte le strategie di marketing successive abbiano la possibilità di funzionare e portare risultati tangibili.

Senza un adeguato asset strategico, senza una comunicazione chiara di ciò che un marchio è e a quale pubblico si rivolge, un brand non potrebbe mai essere ricordato dai potenziali clienti alla comparsa di un determinato bisogno d’acquisto.

In pratica, il Brand Positioning fa in modo che il marchio, il prodotto o il servizio vengano immediatamente richiamati alla mente del consumatore come potenziale soluzione a un problema specifico.

Che differenza c’è tra Brand Positioning e Value Proposition?

Brand Positioning e Value Proposition non sono affatto sinonimi, anzi. Identificano due concetti molto diversi che operano in sinergia all’interno di qualunque strategia di marketing.

La Value Proposition si basa sulla differenziazione, e indica il posizionamento completo della marca inteso come combinazione dei benefici sui quali è impostato il posizionamento. In pratica, quella “marcia in più” che il brand offre al mercato rispetto ai competitor, attraverso una proposta nuova e diversa, e dunque attraverso la comunicazione di specifici elementi di differenziazione.

Al contrario, il Brand Positioning si basa sui valori più intrinseci del marchio, quali ad esempio la qualità del suo servizio, il prestigio, la simbologia, le competenze specifiche: anch’essi sono elementi di differenziazione, ma possono essere meno tangibili (ma non per questo più effimeri!) rispetto a quelli comunicati nella Value Proposition.

In generale, qualunque caratteristica di differenziazione che porti il brand a posizionarsi nella mente dei potenziali consumatori dovrebbe essere caratteristiche di:

  • Rilevanza
  • Esclusività
  • Credibilità
  • Difficile riproducibilità (Unicità)

Questo significa che un Brand Positioning di successo comunica in modo chiaro ciò che il marchio sa fare, in che modo lo sa fare meglio rispetto ai competitor, e a quali necessità del consumatore risponde. Se la marca è in grado di trasmettere questi valori, allora i suoi attributi “rilevanti” saranno immediatamente percepibili nella mente del consumatore.

Ciò può avvenire operando in modo tale che il consumatore recepisca, percepisca e ricordi una specifica parola o un particolare concetto, e che tale parola o concetto siano automaticamente associati al brand che stiamo posizionando.

Hai mai pensato a una strategia dedicata per il Brand Positioning della tua azienda? Vieni a parlarne con gli esperti di NAXA.

Real Time Analytics: cosa sono e perché sono utili

Possiamo definire gli Analytics come l’insieme di dati necessari alla scoperta e all’analisi di particolari modelli di comportamento o dati demografici. In termini più tecnici, i dati allo stato numerico e naturale vengono trasformati, attraverso gli Analytics, in insights – che potremmo tradurre come “intuizioni” – necessari ai marketer e alle aziende per prendere decisioni strategiche sia operative che di marketing.

Così come gli Analytics in senso generale, anche i Real Time Analytics – ossia gli insight proposti in tempo reale relativamente alle prestazioni di un determinato strumento connesso – rappresentano una fusione perfetta tra scienza, tecnica e tecnologia e includono al loro interno diversi approcci:

  • Statistica
  • Matematica pura
  • Business intelligence
  • Reporting
  • OLAP
  • Analisi

A queste, la componente umana aggiungerà le proprie considerazioni e le proprie competenze di marketing, di sociologia, di tecniche di comunicazione e persino di psicologia per dare vita a strategie altamente performanti sugli strumenti digitali.

Perché i Real Time Analytics sono così importanti

L’importanza dei Real Time Analytics risiede prima di tutto nella rapidità con cui sono in grado di fornire informazioni specifiche, attualmente considerate cruciali e indispensabili non soltanto allo studio di progetti di marketing, ma anche di strategie di business complesse.

Non solo: a livello tecnologico, i Real Time Analytics permettono di beneficiare di una vasta serie di progettualità che spaziano dalla manutenzione predittiva all’identificazione delle frodi, dall’analisi interna all’advertising personalizzato, dalla redemption di campagne all’integrazione dei progetti di marketing, dall’evoluzione di prodotti o servizi allo studio di nuovi sistemi di customer care e via discorrendo.

Quando applicati al mondo dell’Internet of Things in particolare, i Real Time Analytics producono un incredibile vantaggio che colpisce la catena del valore nel suo complesso. Nel caso in cui questi strumenti siano infatti integrati in sistemi e oggetti connessi (siano essi B2C o parte delle strutture evolute all’Industria 4.0), la quantità di dati (per volume, differenziazione e qualità) che produrranno avrà inevitabilmente un impatto notevole sul business model dell’impresa.

Se invece immaginiamo i Real Time Analytics nell’ambito di progetti di marketing complessi, una loro tipica applicazione sarà quella del Proximity Marketing, ossia di un marketing di prossimità che va a colpire, secondo specifiche azioni, lead e pubblico potenziale che si trova nelle vicinanze di determinati shop col fine ultimo di invitare all’acquisto. Tale approccio di marketing si realizza, tipicamente, attraverso promozioni mirate e personalizzate secondo le caratteristiche del target da colpire.

Per concludere, è importante evidenziare che esistono quattro diverse velocità di analisi dei dati, secondo quanto diffuso dall’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence e che fanno riferimento a uno studio piuttosto recente, datato 2018.

  1. Analisi in Batch: ossia secondo intervalli regolari predefiniti. Tipicamente, i dati raccolti nel corso della giornata possono essere elaborati durante la notte.
  2. Near Real Time: la frequenza di analisi e di aggiornamento dei dati è ridotta rispetto alla modalità Batch e può attestarsi su un intervallo di ore o persino minuti.
  3. Real Time: i dati vengono raccolti in tempo reale e la loro analisi avviene ogni qualvolta se ne sente l’esigenza.
  4. Streaming: i dati vengono raccolti in un flusso continuo e ininterrotto e analizzati con continuità. Ovviamente, tale soluzione prevede un sistema in grado di supportare un’attività molto gravosa e che di solito di concretizza in un insieme di sensori capaci di identificare valori costantemente variabili.

Attualmente, l’Italia sembra sempre più rivolta ai sistemi analytics in Near Real Time, ma in un futuro ormai prossimo si farà sempre più strada la necessità di impostare progetti di Real Time Analytics: ciò sarà possibile soltanto con l’ausilio di tecnologie e infrastrutture altamente performanti sia in termini di raccolta dei dati, che di interrogazione e fruizione delle informazioni.

Performance Marketing: cos’è?

Hai mai sentito parlare di Performance Marketing? Sai cosa significa e quali best practices lo caratterizzano?

In questa pratica guida, vogliamo offrirti le nozioni fondamentali per comprendere il significato e il potenziale di questa modalità di marketing evoluta e, per farlo, partiremo dalle definizioni.

Si parla di Performance Marketing riferendosi a un approccio o modello di marketing che si pone l’obiettivo di generare engagement e risposte da parte degli utenti attraverso lead certificabili, like o sottoscrizioni che vengono pagati esclusivamente sulla base del risultato ottenuto. Come puoi dunque capire, il primo e più importante aspetto del Performance Marketing è rappresentato dalla sua misurabilità – un aspetto chiave, che si fonda sulla necessità sempre più marcata di analisi delle metriche di marketing che sono tipiche degli approcci più evoluti.

In pratica, il Performance Marketing si basa sulla performance intesa come risultato, e prevede un abbattimento pressoché totale dei costi iniziali tipici delle campagne di marketing più tradizionali, come ad esempio quelli della realizzazione della campagna. Al contempo, il Performance Marketing deve per sua natura performare al meglio, e dunque è customizzato sul target e sempre modificabile anche “in corsa”, proprio in funzione dei risultati di analisi e monitoraggio.

Un tipico esempio di Performance Marketing è rappresentato, ad esempio, dal Content Marketing evoluto.

Le metriche chiave del Performance Marketing

Quali sono le metriche fondamentali che definiscono i risultati e le prestazioni del Performance Marketing?

Come accennato, è proprio nell’analisi, nel monitoraggio e nella misurazione delle performance che risiede il fulcro di questo approccio, e proprio per questa ragione esse rappresentano sempre il punto focale di ogni progetto di Performance Marketing. Si tratta quindi, in questo caso, di progetti di marketing cosiddetti “data-driven”, in cui dati e contenuti possono cambiare mantenendo inalterata la strategia iniziale.

Vediamo dunque insieme queste metriche fondamentali.

  • Tasso di click e/o di apertura: nel Performance Marketing, si tratta di un valore essenziale per definire i risultati di una specifica CTA nell’ambito di una campagna. Il tracking delle azioni dell’utente offrirà ai marketer una panoramica di grande valore sull’efficacia della campagna e una serie di dati di assoluto interesse relativamente alla provenienza dei click. In funzione di questi ultimi, il progetto o i suoi canali potranno essere ricalibrati per diventare ancora più precisi e performanti. Al contempo, il click-through rate servirà anche a determinare i costi delle campagne pay per click.
  • Tasso di conversione: conosciuto anche con il termine conversion rate, questo fattore permette di misurare e definire i tassi di conversione per azioni specifiche. Esempi classici possono includere la sottoscrizione alla newsletter, l’azione di download di contenuti premium o la fornitura di dati personali per la ricezione di materiale specifico, per esempio attraverso l’email marketing. In funzione degli obiettivi della campagna di Performance Marketing, queste informazioni saranno utili a individuare se una modalità di pagamento a CPL o CPA sia più adeguata.
  • Social Media Monitoring: le piattaforme social più utilizzate offrono oggi sistemi di insight che includono una serie di metriche di particolare interesse per i marketer. Si tratta dei cosiddetti strumenti di monitoraggio, talvolta nativi, altre volte esterni alla piattaforma stessa e ospitati su software dedicati, e che permettono di individuare informazioni essenziali per ottimizzare la campagna di Performance Marketing a seconda delle caratteristiche specifiche del pubblico. Al contempo, il monitoraggio dei risultati ottenuti sui social network consente di eliminare azioni che non generano engagement o redemption e di replicare o implementare strategie che invece funzionano.
  • Tassi di visualizzazione: tipicamente questa metrica fa riferimento ai post (per esempio quelli presenti su un blog aziendale) e offre il principale vantaggio di misurare quali contenuti, tematiche o argomenti siano di effettivo interesse per il target di riferimento del progetto. Sulla base di questi risultati, la campagna di Performance Marketing potrà essere orientata a incrementare le visite o aumentare l’engagement degli utenti con specifici contenuti.

Performance Marketing: vantaggi e svantaggi

Ora che abbiamo chiarito cos’è e come si misura il Performance Marketing, scopriamo quali sono i principali benefit – ma anche gli svantaggi – che caratterizzano questa metodica.

Il principale vantaggio del Performance Marketing è rappresentato dalla possibilità, per i marketer, di calcolare al millimetro il ROI di un determinato progetto, ossia il ritorno dell’investimento in termini di guadagno generato da specifiche azioni di marketing. Come è facile intuire, l’obiettivo ultimo del progetto sarà sempre quello di incrementare questo fattore.

La possibilità di pagare essenzialmente soltanto per i risultati ottenuti permette, nel Performance Marketing, di ridurre in modo considerevole altri tipi di investimento. Tuttavia, è bene tenere sempre presente che ridurre non significa annullare del tutto: vi saranno infatti modifiche da effettuare in corsa e che non saranno legate alla monetizzazione immediata, oppure modifiche sinergiche che interesseranno una serie di strumenti di marketing per fare in modo che uno di essi in particolare performi meglio. Potremmo definire queste come fasi intermedie, che andranno sempre considerate come vitali al successo di un progetto di Performance Marketing.

D’altro canto, la possibilità di tenere traccia di un’infinità di metriche e statistiche essenziali a valutare l’andamento in real time di una campagna è un plus di grande valore, perché permette di adattare la proposta del marketing mix al comportamento reale degli utenti di riferimento.

Se dovessimo invece parlare degli svantaggi tipici del Performance Marketing, il primo e più importante sarebbe chiaramente quello dell’altissima competitività. La concorrenza con competitor che attuano strategie simili è un elemento da tenere sempre in considerazione già nelle fasi preliminari di definizione delle campagne.

A questo “nodo” cruciale andrà poi aggiunto il limite di non avere certezza di conversione (né in termini qualitativi né quantitativi) preventiva: il successo di un progetto di Performance Marketing si definisce infatti non a priori, ma in corsa, ed è sempre il risultato di piattaforme tecnologiche evolute e performanti e dell’azione di marketer formati nelle strategie online.

Come è cambiato il comportamento degli utenti in rete: il modello flipper

Negli ultimi anni, il numero di funzionalità digitali come pannelli di conoscenza, immagini e pacchetti locali si è moltiplicato esponenzialmente, tanto da influenzare il SEO in modo piuttosto deciso. Inevitabilmente, questo tipo di comportamento della SERP va a influenzare anche l’atteggiamento degli utilizzatori.

Quando le funzionalità della pagina dei risultati dei motori di ricerca – dai caroselli di prodotti sponsorizzati ai video, fino ai rich snippet – sono presenti sulla pagina di risposta a una determinata query, il 74% degli utenti li prende in esame (studio Nielsen Norman Group). Questo avviene perché le funzionalità della SERP di nuova generazione hanno una sorta di “peso visivo” che va a influenzare lo sguardo, e dunque il click dell’utente in modo non lineare.

Questi risultati, ottenuti analizzando 471 query che coinvolgevano i partecipanti a uno studio tra il 2017 e il 2019, ha permesso di confermare la correlazione tra il tracciamento oculare, l’usabilità e il comportamento.

Le immagini in particolare risultavano accattivanti e attrattive, così come gli elementi sulla pagina che fornivano risposte rapide (pannelli di conoscenza), anche in condizioni di particolare variabilità e complessità dell’interfaccia a livello grafico. Oggi, gli utenti si adattano e rispondono proattivamente a questo tipo di variazioni, tanto da impiegare poco meno di sei secondi per fare click sulla prima selezione.

Va poi considerato un secondo studio, condotto stavolta da Yext, che ha riscontrato un incremento (17%) delle interazioni con le pagine di attività commerciali locali rispetto all’anno precedente (10%). Nella pratica, questo significa che gli utenti digitali, sempre più evoluti, individuano ora molto più rapidamente ciò che vogliono trovare, e dedicano meno tempo alla ricerca e più tempo all’interazione.

L’evoluzione dell’utente della rete e il cambiamento di fruizione delle pagine rispetto al passato – quando lo sguardo si muoveva in sequenza dall’alto verso il basso, da sinistra a destra – prende il nome di “modello flipper” (pinball pattern) e identifica proprio la capacità dell’occhio di intercettare, in modo apparentemente casuale, i punti di interesse su una pagina web – o in questo caso di risultati – che presenta tanti elementi diversi.

Secondo il rapporto di Nielsen, questo cambiamento è legato all’incoerenza delle pagine dei risultati da una query all’altra, che spinge l’utente a valutare la pagina nella sua totalità prima di effettuare la sua scelta, calibrandola laddove la sua attenzione è attirata. In termini di marketing, questo significa che non solo il tipo di informazione e il suo medium, ma anche il suo posizionamento influenzeranno la visibilità e il click di un determinato elemento.

Rispetto al 2006, quando era il primo risultato nella pagina di ricerca a essere cliccato (51% dei click), le cose sono cambiate moltissimo, se si considera che nel 2019 la stessa voce riceve solamente il 28% dei click.

Modello Flipper: migliori risultati anche per chi non è in prima posizione su Google

Nelle strategie di marketing digitale attuali, dunque, bisognerà tenere in considerazione questo nuovo trend.

Sebbene le ricerche a zero click continuino ovviamente ad esistere, ora anche gli annunci e i risultati posizionati più in basso rispetto alle prime posizioni vedono incrementate le loro possibilità di successo. Nel 2019, il 59% degli utenti analizzati ha cliccato su uno dei primi tre risultati, e le posizioni inferiori sono anch’esse risultate più fruite.

Allo stesso modo, gli utenti tendono ora a tornare sulla pagina dei risultati e procedere con lo scrolldown se la prima selezione non ha risolto la loro query. Continuano a risultare invece penalizzati i risultati che si collocano dopo lo scroll, nella cosiddetta area “below the fold”, a meno che il risultato cercato non sia a una query complessa: in tal caso, la percentuale di click di queste risposte si attesta sul 20%.

Che significa? Che contenuti approfonditi, di qualità, ben elaborati, e verticali, possono ancora attirare click anche se si trovano più in basso nella SERP, tenendo comunque conto che solo nel 2% dei casi gli utenti tendono ad avventurarsi nella seconda pagina

Come rilanciare un negozio di arredamento

Il tuo negozio di arredamento ha attraversato, tra tanti scossoni, la crisi economica e il cambiamento profondo dei comportamenti d’acquisto dei clienti che hanno travolto il mercato negli ultimi dieci anni. È ancora in piedi e tu continui a essere un imprenditore di successo. Perché? Perché sai rinnovarti, sia negli ambienti di lavoro che nella filosofia, e soprattutto nella mentalità imprenditoriale.

Ecco perché sei qui: per scoprire qualche strategia per rilanciare il tuo negozio di arredamento e renderlo ancora più appetibile ai clienti potenziali, oltre che fidelizzante per quelli già acquisiti.

Rilanciare il tuo negozio di arredamento è un’operazione complessa, multisfaccettata, capace di protrarsi a lungo nel tempo per raggiungere i risultati sperati, ma che sostanzialmente si racchiude in un semplice e unico termine: marketing.

Il nuovo millennio prevede e richiede che gli imprenditori modifichino il loro modus operandi così da trarre il massimo dalle nuove tendenze, tecnologie e decisioni d’acquisto dei clienti che – ricordiamolo! – non sono più quelli di un tempo. Culturalmente più evoluti, colpiti da una miriade di informazioni che recepiscono in ogni istante attraverso internet, spesso sanno cosa stanno cercando prima ancora di varcare la soglia del tuo showroom. E tu, lo sai?

Fino a qualche tempo fa, per un titolare di un negozio di arredamento era sufficiente esporre i suoi bei prodotti in vetrina e accogliere i clienti quando questi, in autonomia, andavano a trovarlo. Il negoziante era pronto a consigliare, indirizzare, vendere e il cliente era disposto ad ascoltare, farsi guidare e acquistare. Si tratta di una semplificazione di massima, certo, ma è difficile sostenere che non fosse così prima della rivoluzione digitale che ha modificato prezzi, qualità, quantità delle offerte e, di conseguenza, modalità di acquisto del pubblico.

Se dovessimo riassumere oggi la filosofia degli acquisti e delle vendite, settore dell’interior design compreso, potremmo parlare genericamente di “guerra dei prezzi”. E si tratta spesso di una guerra che non ha vincitori, perlomeno tra gli imprenditori del settore dell’arredamento come te.

La guerra dei prezzi inizia nella mente del cliente

Il principio dal quale partire per rilanciare il tuo negozio di arredamento secondo le logiche più recenti è questo: ricorda che la guerra dei prezzi ha luogo, prima di tutto, nella mente del tuo cliente potenziale. Cambiando la percezione del prezzo e della qualità di un prodotto, nella mente del cliente si modifica anche la disposizione all’acquisto e, dunque, la sua scelta.

Dal momento che esisterà sempre qualcuno che saprà proporre prezzi più bassi dei tuoi, non è questo il terreno sul quale vale la pena combattere. Proprio perché il commercio è una battaglia fatta di sensazioni e percezioni, il rilancio del tuo showroom di arredamento dovrà seguire la strategia più ovvia: quella di posizionarsi nella mente del tuo cliente acquisito e/o potenziale come qualcosa di inimitabile, unico, indispensabile e davvero capace di soddisfare i suoi bisogni, le sue esigenze, le sue passioni.

Rilancia il tuo negozio di arredamento: diventa la risposta alla necessità del tuo cliente

Individuare i clienti, portarli da te utilizzando sia i mezzi classici del marketing tradizionale che – e lo consigliamo! – quelli del digital marketing, legati ai new media, ormai presenza fissa nella vita di tutti noi, è il tuo obiettivo finale. Convincerli ad acquistare è lo scopo assoluto della tua professione.

Come farai?

Individuando cosa ti rende unico, speciale e diverso dai tuoi concorrenti. Trova il tuo cavallo di battaglia, ossia quelle qualità, caratteristiche e peculiarità che i clienti potranno subito riconoscere come tue e di nessun altro. Questo ti renderà non solo unico, ma anche primo nella mente del tuo potenziale cliente.

Dal momento che, come già detto, si combatte oggi una battaglia di prezzi, dai valore aggiunto a ciò che vendi. Fai in modo che la ragione per cui i tuoi clienti scelgono te, e non i tuoi concorrenti, non sia il prezzo ma il valore di ciò che dai loro.

Facciamo un esempio pratico: quante creme al cioccolato spalmabili esistono in commercio? Tantissime, giusto? Eppure una, e una soltanto, si chiama Nutella.

Michele Ferrero raccontava: “Ecco cosa significa fare diverso da tutti gli altri. Tutti facevano il cioccolato solido e io l’ho fatto cremoso ed è nata la Nutella; tutti facevano le scatole di cioccolatini e noi cominciammo a venderli uno per uno, ma incartati da festa; tutti pensavano che noi italiani non potessimo pensare di andare in Germania a vendere cioccolato e oggi quello è il nostro primo mercato; tutti facevano l’uovo per Pasqua e io ho pensato che si potesse fare l’ovetto piccolo ma tutti i giorni; tutti volevano il cioccolato scuro e io ho detto che c’era più latte e meno cacao; tutti pensavano che il tè potesse essere solo quello con la bustina e caldo e io l’ho fatto freddo e senza bustina.”

Torniamo quindi alla domanda-chiave che starà alla base del rilancio del tuo showroom di mobili: cosa ti rende unico?

Individua la tua specializzazione, magari puntando su una categoria di prodotti che ti distingue dai tuoi concorrenti: non importa se questa è più ristretta perché oggi il generalismo commerciale è appannaggio soprattutto dei colossi online. Il tuo obiettivo dovrebbe essere quindi quello di soddisfare non tutti, ma un target preciso, specifico, alla ricerca di qualcosa di ben determinato. In questo contesto, la tua offerta sarà percepita positivamente, come una competenza, come un valore. E questo avrà la meglio sul prezzo.

Vuoi qualche altro esempio pratico?

Italian CupCake si è posizionata sul mercato non come semplice pasticceria, ma come pasticceria specializzata in cupcake, e questa peculiarità ha creato il suo vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti.

Crespi Bonsai si è posizionato sul mercato non come semplice negozio di fiori e piante, ma come negozio specializzato nella cura e nella coltivazione dei bonsai, e questo ha soddisfatto una passione nei suoi clienti.

Universo Vegano si è posizionato sul mercato non come semplice punto vendita di fast food, ma come esercizio di ristorazione specializzato nella proposta esclusiva di fast food vegano, una scelta che ha colpito l’etica dei suoi consumatori.

Sono tre esempi che ti aiutano a comprendere come queste attività commerciale abbiano individuato il loro cavallo di battaglia e come questo abbia trovato immediatamente il suo posto nella mente del cliente, condizionandone la percezione e mettendo in secondo piano l’aspetto – pur importante – del prezzo.

Per quanto riguarda il tuo showroom, quali sono le considerazioni che potresti fare? La prima e più importante è quella di individuare una specializzazione che non sia necessariamente orientata al prodotto, quanto al target che vuoi colpire e alle sue necessità e passioni.

Questo tipo di approccio ti permetterà non soltanto di gestire un negozio di arredamento al passo con i tempi, e anche di soddisfare non solo i bisogni, ma soprattutto le passioni dei tuoi clienti. E loro verranno da te perché sei unico.

Brand positioning: cos’è e perché è utile

Il termine brand positioning è piuttosto noto nell’ambito del marketing strategico. Ma cosa significa esattamente e qual è l’utilità di questo genere di attività?

Essenzialmente, possiamo tradurre “brand positioning” come “posizionamento di un marchio sul mercato”, o più semplicemente posizionamento di brand. Non si tratta di una strategia di marketing nuova, tutt’altro, specialmente se si considera che tra gli esempi più noti di brand positioning figurano tanti progetti messi a punto dal celebre David Ogilvy.

In ogni caso, alla base di questo tipo di approccio vi è sempre la conoscenza approfondita e capillare del proprio mercato di riferimento, della propria platea di utenti e dei propri competitor: sono questi i pezzi sulla scacchiera con i quali giocare, prima di mettere a punto un progetto di posizionamento di brand.

L’utilità del brand positioning è ben evidenziata, tra gli altri, da Kotler – considerato vero e proprio guru del marketing – che, attraverso l’esposizione dei punti cardine di questa metodologia, è in grado di esaltarne i benefici intrinseci.

Il brand positioning apporta, in pratica, i seguenti vantaggi:

  • Offre all’azienda o al marchio l’opportunità di differenziarsi rispetto ai propri competitor
  • Garantisce una risposta precisa a uno specifico bisogno degli utenti
  • Permette una coerenza nella comunicazione di brand in modo trasversale e su diversi canali di posizionamento
  • Incrementa la possibilità di persistenza nella mente del potenziale utilizzatore, cliente, consumatore
  • Genera fedeltà al brand

Un forte posizionamento della marca sul mercato può dunque rappresentare l’elemento indispensabile sul quale costruire il resto della comunicazione aziendale, a prescindere dalla piattaforma, sia essa online oppure offline.

Brand positioning: esempi

Quando si fanno esempi di brand positioning, generalmente ci si trova a menzionare le campagne pubblicitarie celebri che hanno reso grandi marchi famosi in tutto il mondo:

  • Red Bull: è diventato non a caso l’energy drink per eccellenza, tanto da essere riconoscibile nel nome, nel packaging e nello slogan (“Ti mette le ali”). L’intera strategia di brand positioning è fondata sul cartone animato, sull’adrenalina, sull’ironia, sulla capacità di soddisfare un bisogno e di comunicare questa abilità.
  • Tesla: è un esempio molto recente. Il brand positioning, in questo caso, risiede non soltanto nel core business – quello delle auto elettriche – ma anche nell’imprinting di brand superlativo e ineguagliabile per design e tecnologia. Quasi futurista nell’approccio, il marchio Tesla è ora immediatamente riconoscibile nella mente del consumatore e rappresenta uno dei più interessanti esempi di posizionamento di brand.
  • Coca-Cola: è forse l’esempio di brand positioning per antonomasia, grazie a una strategia di marketing sinergico che ha saputo adeguarsi ai cambiamenti sociali e ai trend del momento senza, tuttavia, mai defluire eccessivamente dall’identità, fortissima, del marchio. Il colore, il font, la tipologia di advertisment e di script di Coca-Cola sono oggi riconoscibili anche per il più profano degli utenti, prima ancora che il nome del marchio compaia sullo schermo o sulla pagina.

Il brand positioning in Italia

Così come all’estero, anche il brand positioning in Italia si è basato, nei suoi casi di maggiore successo, sulla cosiddetta strategia dell’oceano blu – che opera in netta contrapposizione con la strategia “dell’oceano rosso”.

Se la strategia oceano rosso prevede infatti la competizione su un mercato preesistente e il conflitto diretto coi concorrenti, lo sfruttamento di un bisogno già esistente nel pubblico e l’abbattimento dei prezzi, la strategia dell’oceano blu si basa su principi diametralmente opposti:

  • Creare una nicchia di mercato completamente nuova
  • Rendere irrilevante la competizione
  • Creare un bisogno inedito nell’utente e soddisfarlo
  • Rompere il circolo vizioso del prezzo più basso
  • Allineare il sistema all’attività del brand, e non il contrario

Molte grandi imprese italiane sono riuscite a mettere in pratica questi principi dando vita a progetti di brand positioning di grande successo. Si pensi a Barilla, Fiat, Ferrari, e ai tantissimi marchi italiani celebri in tutto il mondo – ad esempio nell’ambito della moda o del design.

Tuttavia, una strategia che include un brand positioning di qualità può essere applicata anche alle piccole e medie imprese caratterizzate dall’unicità della loro proposta.

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LinkedIn: come utilizzarlo per attrarre i tuoi clienti

È possibile sfruttare LinkedIn per trovare nuovi potenziali clienti? Nel concreto come si può ampliare il giro di affari con l’ausilio di questo social network?

LinkedIn è uno dei social network più utilizzati negli ultimi anni. In Italia conta oltre 13 milioni di iscritti, mentre a livello globale si parla ben di più di 400 milioni. È un network tematico e verticale incentrato sull’aspetto professionale e lavorativo.

Se guardiamo ai numeri ormai quasi ognuno possiede un profilo su questa piattaforma; che sia per affermare la propria posizione lavorativa, per ricercare nuove opportunità professionali, per farsi conoscere o sfruttato come ulteriore vetrina per il proprio brand, LinkedIn ha assunto ormai un ruolo estremamente importante per chi popola il mondo del web. Ecco che quindi ci si trova dinnanzi a un canale con un numero di potenziali clienti davvero esponenziale. Perché non sfruttarlo?

Per fare ciò è però indispensabile un lavoro efficace, una sinergia perfetta tra il reparto sales e quello marketing, al fine di mettere in atto una vera e propria strategia volta ad attirare nella propria rete un numero sempre maggiore di lead, ovvero di persone potenzialmente interessate a ciò che vendi, riuscendo poi a conquistarne la fiducia fino a convincerli che tu puoi offrire loro quello di cui hanno bisogno.

Il primo passo per avere successo su LinkedIn: ottimizza il tuo profilo e la pagina aziendale

Senza ombra di dubbio prima di iniziare un approccio finalizzato ad aumentare il numero di follower del tuo account, dovrai ottimizzarlo, ovvero renderlo il più completo possibile.

Basta seguire 10 semplici regole:

  1. Scegli un tag line, ovvero una breve introduzione, che catturi l’attenzione e che rappresenti la tua professione
  2. Segnala l’ambito in cui operi. Quando cercheranno professionisti nel tuo settore, il tuo profilo apparirà
  3. Nel riepilogo, utilizza keyword legate al tuo ambito di attività, così avrai più possibilità di essere trovato
  4. Inserisci in modo completo la tua formazione
  5. Pubblica articoli interessanti con regolarità per aumentare la tua visibilità
  6. Aggiungi contenuti multimediali o progetti che hai effettuato
  7. Elenca gli obiettivi professionali che hai raggiunto
  8. Aggiungi le competenze e ordinale per importanza
  9. Entra nei gruppi del tuo settore e partecipa alle discussioni
  10. Non dimenticare di aggiungere una bella foto recente, che trasmetta professionalità e affidabilità.
  11. A questo punto crea una rete di contatti con i quali hai avuto modo di confrontarti nel corso della tua carriera, coinvolgili in maniera tale da portarli a lasciare un commento che confermi le tue skills, andando pertanto a confermare quello che è il tuo valore; al contempo tu stesso conferma le competenze di chi ti sta accanto, in maniera tale da invogliarlo, a sua volta, a fare la stessa cosa con te.

Se già non l’hai creata, in collaborazione con il dipartimento marketing della tua azienda, apri una pagina aziendale collegata al tuo profilo. Questa dovrà risultare impeccabile in quanto chi visiterà il tuo profilo inevitabilmente andrà a consultarla per comprendere meglio ciò di cui ti occupi. Pertanto sarà indispensabile:

  • Scegliere un’immagine di alta qualità e d’impatto per la copertina
  • Sfruttare il logo aziendale utilizzandolo come foto per il profilo
  • Scegliere un tag line accattivante
    • Inserire tutti i dati legati ai possibili strumenti di contatto, dal numero di telefono alla mail, con call-to-action per invitare ulteriormente chi visita la pagina a scriverti o chiamarti
    • Inserire l’indirizzo fisico e la pagina internet dell’azienda
  • Elencare dettagliatamente quello di cui si occupa l’azienda, i prodotti e i servizi che può offrire, non dimenticare di inserire le parole chiave che identificano al meglio ciò che fai
  • Invitare chi lavori per te a completare il proprio profilo personale e a connettersi con la pagina dell’azienda.

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Crea contenuti interessanti per quello che potrebbe essere il tuo target

A questo punto non ti resta che individuare una serie di argomenti interessanti che potrebbero essere utili ai tuoi potenziali clienti, andando poi a redigere un piano editoriale mirato. Dalle ricerche di settore ai trend del momento, da eventuali novità aziendali a informazioni inerenti al tuo staff. L’obiettivo è e rimane sempre e solo uno: coinvolgere gli utenti.

Per fare questo puoi anche iniziare a sfruttare uno strumento da poco messo a disposizione da parte di LinkedIn, ovvero LinkedIn Pulse. Si tratta di una vera e propria piattaforma che consente di realizzare contenuti testuali, andando a creare una sorta di blog interno. Pulse offre la possibilità di redigere testi che prevedano l’inserimento di titoli, sottotitoli, immagini e testi. L’ideale sarebbe strutturarli in ottica SEO, ovvero sfruttando le keyword del tuo settore. In quest’ottica quindi, pensa a tutte quelle informazioni che potrebbero essere in grado di catturare l’attenzione del potenziale cliente, così come le domande che lo stesso potrebbe porti in relazione all’argomento trattato.

Tutti questi dettagli faranno indubbiamente la differenza, portando alla condivisione di quanto pubblicato, elemento che farà crescere anche la fiducia verso ciò che fai. Inoltre potresti creare messaggi diretti o affidarti a gruppi per la condivisione degli stessi, informando l’utente in real time quando esce un nuovo articolo.

Avvia tu stesso la ricerca di persone a cui potenzialmente potresti interessare

LinkedIn ha una caratteristica davvero unica, ovvero consente di effettuare ricerche estremamente mirate. Permette infatti di ricercare contatti direttamente inserendo la società che ci interessa, ma anche su base geografica e per qualifica professionale. Allo stesso tempo iscriviti tu stesso a gruppi nei quali potresti incontrare utenti interessati ai tuoi servizi e prodotti, ma soprattutto cerca di farti conoscere.

Aggiungili quindi alla tua rete in maniera tale che possano vedere il tuo profilo aziendale e i tuoi contenuti e, nel momento in cui noti interesse da parte di alcuni di loro, potresti pensare di creare tu stesso un gruppo nel quale inserirli per condividere in maniera diretta esperienze e informazioni, rispondere a quesiti e interrogarli per comprendere quali sono i touchpoints di loro interesse.

Sebbene molti ignorino questo aspetto, LinkedIn rappresenta forse più di ogni altro un social network indirizzato alla conoscenza professionale, soprattutto nell’ambito del B2B, dove le aziende sono alla costante ricerca di potenziali clienti e fornitori.

Tieni presente inoltre che gli stessi venditori della tua società potrebbero essere coinvolti in questa strategia andando a loro volta ad aggiungere al loro profilo eventuali clienti coi quali hanno avuto contatti, portandoli inevitabilmente a visitarne sia il profilo privato che quello aziendale, entrando ulteriormente in contatto con quanto condiviso.

In conclusione LinkedIn può essere considerato la vera e propria nuova frontiera per una strategia di lead generation, un social in continua evoluzione, come lo dimostra la stessa introduzione di Pulse pensata appositamente per creare dei veri e propri microblog al suo interno. Per questa ragione è bene pensare di potenziare questo strumento, investire nella realizzazione di strategie e contenuti accattivanti in quanto presto LinkedIn potrebbe realmente divenire lo strumento di marketing più potente per attirare i clienti nella tua rete.

WEBINAR: LA STRATEGIA EFFICACE PER STRUTTURARLI AL MEGLIO

Conoscere i webinar, saperli strutturare e organizzare nel migliore dei modi, nonché inserirli all’interno di una strategia marketing potrebbe divenire fonte di nuovi contatti per differenti realtà impegnate in molteplici settori. Dal libero professionista all’azienda dall’esperienza pluriennale, tutti possono utilizzarli, l’importante però è conoscere le strategie per strutturarli correttamente e senza improvvisazioni sul momento.

Andando con ordine cerchiamo di definire i webinar. Questo termine, frutto della fusione tra i sostantivi web e seminar, identifica dei veri e propri seminari fruibili online e pubblici, dove più persone, attraverso una connessione internet, possono prenderne parte da remoto, interagendo tra loro, in merito a uno specifico argomento. Chi organizza un evento di questa tipologia potrà mostrare slide e filmati, condividere il proprio desktop con i partecipanti, confrontarsi in forma scritta, attraverso chat, o a voce.

Cosa serve per organizzare e partecipare a un webinar? Una connessione internet, un’apposita piattaforma e il relativo software o plugin per la realizzazione o la partecipazione a un seminario virtuale. Infine, per prendere parte a un evento di questa tipologia, è solitamente richiesta un’iscrizione mediante la compilazione di un form.

Fatto ciò, chi desidera organizzare un webinar, non dovrà far altro che stabilire data e ora dell’evento, scegliere la tematica trattata e poi organizzare al meglio i materiali, gli argomenti da prendere in esame, nonché l’eventuale presenza di uno o più relatori.

 

Quali sono i vantaggi dei webinar?

Chi non ama la tecnologia e predilige il contatto umano, può trovare nei webinar un compromesso tra i due mondi. Qui infatti non si andrà a interagire con una macchina, bensì con persone vere, in carne e ossa, con tutta la comodità di non dover uscire di casa per partecipare a questa tipologia di seminario. Questo però non è il solo vantaggio che rende i webinar tanto apprezzati, ve ne sono altri che qui di seguito andremo a elencare.

  • I webinar rendono la comunicazione one-to-one, ovvero, nonostante gestiti da remoto e potenzialmente accessibili a diverse decine di persone, le stesse potranno interagire attraverso chat e messaggi. La possibilità di avere una visione realistica del promotore del seminario online, nonché la sua propensione a rispondere in maniera diretta alle domande, contribuirà ad aumentare la credibilità e la fiducia nei propri confronti.
  • Non esistono strumenti di content marketing capaci di monopolizzare l’attenzione degli utenti per così tanto tempo, in quanto la durata media dei webinar si aggira spesso attorno ai 30 o 60 minuti.
  • Si possono trasmettere eventi pre-registrati, nel caso in cui i webinar non prevedano una sessione di domande in real-time, oppure se il relatore non ama parlare live. Trattandosi poi di contenuti anche piuttosto lunghi (si parla di un minimo di 30 o 60 minuti solitamente), potrebbero prevedere una parte di spiegazione da parte del relatore stesso e preregistrata, con una seguente sessione live per rispondere a domande inviate di volta in volta nel corso della prima parte del webinar.
  • Il pubblico può interagire in differenti modi all’interno di un webinar, andando per esempio a commentare e porre domande al relatore, oppure confrontandosi con altri partecipanti.
  • È un importante strumento per analizzare il comportamento degli utenti che scelgono di seguire il webinar, infatti vengono forniti in real time dati inerenti al numero di partecipanti, la durata della loro connessione e l’engagement.
  • I materiali condivisi nel corso di un webinar potranno essere poi inviati ai partecipanti tramite mail, rendendo fruibili tali informazioni anche a lungo termine.
  • La partecipazione a un seminario online per gli utenti rappresenta un risparmio economico, in termini di soggiorni, trasporti e collegamenti. Medesima condizione per chi organizza il webinar, infatti non dovrà preoccuparsi di prenotare una sala delle giuste dimensioni, fornire un numero massimo di partecipanti, organizzare eventuali break e pause, nonché uno spostamento di risorse dall’azienda al luogo prescelto per l’evento.
  • Chi partecipa a un webinar solitamente ha un reale interesse verso un dato argomento, pertanto contribuirà a raccogliere i contatti e potenziali lead di valore che potranno essere ricontattati in seguito durante campagne di marketing mirato.

In quali settori sfruttare le potenzialità di un webinar?

Non esistono limiti in tal senso, ovvero i seminari online vanno oggi a toccare argomenti di qualsiasi natura. È anche vero però che esistono alcuni ambiti nei quali è stato evidenziato, questi strumenti raccolgano particolari consensi, trovando nella loro struttura e organizzazione un certo apprezzamento da parte degli utenti che popolano il web.

Probabilmente i webinar più noti sono quelli legati a corsi di formazione online, non mancano però conferenze stampa, presentazione di nuovi prodotti e servizi, meeting, colloqui e interviste che prevedono l’intervento di più partecipanti.

In ultimo i webinar rappresentano un validissimo strumento di lead generation, infatti organizzarli andrà inevitabilmente ad attirare un pubblico realmente interessato a un dato prodotto o articolo, pertanto si andranno a raccogliere una serie di contatti di elevato valore che, se ben “nutriti”, potrebbero concludere il loro customer journey con un acquisto.

 

Strutturare un webinar, organizzarsi in anticipo la vera arma vincente

Parola d’ordine: organizzazione!

Ebbene sì, come in ogni cosa, anche i webinar devono essere organizzati in ogni minimo dettaglio perché gli stessi risultino efficaci e realmente utili. Pertanto, nonostante possano prevedere interventi live, l’improvvisazione non è apprezzata in questo senso, anche perché potrebbe portare con sé spiacevoli inconvenienti, in primis il danneggiamento della propria immagine.

Per questa ragione è buona pratica scegliere l’argomento da trattare e i punti da toccare dello stesso, individuando eventuali relatori che sappiano fornire le debite informazioni in maniera chiara e fluente. Il team che verrà coinvolto dovrà essere in grado di creare contenuti unici, pensare al materiale da condividere al termine dell’evento senza mai perdere di vista gli obiettivi delle persone che parteciperanno. Questi ultimi infatti, se analizzati sotto ogni punto di vista, saranno la base da cui partire per la realizzazione dei contenuti da proporre nel corso del seminario online.

Nell’eseguire tutti questi step non perdere di vista il ROI aziendale, ovvero il ritorno sull’investimento. È vero che il webinar potrebbe essere pensato in ottica di posizionamento, ma un certo ritorno dovrà esserci, partendo per esempio dalla creazione di un database al quale poi sottoporre la registrazione a corsi a pagamento, oppure l’invio di materiale.

In ultimo la piattaforma da impiegare per il webinar, in funzione degli obiettivi e della tipologia di evento organizzato. La stessa infatti dovrà essere in grado di permettere la condivisione del materiale creato e fruibile sia da chi organizza l’evento che per coloro che vi parteciperanno.

Lead Generation: dalla definizione ai benefici per le aziende

La Lead Generation è uno strumento di marketing evoluto che, se declinato con le corrette modalità, può contribuire in modo sensibile al successo di un’impresa. In termini più diretti, un percorso di Lead Generation ben realizzato permette di generare potenziali clienti per la tua azienda.

In questa breve guida ci proponiamo di spiegarti cos’è esattamente la Lead Generationcosa comporta e quali benefici può apportare al tuo progetto di marketing.

Cos’è la Lead Generation

Possiamo definire la Lead Generation come l’insieme delle attività di marketing che hanno l’obiettivo di generare contatti che, per loro natura e caratteristiche, potranno poi essere trasformati in clienti attivi di un’impresa grazie a specifiche azioni commerciali. In pratica, la Lead Generation genera potenziali clienti che potranno diventare reali e fidelizzati in una fase successiva, ossia quella di vendita.

Nell’ambito delle strategie di digital marketing evoluto, sia destinate alle PMI che alle grandi aziende, la Lead Generation è ormai una componente fondamentale e si realizza attraverso il corretto marketing mix di strumenti web e social media: dall’email marketing alle landing page, dal social media management al content marketing, sono moltissime le azioni che possono operare in sinergia per produrre contatti qualificati per le aziende. Ciò che è importante, è riuscire a trovare la “ricetta” giusta per ogni progetto.

In buona sostanza, la Lead Generation altro non è che quel processo di marketing composto da iniziative che mirano a individuare, attrarre e raccogliere utenti sensibili che sono interessati ai tuoi servizi o prodotti. Questi utenti lasceranno spontaneamente i loro dati per ricevere maggiori informazioni o essere ricontattati e approfondire la conoscenza di ciò che hai da offrire: diventeranno dunque prospect. È a questo punto, quando saranno suscettibili ad azioni commerciali, che si trasformeranno in lead. Infine, una volta effettuati uno o più acquisti, saranno clienti identificabili o, se particolarmente soddisfatti, persino promotori del tuo brand.

che cos'è la lead generation.

Le tecniche più utilizzate nella Lead Generation

Come abbiamo accennato, una Lead Generation di successo si basa su un corretto marketing mix – ossia un insieme di risorse e strumenti – che viene calibrato a seconda del progetto e del cliente. Questo significa che, virtualmente, ogni progetto di Lead Generation è unico e diverso da tutti gli altri.

Gli strumenti e le tecniche che possono contribuire a generare lead per la tua azienda sono numerosi e molto variabili, ma tra i principali figurano sicuramente:

  • Content Marketing: comporta la creazione di contenuti di valore che evidenziano, esplorano o addirittura risolvono specifiche problematiche dell’utente generando, al contempo, un innalzamento del valore del brand (Brand Reputation) e la sua conoscenza/diffusione (Brand Awareness). In particolare, il Content Marketing viene declinato sui blog aziendali che, diversamente dall’eccessiva autoreferenzialità del passato, sono ora eccezionali strumenti di comunicazione biunivoca con l’utente, perché individuano e comprendono la sua necessità e ricerca e forniscono risposte. Secondo Hubsppot, i blog aziendali offrono ai siti web oltre il 400% in più di pagine indicizzate sui motori di ricerca.
  • Form di contatto: sia che si trovino all’interno di pagine del sito web che si landing page, i form di contatto possono essere un eccezionale veicolo di generazione lead, specialmente quando ben realizzati dal punto di vista grafico e testuale. Va da sé che l’utente tenderà a compilare un form soltanto se gli fornirai un contenuto di valore, e dunque gli offrirai un vantaggio o una risorsa reale che lo porterà a volerti conoscere meglio.
  • Email Marketing: contrariamente al credere comune, questo strumento di marketing sta vivendo una sorta di seconda giovinezza grazie a sistemi di automation più evoluti che generano flussi di lavoro efficienti e performanti. Rispetto al passato, quando la newsletter veniva inviata in modo generico e poco targettizzato, l’Email Marketing attuale è calibrato, attento, mai fastidioso, e soprattutto tarato sulle esigenze esatte dell’utenza che colpisce.
  • Contenuti Premium: tutorial, approfondimenti, contenuti scaricabili come white paper o ebook, webinar, podcast sono soltanto alcuni dei tanti contenuti premium che è oggi possibile erogare agli utenti come “ricompensa” per determinate azione (ad esempio l’iscrizione a una newsletter). Tali contenuti dovranno naturalmente essere realmente interessanti, ben realizzati, e in grado di apportare un valore concreto. Saranno inoltre erogati in modo molto puntuale e specifico con il supporto di adeguati strumenti di Marketing Automation.
  • SEO: l’ottimizzazione per i motori di ricerca non passa mai di moda ma, rispetto al passato in cui veniva percepita quasi come la panacea per tutti i mali, opera oggi in sinergia con tanti altri strumenti per garantire un incremento di lead alle aziende. Fare SEO, lo ricordiamo, significa operare in front-end e back-end sul sito web per fare in modo che motori di ricerca come Google lo riconoscano e posizionino per specifiche chiavi di ricerca, da proporre agli utenti che interrogano il motore secondo determinate query.
  • Social Media: tanti e molto diversi tra loro, andranno definiti e calibrati sulle caratteristiche ed esigenze di ogni utenza. Il progetto potrà includere attività di Management, con stesura di piani editoriali e conversation calendar, interazione con gli utenti e dirette video o azioni in real time, ma anche attività di Advertising sulle piattaforme native.

Tra gli altri ingredienti che possono rientrare nel marketing mix per un progetto di Lead Generation figurano anche pop-up, landing page specifiche, chatbox, opt-in e aree riservate nel sito, contest e concorsi, campagne AdWords.

Quali sono i vantaggi della Lead Generation?

Quali sono infine i vantaggi che la Lead Generation può offrire alle aziende, e in particolare alle PMI o addirittura alle microimprese?

Ecco i principali:

  • Risultati migliori rispetto alle campagne di marketing tradizionale
  • Selezione più accurata dei contatti iniziali (ossia generazione di lead di qualità, intesi come realmente interessati al tuo prodotto o servizio)
  • Monitoraggio dei costi delle singole attività di marketing
  • Misurabilità dei risultati grazie a sistemi di monitoring evoluti
  • Controllo più accurato dello stato dei lead (freddo, tiepido, caldo)
  • Incremento di Brand Awareness e Brand Reputation
  • Incremento delle comunicazioni virtuose con i clienti potenziali e acquisiti
  • Aumento della fidelizzazione dei consumatori e del word of mouth
  • Ottimizzazione delle azioni di marketing e, di conseguenza, dell’investimento
  • Aumento del fatturato