La pubblicità su Spotify, la rivoluzione nel mondo delle ads

Sei sempre alla ricerca di nuove modalità di promozione del tuo brand online? Credi che l’audio digitale sia la nuova frontiera dell’advertising?

Allora devi dare uno sguardo a Spotify Advertising, la piattaforma che consente di pubblicare annunci sponsorizzati su Spotify, disponibile anche in Italia da marzo 2021.

Che cos’è Spotify Advertising?

Che cos’è Spotify Advertising?

Partiamo dalla base. Spotify Advertising consente di realizzare campagne pubblicitarie e pubblicare annunci audio e video sulla piattaforma di streaming musicale. Come? Attraverso Spotify Ad Studio, la modalità self-service di pubblicazione degli annunci.

Se già conosci Facebook Ads oppure le campagne su LinkedIN, avrai già familiarità con questa modalità: apri il pannello di gestione inserzioni, crei una campagna, selezioni il target, imposti il budget, scegli il formato e pubblichi.

Quali sono invece le principali differenze di Spotify Advertsing rispetto alle altre piattaforme di pubblicità online? Innanzitutto Spotify offre la possibilità di raggiungere un numero sempre più ampio di utenti che ascoltano musica online, con una modalità di targeting innovativa.

Grazie agli annunci su Spotify infatti, puoi comunicare alla tua audience durante l’ascolto di determinate playlist, in base alle quali, è possibile determinare l’attività che stanno svolgendo in quel preciso momento.

Prova a pensare agli utenti che ascoltano musica rilassante per concentrarsi e studiare meglio oppure quelli che l’ascoltano le raccolte di brani create per l’allenamento in palestra: sono tutti target potenziali raggiungibili su Spotify.

Inoltre è possibile intercettare gli utenti che hanno determinati interessi in base agli argomenti dei podcast ascoltati di recente, ad esempio economia, affari, cucina, scienze e medicina ecc…

Digital audio: un trend costante crescita

Lo streaming musicale e la fruizione di contenuti audio, in particolare dallo smartphone, sono diventate abitudini di consumo ormai molto diffusi nella popolazione, soprattutto fra il pubblico Millennial e quello della Generazione Z, due target molto interessanti per i brand alla ricerca di strategia di differenziazione.

Negli ultimi anni infatti l’audio digitale ha avuto una crescita costante nell’ambito della comunicazione online: i podcast sono un’abitudine consolidata e lo streaming musicale, capitanato proprio da Spotify, ha ormai superato l’ascolto della radio.

Ma non solo musica e podcast, il trend è confermato anche nel mondo dei social network con l’esplosione nel 2020 del fenomeno Clubhouse e l’effetto traino su piattaforme social più mature come Twitter e Facebook che stanno implementando funzionalità audio.

Quanti utenti usano Spotify?

Quanti utenti usano Spotify?

Vediamo più nel dettaglio i numeri di Spotify. Oggi Spotify è la piattaforma di streaming musicale leader di mercato, utilizzata da 199 milioni di utenti free in tutto il mondo (fonte: Q4 ’20 Earnings Report ) e ca 155 milioni di utenti paganti.

In Italia, gli utenti di Spotify sono 10 milioni e  l’ascolto di musica digitale ha di fatto superato l’ascolto della radio: 69 minuti al giorno è infatti la media di ascolto di musica digitale (in particolare da smartphone e da tablet) contro i 61 minuti di media giornaliera di ascolto della radio.

Come funziona la pubblicità su Spotify?

Per muovere i primi passi nel mondo di Spotify Advertsing, è necessario aprire un account e impostare la prima campagna pubblicitaria con un budget minimo di partenza di 250€.

Questi invece sono i formati pubblicitari disponibili:

 

Annunci Audio

Annunci in modalità audio trasmessi tra un brano e l’altro in ogni momento della giornata su mobile, tablet, desktop e web.

L’annuncio è composto da un file audio wav o mp3 massimo 30 secondi + un banner 640×640. Si può inserire il nome del brand + CTA (link al sito, app o landing page).

 

Video Takeover

Annunci video trasmessi durante una sessione di ascolto mentre l’utente naviga attivamente nel catalogo per ascoltare e scoprire musica e podcast. Sono trasmessi solo quando lo schermo è in primo piano su mobile, desktop e tablet.

L’annuncio è composto da video MOV o Mp4 massimo 30 secondi formato verticale (mobile) e orizzontale (desktop) + un banner 640×640. Si può inserire il nome del brand + CTA (link al sito, app o landing page).

 

Sponsored session e Sponsored Playlist

Il brand diventa lo sponsor di una sessione gratuita di ascolto ininterrotto di 30 minuti in cambio della visualizzazione del video. Disponibile in modalità mobile su smartphone e tablet.

Con Sponsored Playlist invece è possibile associare il nome dell’azienda alle playlist più ascoltate del momento sia con annunci audio e video.

Ci sono poi i formati display, ossia i banner simili alle altre piattaforme che appaiono nei formati Leaderboard, Overlay e in Homepage.

Servizi e strumenti creativi gratuiti con Spotify

Se non si hanno a disposizione audio e video professionali, Spotify offre un servizio di doppiaggio e di mixaggio con un brano in background, senza costi aggiuntivi.

È sufficiente indicare il testo del messaggio e l’eventuale musica di sottofondo, poi Spotify si occuperà di registrazione il copione e mixare l’audio di sottofondo.

Best practice per l’utilizzo di Spotify Ads

Fra queste ci sono la durata dell’annuncio: per un annuncio di 30 secondi sono sufficienti 55-70 parole

Consigliabile personalizzare l’annuncio, ad esempio se ci rivolgiamo ad una città specifica (esempio Ciao Roma! ecc)

Come raggiungere il pubblico su Spotify.

Come raggiungere il pubblico su Spotify

Per massimizzare l’efficacia dei messaggi su Spotify, è necessario raggiungere gli utenti con messaggi che siano rilevanti rispetto al profilo dell’utente e al contesto di ascolto.

Le principali opzioni di targeting sono:

  • Demografico: età, posizione, sesso e device utilizzato;
  • Interessi, ricavato sulla base di argomenti di playlist e podcast ascoltati di recente;
  • Contesti in tempo reale, sulla base della playlist che stanno ascoltando al momento;
  • Fan di un artista, opzione disponibile solo se si promuove un artista o un evento musicale.

Vediamoli nel dettaglio.

Targeting per posizione

Si basa sull’indirizzo IP dell’utente ed è possibile selezionare:

  • Paese
  • Citta
  • CAP codice postale

Paesi disponibili per ora: USA, Italia, Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Messico, Australia, Nuova Zelanda, Canada.

Targeting per interessi

Basato sui comportamenti di ascolto degli utenti. Si possono selezionare più categorie per ampliare il pubblico potenziale.

Ecco la lista completa:

  • Libri
  • Affari
  • Contenuti comici
  • Pendolari
  • Cucina
  • Cultura e società
  • Fai da te
  • Contenuti educativi
  • Salute & Lifestyle
  • Storia
  • Fitness
  • Gaming
  • Ascolto in auto
  • Amore e incontri
  • Notizie
  • Genitori
  • Festa
  • Podcast
  • Corsa
  • Scienza e medicina
  • Studio o concentrazione
  • Tecnologia
  • Teatro
  • Viaggi
  • TV e film

Targeting per contesto reale

Utenti attivi che stanno ascoltando musica personalizzata in base alle loro attività, ai momenti e al mood. Si basa sulle playlist create dagli utenti e da Spotify allineate a momenti e attività specifiche.

Ecco quelli disponibili:

  • Allenamento
  • Concentrazione
  • Gaming
  • Relax
  • Vacanze
  • Cena
  • Cucina
  • Party
  • Studio
  • Viaggi

 

Targeting per genere musicale

Invia messaggi subito dopo che un utente ha ascoltato un genere musicale fra i seguenti:

  • Alternative
  • Blues
  • Cristiana
  • Classica
  • Country
  • Easy Listening
  • EDM
  • Elettronica
  • Folk
  • Funk
  • Natale
  • House
  • Indie Rock
  • Jazz
  • Latina
  • Metal
  • New Age
  • Pop
  • Punk
  • Reggae
  • R&B
  • Rock
  • Colonne Sonore
  • Spoken Audio
  • Tradizionale

 

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Dark Pattern: attenzione alla coercizione digitale

Il termine “dark pattern” non è particolarmente diffuso né conosciuto, e ciò significa che molti utenti digitali rimangono ancora oggi vittima di raggiri online perché ingannati dal design di particolari app mobile o siti web.

Vediamo quindi di comprendere esattamente cosa sono i dark pattern e in che modo possono manipolare le nostre azioni e decisioni durante la navigazione online.

Traducibile in italiano come “schema oscuro”, il dark pattern può essere definito come un’interfaccia web accuratamente progettata per spingere l’utente a compiere determinate azioni, come ad esempio acquistare prodotti oppure sottoscrivere quelle che di primo acchito sembrano convenienti promozioni. Il termine è relativamente nuovo (è stato coniato soltanto nel 2010) e, a oggi, i dark pattern sono presenti sul web in quantità incalcolabile.

 

Dove si trovano i dark pattern e come sono fatti: qualche esempio

Come accennato poco sopra, i dark pattern sono interfacce digitali studiate per “convincere” o ingannare gli utenti a svolgere azioni che, in condizioni di piena trasparenza, non compierebbero. Possiamo dunque considerarli come una sorta di coercizione digitale, che peraltro sembra essere esponenzialmente aumentata dall’inizio della pandemia di COVID-19 – ossia in una fase che, per ovvie ragioni, ha portato le persone a navigare online più del solito.

Dove si trovano, tipicamente, i dark pattern? Ferma restando la loro presenza in praticamente ogni tipologia di sito web e app mobile, i casi più eclatanti riguardano di solito:

  • E-commerce e booking di viaggio: su queste piattaforme, è possibile spingere l’utente a sottoscrivere offerte di cui non è realmente sicuro comunicando un falso senso di urgenza. Messaggi quali “altre X persone stanno tenendo d’occhio questo volo/questa stanza/questo albergo” piuttosto che “questo prezzo potrebbe aumentare nel giro di qualche minuto” sono strategie comuni per ottenere questo risultato.
  • App: durante la fase di download, l’utente può essere spinto ad accettare autorizzazioni e disclaimer estremamente densi di comunicazioni confuse prima di poter accedere al prodotto che desidera.
  • Raccolta dati in fase di opt-out: può accadere che venga dato estremo risalto ad alcune scelte e pochissima prominenza ad altre. Un esempio è rendere più visibile e pre-flaggata l’opzione di iscrizione a una newsletter, piuttosto che l’autorizzazione alla ricezione di comunicazioni commerciali. In questo caso l’obiettivo è favorire, quasi forzandolo, il permission marketing.
  • Durante la sottoscrizione di servizi: attraverso grafiche e percorsi che rendono estremamente difficile la cancellazione dal servizio stesso.

 

Per quanto riguarda invece le strategie tipiche dei black pattern, le più comuni includono:

  • Richieste di carta di credito per trial gratuiti: già durante la creazione di un account, e nonostante l’utente abbia deciso di sottoscrivere il periodo di prova gratuito per un determinato prodotto o servizio digitale, viene richiesto l’inserimento dei dati dalle carta di credito. Se l’utente non ricorderà di cancellare l’iscrizione entro i termini prestabiliti (cosa che tende ad accadere con una certa frequenza) si troverà addebitata automaticamente una sottoscrizione mensile e scoprirà che sospendere il servizio non è facile come sembra.
  • Roach Motel: è una modalità di black pattern che si collega alla precedente, e che di fatto rende estremamente complicato per l’utente sospendere un servizio che non desidera più vedersi erogato. L’internauta passerà da link a link, senza mai individuare l’opzione che porta effettivamente alla cancellazione del proprio account. Di fatto, questa modalità di black pattern è orientata a sfinire e disorientare l’utente attraverso procedure di cancellazione talmente lunghe e complesse da portare una fetta dell’utenza a rinunciare, mantenendo attivo il servizio. Riassumendo, il Roach Motel è quindi un servizio online a cui è facile iscriversi ma estremamente complesso da sospendere.
  • Misleading popup: è il classico popup ingannevole a cui tutti noi ci troviamo di fronte quotidianamente quando navighiamo in rete. Tipicamente, questo popup presenta un grande pulsante di Call To Action a fronte di un pulsante di chiusura quasi invisibile. In alcuni casi, gli utenti finiranno col cliccare sul pulsante azione pensando che non ci sia altro modo per continuare a navigare il sito.
  • Un prodotto in più nel carrello: inserito però in modo che sia quasi impossibile da notare. Tale processo avviene di solito durante la fase di checkout e riguarda un prodotto così piccolo e poco costoso che l’utente può non accorgersene. Si tratta quasi sempre di un oggetto non fisico, come un’estensione della garanzia, un’assicurazione o la sottoscrizione (a pagamento) di un servizio che l’utente non ha richiesto.
  • Confirmshaming: la strategia di black pattern cercherà in questo caso di provocare disagio o vergogna nell’utente che decide di non compiere una determinata azione. Qualche esempio? Il messaggio “Sei sicuro di non voler sottoscrivere il servizio? X/Y/Z hanno bisogno di te!” oppure un pulsante che riporta la dicitura: “No, grazie, non mi interessa contribuire alla riforestazione” e via discorrendo.

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I dark pattern funzionano perché sfruttano le nostre fragilità cognitive

Quando esposto razionalmente, il funzionamento dei dark pattern sembra piuttosto facile da comprendere e da evitare. Tuttavia, queste interfacce ingannevoli e manipolatorie continuano a prosperare nel web e sono numerosissimi gli utenti che cadono nella trappola.

La ragione è insita nel fatto che i “percorsi oscuri” sfruttano le nostre fragilità cognitive e la psicologia umana, andando ad agire come trigger su bias cognitivi che talvolta neppure sappiamo di avere. Di fatto, queste interfacce sono studiate con la massima cura per disorientare e manipolare la mente delle persone e spingerle a prendere decisioni che quasi certamente sarebbero evitate, se tutte le informazioni venissero poste in modo più chiaro, diretto e trasparente.

Nell’e-commerce questo tipo di strategia sembra funzionare molto bene, quasi certamente perché va a toccare corde emotive che condizionano l’acquisto: il desiderio, l’urgenza, la necessità effettiva di ottenere un determinato prodotto in un determinato momento. Il dark pattern avrà quindi, in questo caso, vita facile e un buon esempio è rappresentato dal caso di Commerce Planet, una piattaforma di e-commerce americana che aveva strutturato il proprio design in modo tale da spingere gli utenti a sottoscrivere un piano di pagamento mensile. Il caso si è poi concluso con un risarcimento verso gli utenti pari a quasi 750 mila dollari.

Anche il gigante dell’e-commerce, Amazon, è stato accusato di praticare black pattern, in questo caso dall’Associazione Consumatori Norvegesi, la quale ritiene che tale strategia venga messa in atto per rendere estremamente difficoltosa la cancellazione del servizio Prime.

Una curiosità: negli USA, Paese in cui i dark pattern sono estremamente utilizzati, si discute in merito alla possibilità di creare una legge che proibisca la progettazione, modificazione o manipolazione di un’interfaccia utente con lo scopo di oscurare, sovvertire o compromettere il processo di scelta dell’utente a fornire i propri dati personali. La webzine Cybersecurity ha dedicato alla relazione tra GDPR e dark pattern un interessante approfondimento che mette in luce gli aspetti etici e normativi del problema.

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Le conseguenze dei dark pattern per l’utente e per il brand

Le conseguenze dell’utilizzo di strategie di dark pattern sono duplici, ossia interessano sia l’utente che il brand dietro al sito web che le mette in atto.

Per quanto riguarda i primi, si troveranno chiaramente a compiere azioni che si basano su un inganno percettivo oppure sullo sfruttamento sottile di un bias cognitivo, con il risultato di spendere soldi in prodotti e servizi che non desideravano e, quasi certamente, di rivolgersi ad altre piattaforme più corrette e trasparenti.

Per quanto riguarda invece le aziende che utilizzano black pattern, in gioco c’è la loro reputazione, la percezione di brand, la fiducia e la fidelizzazione dei consumatori: di fatto il marchio si troverà di fronte a un danno d’immagine, a una perdita di credibilità e a numerose recensioni negative sul web.

Dal momento che i black pattern sono spesso utilizzati per generare un boost di vendite o di sottoscrizioni (con relativa acquisizione di dati) nel breve-medio periodo, vale forse la pena chiedersi se il gioco valga davvero la candela, e se l’impatto reputazionale che senza dubbio seguirà a tali comportamenti digitali possa essere tollerato a fronte di un relativo incremento del profitto.

 

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I trend dell’e-commerce del 2021: per far crescere le vendite online

Quali sono i trend attuali che possono contribuire a far decollare le vendite online? Quali strategie e tendenze e-commerce contribuiscono a incrementare il volume di affari delle imprese che, in questo delicato momento della ripartenza, si trovano a dover fare i conti con un mercato che evolve in modalità ancora in parte inedite?

La recente emergenza sanitaria che ha colpito trasversalmente tutte le industrie ha modificato in modo precedentemente inimmaginabile gli scenari di mercato, e in questa fase si conta sulle analisi di marketer ed esperti di settore per studiare le migliori strategie digitali finalizzate a mettere il “turbo” alle vendite.

Dal momento che, tra le certezze che abbiamo, c’è quella che l’e-commerce non è destinato a sparire – al contrario! – abbiamo selezionato per te quelli che sono considerati i trend più importanti in quest’ambito.

Vediamoli insieme!

 

La realtà aumentata: per rendere più tangibile lo shopping online

La realtà aumentata ha saputo fare la differenza nei mesi in cui, a causa del lockdown, i consumatori non potevano recarsi fisicamente in negozio per il loro shopping. La tendenza non svanirà neppure in futuro e diventerà invece uno dei cardini del commercio online proprio per la capacità di questa nuova tecnologia di trasferire una sensazione più realistica all’esperienza d’acquisto.

Addirittura, gli esperti di settore si aspettano di vedere questa tecnologia sempre più integrata negli ambienti e-commerce e persino sulle piattaforme social, non soltanto dai grandi player di settore ma anche dalle piccole aziende.

La voice search continuerà ad aumentare perché i device mobili sono ormai irrinunciabili

La tecnologia delle ricerche vocali era già ben affermata prima della pandemia, perché fortemente interconnessa all’utilizzo sempre più diffuso dei device mobile. Andrà quindi tenuta in massima considerazione anche in ambito e-commerce, soprattutto perché ci si attende che entro il 2025 gli smart speaker saranno presenti in modo molto più capillare nelle case.

Attualmente, la voice search è già utilizzatissima per individuare luoghi, per mangiare fuori, per stilare liste e per l’organizzazione dei to-do quotidiani, ma anche per cercare prodotti da acquistare. Queste informazioni rendono questa tendenza una delle più importanti da tenere d’occhio per chi punta all’e-commerce nella propria strategia di marketing digitale.

 

L’Intelligenza Artificiale aiuterà i commercianti a conoscere meglio i loro clienti

Assieme al machine learningl’AI è considerata una delle evoluzioni più importanti anche nell’ambito dell’e-commerce perché offre la possibilità di analizzare in modo più euristico, completo e approfondito i comportamenti d’acquisto dei clienti. Come è noto, infatti, l’Intelligenza Artificiale raccoglie continuamente una quantità di informazioni in una modalità che sarebbe impossibile replicare con l’ausilio di personale umano.

I dati raccolti dovrebbero quindi essere analizzati con cura dalle aziende e utilizzati per strutturare strategie di vendita ad hoc, in grado di comunicare al consumatore esattamente ciò che desidera, ossia che il brand ha interesse a fornirgli esperienze sempre più personalizzate sia in termini di prodotti proposti che di tempistiche in cui erogare il messaggio.

 

La personalizzazione dovrà arrivare anche sulle piattaforme di e-commerce

Potrebbe essere piuttosto difficile da concepire ora, ma i nuovi trend dell’e-commerce parlano di esperienze sempre più personalizzate sul singolo utente anche on-site, ossia quando il consumatore naviga la piattaforma su cui intende effettuare i suoi acquisti.

Dalla raccomandazione customizzata di possibili prodotti di interesse fino a un customer care puntuale ed efficiente, ci si attende un’impennata del 25% per le aziende che sapranno implementare un servizio “a misura di consumatore”.

Se poi consideriamo il fatto che le tecnologie oggi disponibili permettono alle imprese di ottenere una mole impressionante di Big Data sui loro clienti, la customizzazione dovrebbe già essere un must perché, in termini di fattibilità, è già ora più che possibile.

 

Big Data e Chatbox saranno sempre più importanti

Big Data e Chatbox sono due ulteriori strumenti che permetteranno di erogare esperienze sempre più personalizzate anche nell’ambito del commercio online. Nel primo caso, però, bisognerà prestare la massima attenzione al corretto trattamento dei dati personali e informare gli utenti in modo chiaro e trasparente, così che diventi lapalissiano che la contropartita sarà efficace per il consumatore: a fronte del rilascio di informazioni, l’utente riceverà un servizio di alto valore e prodotti tarati sulle sue esigenze.

Per quanto riguarda invece le Chatbox, il loro compito è essenzialmente quello di interagire con i visitatori della piattaforma e velocizzare la loro esperienza d’acquisto, riducendo al minimo il rischio che l’utente non trovi rapidamente ciò che sta cercando. Opereranno dunque da supporto alla clientela, ma non dovranno mai trascendere da un’assistenza clienti erogata da esseri umani.

 

Più modalità di pagamento disponibili, più potenziale di guadagno

Una delle maggiori discriminanti nella scelta di acquistare presso uno store online o un altro risiede nella disponibilità di metodi di pagamento “appetibili” per l’utente. Come è facile intuire, ogni consumatore ha le proprie predilezioni, che influiscono in modo anche molto deciso sulla decisione d’acquisto: ecco quindi che offrire più modalità di pagamento aprirà il business dell’e-commerce a guadagni potenziali più elevati, a una fruizione più rapida della piattaforma con relativi acquisti d’impulso e a check-out veloci ed efficaci.

In questo senso, un altro trend e-commerce da non sottovalutare potrebbe essere quello della centralizzazione dei pagamenti. Immagina il potenziale di poter offrire a un cliente un ID univoco che è il solo dato da inserire per procedere al check-out, perché legato a un servizio di storage sicuro di ogni dato utile: dall’indirizzo di spedizione alla modalità di pagamento preferita. È più che possibile che tale trend diventi cruciale nel prossimo futuro, quindi è bene prestarvi attenzione.

 

La sostenibilità ambientale non più il futuro: è già il presente

Infine, vale la pena spendere qualche parola in merito all’importanza giocata dalla sostenibilità nella brand awareness delle aziende di oggi e di domani.

La pandemia di COVID-19 ha spinto sempre più consumatori a osservare con occhio critico i player che scelgono di non alleggerire la loro impronta ambientale su un pianeta già fortemente depauperato delle proprie risorse. Si tratta di una tendenza così importante da spingere a “shift” improvvisi nelle decisioni d’acquisto, con utenti che abbandonano brand un tempo favoriti perché non ne condividono più la politica ambientale.

Allo stesso tempo vale anche l’assioma contrario: marchi meno influenti e famosi ma più rispettosi dell’ambiente stanno trovando sempre più spazio per affermarsi, perché la mentalità del consumatore è cambiata e, pur nell’edonismo dell’acquisto d’impulso, tende a considerare ora anche “l’altro da sé”.

Questa è una delle discriminanti da tenere quindi in assoluta considerazione per le imprese che vogliono continuare a fare e-commerce di successo ed evolvere in un mercato che, senza dubbio, genererà ancora tante soprese ma che, allo stesso tempo, si muove già secondo direttrici ben definite.

 

In conclusione, possiamo affermare che l’ecommerce si conferma un settore in forte crescita e, soprattutto, in continua evoluzione.

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L’evoluzione del processo d’acquisto secondo Google: il “messy middle”

Hai mai sentito parlare di “messy middle”? In questo modo, i marketer definiscono le fasi centrali del percorso d’acquisto che permettono al potenziale acquirente di passare dallo stage di “contemplazione” di una potenziale soluzione alla decisione di comprare proprio quel prodotto o quel servizio.

Due specialisti del team Google dedicato agli insight sui consumatori, Alistair Rennie e Jonny Protheroe, hanno dedicato un intero approfondimento all’argomento proprio in virtù delle loro costanti analisi dei cambiamenti di comportamento dei consumatori, e il risultato è davvero interessante, perché permette una visione privilegiata nel processo decisionale degli acquirenti.

Si tratta dunque di conclusioni non soltanto utili per i marketer e gli specialisti di advertising, ma anche per le aziende che, quotidianamente, investono budget e impegno nella promozione dei loro prodotti.

 

Processo decisionale d’acquisto: caotico oggi, ancora di più domani

L’analisi di Google indica prima di tutto che la modalità in cui le persone decidono di acquistare qualcosa è caotica e che, quasi certamente, lo diventerà ancora di più nel futuro. Ferma restante quindi questa variabile importante, risulta ancora più fondamentale saper valutare con cura i punti cardine del percorso mentale che il consumatore compie, e calibrare le proprie azioni strategiche di conseguenza.

Sappiamo ad esempio che tra il primo stimolo che innesca il funnel che porterà l’acquisto e la decisione vera e propria di comprare qualcosa non vi è una direttrice lineare, ma una rete di touchpoint complessa e molto diversa tra un individuo e l’altro. Non siamo attualmente in grado di sapere in che modo il possibile acquirente elabori le informazioni che riceve, ma possiamo ipotizzare come esse influenzino la sua decisione finale. 

La rete stessa offre importanti spunti semplicemente analizzando come sono cambiate le query di ricerca nel corso degli anni: da “più economico” gli utenti hanno col trascorrere del tempo (dal 2004 al 2020) iniziato a favorire search su Google orientate invece a “il migliore”. È anche molto singolare notare che si tratta di un cambiamento trasversale che sembra aver interessato un po’ tutte le nazioni, Italia compresa.

Il passo successivo risiede nell’analizzare cosa significhi “migliore” per ciascuna persona e quale prezzo l’individuo potrebbe attribuire (ossia essere pronto a pagare) a questa caratteristica. Tale valutazione va fatta a ogni step del funnel, compreso il messy middle – ossia in tutte quelle fasi confuse che intercorrono, come abbiamo detto, tra la considerazione iniziale e l’azione di acquisto vera e propria.

Comprendere come muoversi in un contesto tanto complesso era già fondamentale prima della pandemia di Coronavirus, e lo è diventato ancora di più adesso.

 

Perché comprendere il consumatore passa dalle Scienze Comportamentali

Come funziona il percorso mentale che porta a un acquisto? Di norma, il processo decisionale passa dapprima dalla ricerca di determinate informazioni, poi dalla valutazione delle diverse opzioni disponibili e, infine, all’azione del “comprare” vera e propria.

Abbiamo quindi una fase di esplorazione, che per sua natura è espansiva, e una di valutazione, che è d’altro canto riduttiva, e sappiamo che ogni consumatore sul web si muoverà seguendo prevalentemente uno di questi due approcci mentali, spostandosi di tanto in tanto verso l’altro per un numero indefinito di volte: ecco quindi perché il middle è tanto messy!

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Andranno poi considerati i diversi bias cognitivi che possono influenzare il comportamento d’acquisto e spingere l’utente a indirizzare la propria scelta verso un prodotto piuttosto che un altro.

Come senza dubbio saprai esistono un’infinità di bias diversi, ma secondo Google il marketer e/o l’azienda dovranno prestare particolare attenzione soprattutto a questi sei:

  1. L’euristica di categoria: la decisione d’acquisto è semplificata da brevi descrizioni delle informazioni salienti relative al prodotto.
  2. Il potere dell’immediatezza: l’utente che deve aspettare troppo a lungo per poter usufruire del prodotto che cerca passerà a un’altra soluzione.
  3. La prova sociale: l’acquisto finale potrà essere influenzato dalle opinioni e dai consigli di altre persone.
  4. Il bias di scarsità: minore è la disponibilità di un prodotto, più questo diventerà desiderabile agli occhi dell’utente.
  5. Il bias di autorità: la decisione d’acquisto potrà essere influenzata dall’opinione di chi l’utente considera un esperto.
  6. Il potere della gratuità: quando l’acquisto è corredato di un omaggio, la decisione verrà influenzata positivamente anche laddove il regalo fosse totalmente diverso dal prodotto ricercato.

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Per capire come questi sei bias potessero realmente influenzare il percorso all’interno del funnel, Google ha messo in atto la simulazione di 310.000 scenari d’acquisto nei settori più diversi, chiedendo agli acquirenti di scegliere il primo e secondo brand preferito relativamente a una categoria e applicando poi una serie di bias per vedere se e come questi potessero modificare l’intenzione d’acquisto. Particolarmente degno di nota è il fatto che questo “esperimento” includesse addirittura un marchio immaginario e del tutto inedito per il pubblico testato.

Quali sono stati i risultati? In sintesi, anche il brand meno efficace (che era peraltro fittizio) ha conquistato il 28% delle preferenze rispetto a un marchio “favorito” e consolidato, semplicemente perché è stato in grado di convincere i possibili acquirenti di offrire una quantità maggiore di vantaggi (dalle alte valutazioni allo sconto all’acquisto). Addirittura, quando l’esperimento è stato tarato su un’assicurazione auto immaginaria, questa ha ottenuto l’87% delle preferenze grazie a una serie di vantaggi attribuiti a tutti e sei i bias. 

Ecco quindi che, in definitiva, le scienze comportamentali possono essere applicate in modo intelligente per conquistare la fiducia degli acquirenti e favorire un processo decisionale positivo per il brand.

 

Digital Marketing e messy middle: come farsi notare?

Ora che abbiamo esplorato gli interessanti risultati dello studio di Google, quali conclusioni possiamo trarre e applicare come professionisti del Digital Marketing?

Possiamo riassumere a seguire quattro principi utili:

  • Assicurare che il brand sia presente in modo strategico così da poter essere notato dai potenziali acquirenti durante il loro percorso di esplorazione delle diverse opzioni.
  • Utilizzare le scienze comportamentali non solo in modo smart, ma anche responsabile, così da convincere gli utenti con la nostra proposta.
  • Rendere il momento del trigger e quello dell’acquisto vero e proprio più ravvicinati, esponendo quindi per meno tempo il consumatore a potenziali competitor.
  • Sfruttare il talento di un team flessibile e competente, che sappia superare il tradizionale branding e trasformare il percorso decisionale in un processo fluido e sinergico per l’utente.

Vuoi parlare meglio del percorso che i tuoi potenziali acquirenti potrebbero compiere per arrivare al tuo prodotto o servizio? Ti aspettiamo in Naxa!

Come acquisire nuovi clienti per la tua azienda

L’acquisizione regolare di nuovi clienti è un’attività cardine per qualunque azienda perché, senza di essa, l’azienda semplicemente smetterebbe di esistere. Ed è questa la ragione per cui il management e il reparto commerciale sono costantemente alla ricerca di nuove modalità e strategie per individuare nuovi utenti potenzialmente interessati.

In particolar modo in questa fase, che si colloca a metà strada tra un’emergenza sanitaria ancora in corso e un delicato periodo di ripresa, è essenziale che il business possa contare su soluzioni efficaci per continuare a operare al meglio delle proprie possibilità. Ma come si può stabilire quali tra queste soluzioni funzionano davvero?

Ferma restando la necessità, per ogni impresa, di valutare con cura il proprio settore, le tendenze di mercato e le tecnologie disponibili per incrementare il business, in questa guida vogliamo offrirti alcuni suggerimenti che speriamo potrai trovare interessanti per individuare nuovi potenziali clienti.

 

Il marketing virale può fare la differenza per le PMI?

Specialmente le aziende di dimensioni contenute e le start-up in fase di lancio necessitano di boost particolari per promuovere la loro attività. In questo senso, il marketing virale può rivelarsi un grande supporto. Di fatto, questa strategia promozionale ha lo scopo di rendere popolare un marchio o un prodotto cosicché gli stessi utenti se ne facciano promotori, portando all’azienda nuovi utenti potenzialmente interessati.

Le modalità attraverso cui il marketing virale può dimostrarsi efficace sono molteplici: passaparola, inherent virality (che spinge gli amici di un cliente a scegliere lo stesso prodotto), collaborazione (viralità generata dall’integrazione di un prodotto o servizio con altri), incentivi, e via discorrendo.

Il ciclo virale è semplice ed efficace nel suo funzionamento: il prodotto o il marchio colpiscono un determinato utente, che inizia a parlarne; i suoi interlocutori sono incuriositi e cominciano a utilizzare il prodotto; apprezzando la soluzione, fanno ripartire il ciclo da zero.

Nel marketing, il risultato ottenuto da queste azioni si misura attraverso una metrica specifica, chiamata “coefficiente virale.”

Il content marketing, perché il contenuto è sempre il re

In questo blog abbiamo spesso parlato dell’importanza, per le aziende, di generare con regolarità contenuti di valore (informativi, utili, efficaci per chi li legge). Nonostante la costante evoluzione dei trend di marketing digitale, questo principio non è destinato a cambiare. Questo significa che, per trovare nuovi clienti, sia le grandi aziende che i piccoli player dovranno continuare a scrivere (o far scrivere) e pubblicare (o far pubblicare) contenuti.

Strumenti ormai comunemente utilizzati, anche multimediali, aiuteranno a incrementare la brand reputation e awareness, portando all’azienda nuovi e utilissimi lead.

Largo dunque a blog e riviste di settore o territorialiguide informativeapprofondimenti e contenuti premium sul sito web istituzionale, infografiche, video tutorial e apprezzatissimi contenuti scaricabili come ebook e whitepaper.

La SEO: uno strumento ancora utile per trovare nuovi clienti

Seppure ormai sinergicamente integrata con i molteplici strumenti messi a disposizione dal marketing digitale (pensa ad esempio all’Inbound Marketing), la SEO continua a rimanere uno strumento chiave per presidiare il web e farsi notare da nuovi clienti.

Il posizionamento organico sui motori di ricerca è particolarmente efficace se i tuoi potenziali clienti cercano su Google il tuo prodotto o servizio, e specialmente se a comparire nei risultati della ricerca non sei tu ma, ahimè, i tuoi competitor.

In questo senso, affidarti a professionisti della SEO ti permetterà non soltanto di scrivere contenuti di valore (ossia il content marketing di cui parlavamo al punto precedente), ma anche di veicolarli in modo tale che il motore di ricerca li consideri degni di essere collocati nelle prime posizioni per specifiche query.

Google Ads e Social Media Marketing: l’investimento che può portare risultati rapidi

Una buona strategia per trovare nuovi clienti è intercettarli sul web o sulle principali piattaforme social attraverso specifiche strategie di advertising a pagamento.

Praticamente tutti i social media offrono oggi la possibilità di investire un budget in campagne promozionali: Twitter, Facebook, Instagram, YouTube e LinkedIn potranno quindi rivelarsi incredibili alleati non soltanto per promozioni specifiche che hanno bisogno di essere “spinte” in modo più rapido rispetto a quanto riusciresti a ottenere con la SEO, ma anche se desideri pubblicizzare eventi oppure offerte speciali.

Nuovamente, al fine di ottimizzare il tuo budget e non bruciarlo tutto su utenti che di fatto non stanno cercando quello che proponi, il nostro consiglio è di affidarti a un team esperto di campagne online.

Gli eventi, magari mescolati a un po’ di marketing digitale

Se desideri trovare nuovi clienti targhettizzati e quindi perfettamente in linea con il tuo buyer persona idealel’organizzazione di eventi – anche piccoli e di nicchia – rientra potenzialmente tra le soluzioni più efficaci.

La ragione è semplice: in una fase come questa, in cui tutti desiderano tornare progressivamente alla normalità, è difficile superare l’emozione generata da un evento – sia esso sul territorio o anche digitale, purché ben organizzato. Online o offline, l’evento studiato in ogni dettaglio ha un potenziale di engagement e redemption molto alto, e crea terreno fertile per le pubbliche relazioni: è quindi l’opportunità perfetta per stringere nuove partnership e alleanzepercepire e analizzare il sentiment dell’utenzaintavolare nuovi potenziali deal e, naturalmente, far conoscere quello che proponi.

Quando l’evento viene supportato con le giuste strategie di marketing, soprattutto digitale, è in grado di portare risultati talvolta persino insperati.

Come scegliere il modo migliore per trovare nuovi clienti?

Quelli che ti abbiamo proposto sono soltanto alcuni dei tantissimi approcci per trovare nuovi clienti. Non è detto che tutti vadano bene per la tua impresa, ed è possibile che vi siano altre strategie che potresti mettere in atto per raggiungere i tuoi obiettivi.

Ecco perché è sempre fondamentale prima di tutto valutare con cura le tue effettive possibilità in termini di:

  • Impegno al supporto delle strategie
  • Tempo
  • Team dedicato al progetto
  • Tipologia di target che desideri colpire
  • Disponibilità di budget

È questo il punto di partenza per comprendere in che direzione andare.

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In linea generale, per noi di NAXA un approccio creativo e una mentalità “out of the box” sono strumenti sempre molto preziosi, che ci permettono di declinare in maniera inedita le diverse possibilità promozionali a seconda del business che ci troviamo di fronte.

Ecco perché ci piacerebbe incontrarti (anche in modo virtuale!) per discuterne meglio. Contattaci ora!

Vendere online prodotti alimentari: ecco la nostra guida

Come senza dubbio saprai, l’ultimo anno ha cambiato profondamente le abitudini d’acquisto. L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del COVID-19 ha modificato le nostre abitudini quotidiane e limitato le nostre possibilità di spostamento, e attività che un tempo erano comuni e date per scontate, come ad esempio fare la spesa al supermercato, hanno dovuto evolversi assieme alle nuove routine. In questo senso, vendere online prodotti alimentari si è rivelata una scelta vincente sia per i giganti della GDO che per i piccoli commercianti, che hanno trovato nel digitale una risposta efficace alle limitazioni fisiche causate da lockdown e zone rosse.

Anche prima della pandemia, però, erano sempre più numerose le imprese che avevano già puntato all’e-commerce per proporre i loro prodotti alimentari. Tale scelta è legata al fatto di poter raggiungere una platea molto più ampia rispetto a quella che è possibile coinvolgere con una tradizionale attività territoriale, e si rivela estremamente efficace soprattutto per chi propone prodotti particolari, che riscontrano una richiesta molto più vasta e trasversale.

Virtualmente, pressoché qualunque attività abbia a che fare con prodotti enogastronomici può valutare la possibilità di vendere online. Ciò che è importante è saperlo fare nel modo giusto, specialmente tenendo conto delle normative tipiche dell’industria alimentare (diversificate e stringenti) che potrebbero quasi certamente dover richiedere la consulenza di tecnici o periti specializzati.

In questa piccola guida, ti proponiamo quelle che secondo noi sono le strategie e le regole più efficaci per operare al meglio.

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Quale normativa per la vendita online di prodotti alimentari?

Per quanto riguarda i riferimenti normativi relativi alla vendita digitale di prodotti enogastronomici, quelli di cui sarà essenziale tenere conto sono principalmente tre: il Regolamento europeo 1169/2011/UE, per le indicazioni sull’etichettatura; il  D. Lgs. 114/1998 e la sua integrazione nel D. Lgs. 59/2010 per quanto riguarda i requisiti del gestore del canale e-commerce; e il D.Lgs 70/2003 per conoscere gli adempimenti previsti per il settore del commercio online.

Ti consigliamo di leggerli con la massima cura: ti servirà a individuare punti di forza e debolezza della tua proposta e a correggere eventuali inadempienze che non avevi fino a questo momento considerato.

Attenzione all’etichettatura degli alimenti e alle informazioni all’utente

Un’altra questione cruciale a cui dovrai prestare la massima cura riguarda l’etichettatura dei prodotti alimentari che venderai nel tuo negozio online. Ricorda infatti che il consumatore ha il diritto di ricevere tutte le informazioni sul prodotto, e che tu hai il dovere di fornirgliele in modo chiaro, preciso e trasparente.

I dati in etichetta dovranno includere quanto segue:

  • Elenco degli ingredienti contenuti e utilizzati per la produzione dell’alimento
  • Possibili allergeni
  • Durata e scadenza del prodotto
  • Consistenza del prodotto (liquido, in polvere, surgelato) e indicazioni per la sua conservazione (frigo, freezer, temperatura ambiente)
  • Tipologia di oli o grassi vegetali usati per la produzione
  • Provenienza dell’alimento
  • Informazioni nutrizionali relative a 100 g/ml e valore energetico
  • Eventuali informazioni in merito al consumo del prodotto

Infine, tieni conto che il tuo consumatore dovrà anche essere educato in modo chiaro sulle tue politiche di vendita, sul diritto di reso/recesso e rimborso, sulle modalità di pagamento e di consegna (delivery presso il domicilio, ritiro in negozio, ecc.) e su qualunque altra indicazione possa condizionare la sua decisione di acquistare o meno i tuoi prodotti.

La spedizione: prodotti freschi o non deperibili?

Per quanto riguarda la spedizione dei tuoi prodotti alimentari, il nodo della questione riguarda la loro freschezza e possibile deperibilità durante la fase di trasporto e consegna.

Specialmente se intendi vendere online alimenti freschi, dovrai conoscere in dettaglio i principi e le norme che regolano questo importante passaggio del commercio digitale.

Tipicamente, alla categoria dei prodotti freschi (e dunque deperibili) corrispondono prodotti come i salumi, i latticini, i surgelati, le preparazioni gastronomiche da frigo, la frutta, la verdura e via discorrendo. I prodotti non deperibili includono invece pasta, riso, legumi, farine, ecc.

Per questi ultimi, il servizio di un corriere tradizionale sarà sufficiente, ma sempre nel pieno rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie relative al Paese di consegna.

Per la spedizione di alimenti freschi, dovrai invece necessariamente rivolgerti a un corriere che fornisca questo esplicito servizio, erogato di norma con particolari veicoli isotermici che assicurano un accurato controllo e mantenimento della temperatura durante tutto il tragitto. Dovrai in questo caso fare riferimento alla classe di trasporto più adatta per i tuoi prodotti:

  • A, per mezzi che mantengono una temperatura tra i 12° C e 0° C
  • B, che prevede temperature tra +12°C e –10°C;
  • C, per temperature comprese tra i +12°C e –20°C

L’importanza dell’imballaggio

Anche l’imballaggio gioca un ruolo fondamentale nella vendita online di prodotti alimentari. Dovrai quindi procurarti scatole e confezioni che si adattino perfettamente alla dimensione dei prodotti che intendi spedire, i quali dovrebbero sempre essere avvolti nel pluriball così da evitare spiacevoli danneggiamenti e rotture durante il trasporto.

Per quanto riguarda gli alimenti freschi, a prescindere dalla fase di trasporto controllata termicamente dal corriere dovrai comunque preoccuparti di confezionarli sottovuoto e ricoprirli di ghiaccio secco, così da mantenere la temperatura ideale ed evitare muffe e deperimenti. In questo senso, esistono scatole di polistirolo estremamente funzionali da cui potresti trarre grande utilità.

Non dimenticare infine di apporre le diciture corrette sulla scatola, indicando se il suo contenuto è fragile o fresco.

E la parte di marketing digitale?

Ora che ti abbiamo fornito qualche informazione in merito alle modalità di gestione pratica della vendita online di prodotti alimentari, vogliamo indicarti alcuni suggerimenti relativamente alla realizzazione e promozione del tuo e-commerce.

Tieni infatti presente che la modalità di acquisto online sta ormai rapidamente scalando la classifica del gradimento e che sempre più consumatori utilizzano la rete per comprare qualunque genere di prodotto o servizio.

Fare la spesa, come abbiamo evidenziato all’inizio di questo articolo, è ora diventata un’attività che è facile compiere dalla poltrona di casa. Questo significa che il tuo negozio di prodotti alimentari online dovrà distinguersi da un numero sempre più alto di competitor, e che dovrà dunque seguire una strategia ben precisa.

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Tanto per cominciare, trova la tua nicchia

La prima cosa che ti suggeriamo di fare è individuare la nicchia di mercato in cui posizionarti, sia rispetto ai tuoi prodotti che alla tipologia di utenza a cui intendi rivolgerti.

Punta su uno o due prodotti che possono differenziarti dall’offerta della concorrenza e, successivamente e in funzione dei risultati raggiunti, amplia la tua proposta a raggi concentrici, tenendo sempre presente qual è il fondamento della tua attività e cosa i tuoi consumatori si aspettano da te sia in termini di prodotti che di filosofia/etica commerciale.

Per avere maggiori garanzie in merito a come procedere, ti consigliamo di investire una parte del tuo budget nelle ricerche di mercato, così da testare l’effettiva fattibilità della tua idea: esiste spazio per il prodotto che vuoi lanciare? Qual è la tua platea di consumatori? In che modo puoi differenziare la tua offerta?

Queste sono tutte domande a cui, dati alla mano, sarà più semplice rispondere e che ti permetteranno di studiare una strategia di vendita con maggiori probabilità di successo.

Valuta inoltre i vari trend di mercato e individua quello che potrebbe ospitare anche i tuoi prodotti: al momento attuale, le tendenze favoriscono alimenti bio, GOP, etnico, con restrizioni particolari (privo di glutine, lattosio, allergeni, ecc.), provenienti da commercio equo-solidale, vegetariani, vegan, di produzione locale o artigianale e via discorrendo.

A quale categoria appartengono i tuoi?

Scegli la tua piattaforma web

Per quanto riguarda lo strumento di vendita vero e proprio, ossia la tua piattaforma e-commerce, puoi fare riferimento alla nostra guida sulle principali a tua disposizione, tenendo comunque presente l’importanza di rivolgersi a professionisti del settore che ti supportino nella creazione del sito, tanto a livello grafico, che di contenuti, che di esperienza utente.

Il tuo negozio online è, di fatto, una versione virtuale del punto vendita reale e dovrà quindi essere studiato in ogni dettaglio, a partire dal branding fino ai colori istituzionali, dal tono di voce dei testi fino alla scelta delle immagini.

L’obiettivo primario del sito non sarà soltanto proporre i prodotti, ma anche semplificare e rendere piacevole il processo di acquisto per il consumatore, fornendo informazioni in modo chiaro e immediato, col fine ultimo di non dirottare altrove utenti potenzialmente interessati.

Oltre alla parte tecnica di messa nel carrello, check-out e pagamenti, un buon sistema di e-commerce ti potrà supportare anche nell’invio di e-mail personalizzate e codici di tracking, nonché nella proposta di prodotti simili e consigliati, di offerte, codici sconto e promozioni.

Supporta il tuo e-commerce con la giusta strategia di marketing digitale

Social network, video-ricette, e-mail marketing, paid ADV su Facebook, Instagram o Google sono soltanto alcuni dei numerosi strumenti che il marketing digitale mette oggi a tua disposizione per aiutarti a comunicare la tua offerta enogastronomica a un pubblico sempre più ampio.

Nuovamente, il supporto di un team specializzato in strategie digitali ti aiuterà a differenziarti nella tua nicchia di mercato e a presidiarla nel modo corretto, favorendo le visite al tuo sito di e-commerce, la tua brand reputation e l’awareness del tuo marchio rispetto al tuo target di riferimento.

In questo senso, gli esperti di NAXA sono sempre a tua disposizione per mettere a punto un piano digitale completo e multicanale, che trasformi il tuo negozio online in un’impresa di successo, innovativa e originale per gli acquirenti.

Contattaci per parlarne!

Come creare un brand da zero

Come si costruisce un brand da zero? La risposta sta nella definizione dell’identità del marchio, tanto per cominciare, ossia della personalità del business che si decide di promuovere o lanciare e della sua promessa ai clienti, espressa attraverso un messaggio chiaro e coerente che il pubblico può percepire e comprendere. Ma, ovviamente, non si tratta solo di questo: una volta definita la Brand Identity, si dovrà procedere a progettare e strutturare tutti gli strumenti di marketing e comunicazione necessari a “spingere” il marchio.

Sull’argomento si potrebbe scrivere un libro (forse dieci), quindi nell’articolo di oggi ci limiteremo a parlare di tutte le operazioni preliminari e imprescindibili che stanno alla radice dell’identità di brand.

Per cominciare, sarà quindi importante dedicare qualche cenno al logo.

Il logo: è importante per il brand, ma non è il brand

In molti casi – ed erroneamente – i termini “logo” e “brand” sono considerati sinonimi e intercambiabili, anche se si riferiscono a due concetti diversi. Sebbene il logo rappresenti il simbolo del brand, esso non è il brand nella sua interezza e il suo sviluppo va dunque considerato soltanto come uno dei tanti step necessari a creare un brand da zero.

Tuttavia, nel momento in cui si procede alla costruzione di una brand identity, il logo giocherà un ruolo cruciale perché avrà il compito di differenziarsi in un mercato che è oggi globale e include milioni di business che cercano di emergere. Dovrà dunque interpretare al meglio l’identità del business, i suoi valori, e le emozioni che l’impresa dovrebbe suscitare negli utenti: in pratica, è considerabile come la sua personalità espressa in termini grafici.

Qualche esempio di logo che funziona perché perfettamente in linea con i valori del brand che rappresenta? Coca-Cola, con il suo marchio così potente da essere il più facile in assoluto da richiamare alla memoria, oppure Nike, la cui forma a onda interpreta al meglio le qualità di movimento, energia e vitalità che sono proprie del business.

Puoi scoprire altri ottimi esempi di logo in questa interessante guida di HubSpot.

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I sette pilastri per costruire un brand da zero

Ora che abbiamo definito cosa sia esattamente il logo di un business, possiamo tornare all’argomento principale e illustrare i sette passi chiave per creare un brand da zero.

Tieni presente che il risultato finale sarà un’impresa con un nome, un volto, uno stile, un preciso tono di comunicazione e – idealmente – una serie di tratti differenzianti rispetto ai suoi competitor.

  1. Ricerca la tua target audience e i tuoi concorrenti.
    É questo lo step preliminare nella creazione di un brand. Prima di scegliere cosa farai e come, è bene analizzare cosa richiede il mercato e individuare chi sta già fornendo la risposta a quelle determinate domande. Senza una comprensione profonda dello stato delle cose as-is e le sue possibili traiettorie di sviluppo, il tuo brand avrà infatti molte difficoltà a emergere nel mare di offerte già disponibili.
    Prova quindi a cercare in rete il prodotto o servizio che desideri offrire e osserva il panorama: chi saranno i tuoi principali competitor? In che modo la loro offerta si differenzia dalla tua? Quali sono i punti di miglioramento del tuo prodotto o servizio? Cosa pensano i clienti target dei tuoi concorrenti della loro proposta? Come puoi risolvere tu le criticità a cui i tuoi competitor non hanno ancora pensato? Quale tra i prodotti offerti dai tuoi concorrenti acquisteresti e perché?
    Porsi queste domande (e darsi delle risposte oneste) sarà vitale per procedere al passo successivo.
  2. Scegli la personalità che vuoi comunicare.
    É il momento di dare vita al tuo Brand Positioning Statement, ossia al documento che servirà per reclamare il tuo posto nel segmento di mercato che ti riguarda.
    Non è detto che si tratti di qualcosa che dovrai poi includere nel tuo sito web: potrebbe anche trattarsi di un documento destinato a rimanere interno, ma ciò non toglie che sia fondamentale per mettere a fuoco la missione, la visione, i valori e lo storytelling della tua impresa.
    Chi sei? Cosa proponi? Come pensi di ottenere quel risultato? Qual è la promessa al cliente che ti differenzia da tutti i tuoi concorrenti? La Unique Value Proposition è quel dettaglio per cui stai competendo: ecco perché è importante individuarla in modo chiaro, attraverso le parole che meglio comunicano il messaggio. Queste ultime saranno infatti i termini che i tuoi futuri clienti assoceranno a te, in modo quasi automatico. Sceglile con cura.posizionamento-mercato-competitor-usp-azienda
  3. Il nome di brand.
    Alcuni clienti o start-up partono con un nome già deciso e prestabilito. Talvolta si tratta di un eccellente naming, in altri casi invece poco racconta degli obiettivi reali dell’impresa o della sua identità.
    Quale che sia il settore del mercato in cui desideri posizionarti, il nome conta perché racconta la tua personalità, le tue azioni, il tuo approccio e perché avrà ripercussioni su logo, dominio web, eventuali brevetti e, ovviamente, sul piano di marketing.
    Il nostro suggerimento è di non scegliere un nome di brand che i tuoi futuri utenti potrebbero facilmente confondere con altri player di settore, ma neppure un nome che è difficile memorizzare.
    Meglio puntare su un nome breve, d’impatto e che crei curiosità, suggerendo il settore in cui operi. In questi casi, sarebbe sempre opportuno rivolgersi a creativi professionisti.
  4. Definisci la tua tagline.
    É chiamato anche payoff di brand ed è lo slogan da associare al naming.
    Anche in questo caso, varranno le regole che abbiamo suggerito al punto tre: meglio evitare di copiare slogan già sentiti, ma anche di uscire eccessivamente dal seminato raccontando qualcosa di poco attinente alla tua impresa. È anche preferibile evitare tagline eccessivamente lunghe, poco comprensibili o poco memorizzabili. Se decidi di utilizzare una lingua straniera per il tuo slogan, accertati che la tagline sia grammaticalmente e sintatticamente corretta.
    Partire da un brainstorming con i tuoi consulenti o collaboratori potrebbe essere una buona idea: identifica le parole che meglio ti raccontano, sia nell’identità che nella missione, e poi prova a giocare con esse.
    Anche in questo caso, il supporto di creativi professionisti potrebbe rivelarsi la chiave di volta per ottenere un risultato davvero in linea con le tue aspettative.payoff-naming-comunicazione-aziendale-marketing
  5. Colori e font.
    Quali colori e quali caratteri tipografici meglio raccontano chi sei? La scelta dei colori di brand non è così facile come potrebbe sembrare all’apparenza. Va invece compiuta con cura, perché è uno degli elementi che i tuoi consumatori più ricorderanno. Inoltre, ricorda che non soltanto colori e caratteri tipografici definiscono il look del tuo brand, ma anche i sentimenti che vuoi evocare con esso e che dovranno essere consistenti con tutto ciò che farai d’ora in poi.
    Chiediti dunque quali siano queste emozioni: innovazione? Ecosostenibilità? Rigore? Creatività? Fiducia?
    Ecco qualche consiglio: il giallo è ideale per stimolare ottimismo, calore e fiducia (un esempio: UPS); l’arancione è legato alla fiducia e all’amichevolezza (Amazon); il rosso al coraggio, alla gioventù e alla vitalità (Coca-Cola); il viola all’immaginazione, alla saggezza e alla creatività (Yahoo); il blu/azzurro alla forza, all’affidabilità e alla fiducia (Dell); il verde alla salute, alla crescita e alla pace (Animal Planet); il grigio all’equilibrio, alla neutralità e alla calma (Apple).
    Per quanto riguarda invece i font, sceglili con attenzione per il tuo sito web: dovranno essere due al massimo, uno per i titoli e l’altro per il corpo dei testi. Dovranno essere leggibili facilmente, comprensibili e in linea con quello del tuo logo/ tagline. Un suggerimento: evita il Comic Sans.comunicare-colori-marchio-pubblicità-immagine
  6. Realizza il logo.
    Come accennato in apertura di articolo, il logo della tua impresa dovrà contribuire a differenziarti rispetto ai tuoi competitor e a renderti memorabile nella mente dei tuoi futuri clienti.
    È sempre la prima cosa che torna alla mente di un potenziale consumatore quando pensa a un brand, quindi quando qualcuno non se ne ricorda, significa che qualcosa non va!
    Il nostro suggerimento è di creare qualcosa che sia semplice e identificabile, scalabile senza perdere di definizione e che sappia tenere in considerazione ogni luogo e medium su cui dovrà comparire: dal sito web ai social, dalle firme e-mail ai documenti ufficiali, dalle insegne alle vetrofanie, dai mezzi ai prodotti.
  7. Applica il tuo branding al tuo business.
    L’obiettivo sarà, in questo caso, creare una storia in tutto e per tutto coerente. Si definisce in questo modo la “brand story”, ossia il racconto del tuo business, dei suoi valori e di ciò che propone e che definirà la comunicazione con i tuoi clienti a ogni stadio del funnel, dalla considerazione iniziale fino alla fidelizzazione e all’advocacy finali. Se logo, tagline, colori, font e brand positioning statement non sono in armonia tra loro, come potrà il tuo target avere un’idea chiara di chi sei?

 

Sei pronto a creare il tuo brand da zeroTi aspettiamo in Naxa per parlarne!

Come creare una newsletter efficace

Contrariamente al credere comune, l’e-mail marketing è ancora una colonna strategica portante per la maggior parte delle aziende che sfruttano il digitale per la promozione di brand, prodotti e servizi. Questo significa che la newsletter, quando realizzata in modo efficace, può contribuire in modo significativo a incrementare le possibilità di redemption di un contenuto, una campagna o virtualmente qualunque altra iniziativa digitale.

A tal proposto, lo sapevi che secondo quanto reso noto dalla Direct Marketing Association, ben il 25% della revenue dei Black Friday arriva proprio dalle newsletter?

Partendo dal presupposto che questo strumento è importante laddove venga sfruttato al meglio nell’ambito di una strategia multicanale oppure omnicanale, la creazione di una newsletter può senza dubbio seguire alcune linee di guida per garantire i migliori risultati possibili.

Facciamo però innanzitutto un passo indietro e ricordiamo di cosa parliamo quando ci riferiamo alle newsletter. Si chiamano in questo modo messaggi e-mail periodici e mirati, inviati a determinati utenti che hanno apertamente manifestato il loro consenso a ricevere questo genere di comunicazioni, e che contengono informazioni, notizie o aggiornamenti relativamente alle più diverse tematiche.

Come senza dubbio saprai, in qualunque momento il tuo lead o cliente può richiedere espressamente di essere rimosso dalla lista dei sottoscrittori alla tua newsletter, e il tuo primo obiettivo sarà dunque evitare che questa prospettiva diventi realtà. Per fare questo, dovrai strutturare newsletter interessanti, efficienti e ingaggianti, che offrano al destinatario uno – o meglio ancora molti motivi per restare.

Nel corso degli anni, quelle che un tempo erano pure newsletter testuali senza particolari fronzoli visivi si sono trasformate in comunicazioni sempre più interattive e personalizzate sulle particolari caratteristiche dell’utente, arricchendosi inoltre di immagini, infografiche, video e contenuti multimediali.

importanza newsletter email marketing digital

Quali sono gli obiettivi di una newsletter?

Per creare una newsletter efficace, è essenziale tenere sempre a mente quali sono gli obiettivi di questo strumento digitale. Riassumendo, i principali includono:

  • Comunicare novità, eventi, aggiornamenti relativamente a servizi e prodotti
  • Informare i tuoi utenti in modo rapido in merito a comunicazioni aziendali (es. chiusure o aperture anticipate, nuovi protocolli, sostituzioni, ecc.)
  • Promuovere prodotti e servizi
  • Interagire con i tuoi clienti o prospect
  • Offrire contenuti premium, scaricabili attraverso appositi link soltanto dai sottoscrittori
  • Valutare il sentiment dei tuoi utenti
  • Garantire follow-up dopo l’erogazione di un servizio o la vendita di un prodotto

In termini più ampi, la newsletter ha anche lo scopo di:

  • Incrementare la tua brand reputation
  • Favorire il riscaldamento di prospect “freddi”
  • Gestire in modo ottimale i dati e le caratteristiche dei tuoi utenti

Non è un caso che oggi questo strumento sia sempre più utilizzato in sinergia con software di marketing automation o e-mail marketing, che consentono di implementare significativamente sia l’esperienza del sottoscrittore che il potenziale di ritorno per l’impresa.

Ai software per la creazione di newsletter, però, ci dedicheremo in chiusura di articolo.

Le regole per creare una newsletter efficace

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La segmentazione del database

Prima di inviare la tua newsletter, domandati sempre a chi la stai inviando, ossia esamina con la massima cura il database di utenti che la riceverà. Questo è il primo e fondamentale step preliminare per realizzare newsletter efficaci, perché ti permetterà di colpire un target adeguato al tipo di comunicazione che intendi costruire. Prova in questo senso a immaginare che senso avrebbe, per un lead non ancora diventato cliente, ricevere una newsletter in cui parli ad esempio dei pezzi di ricambio del tuo prodotto: molto poco, non credi?

Ecco perché la segmentazione dell’utenza è cruciale. Ad oggi, sistemi di normale utilizzo come i CRM o CMS possono aiutarti per definire quale “fetta” del tuo target può essere interessata a ciò che hai da dire, e chi invece dovrà essere colpito in modo diverso: clienti acquisiti, clienti potenziali, clienti storici, clienti persi, lead e prospect sono tutte categorie differenti che meritano contenuti customizzati.

Ricorda inoltre che non puoi semplicemente inviare la tua newsletter a chiunque abbia un indirizzo e-mail: ciascuno dei destinatari dovrà infatti aver espressamente fornito l’autorizzazione a ricevere questo genere di comunicazioni, così come stabilito dalle recenti regole del GDPR.

La strategia di contenuto e la schedulazione

Una volta definito il target del tuo messaggio, dovrai procedere a stabilire il tipo di comunicazione che vuoi inviare: presta quindi attenzione non soltanto al contenuto della tua e-mail, ma anche al tono di voce con cui lo stai comunicando, alla lunghezza del messaggio, agli elementi multimediali che vorrai aggiungere, ai colori.

Poniti delle domande e cerca di rispondere nel modo più obiettivo possibile: ciò che stai inviando è davvero importante? È raccontato nel modo giusto? È in tema con l’utente e potrebbe essere davvero di suo interesse?

Ricorda di non esagerare con la lunghezza della tua comunicazione, specialmente se la CTA (Call To Action, ossia la chiamata all’azione, generalmente espressa attraverso un apposito link o pulsante) mira a dirottare l’utente verso un contenuto esterno, come ad esempio una news o un post blog sul tuo sito web. Il tuo obiettivo è favorire la curiosità e il click, non raccontare tutto nell’e-mail!

Inoltre, non considerare necessariamente ogni newsletter come uno strumento commerciale, ossia non cercare di vendere sempre e comunque qualcosa ai tuoi lettori: punta molto anche alla genuina informazione, all’approfondimento, alla risoluzione di problematiche che il tuo destinatario potrebbe riscontrare – senza chiedere per forza qualcosa in cambio.

La schedulazione, ossia la frequenza con cui decidi di inviare la tua newsletter, è un fattore altrettanto importante nel successo di questo strumento: definisci a priori quante newsletter intendi inviare nel corso dell’anno e con quale cadenza (mensile, bimestrale, trimestrale?). Il nostro suggerimento è di non esagerare: nessuno ama vedersi recapitare newsletter di continuo, e se ciò avvenisse è altamente probabile che il tuo sottoscrittore ti chiederà di essere rimosso dalla lista.

Il software: HubSpot e Active Campaign sono buone soluzioni

Molte aziende non utilizzano ancora software specifici per inviare newsletter, e si limitano a spedire comunicazioni via e-mail a una serie di indirizzi, magari inseriti come CCN perché non possano vedersi l’un l’altro. Nel 2021, questo tipo di approccio non è più consigliato, anzi: al contrario, meglio orientarsi su strumenti specifici per la gestione di questo tipo di contenuti, non soltanto perché permettono un monitoraggio delle attività molto più efficace (tassi di apertura, spam, click-through eccetera), ma anche perché garantiscono la creazione di newsletter dall’aspetto professionale.

I nostri personali favoriti sono HubSpot e ActiveCampaign, entrambi software che assicurano il massimo potenziale di resa a ogni newsletter che decidiamo di inviare.

HubSpot – che di fatto è un sistema completo per l’Inbound Marketing – ha tanti vantaggi in questo genere di attività. Dalla facile e intuitiva creazione di lead flow (che potrai inserire nelle pagine del suo sito web per invogliare i visitatori a iscriversi alla tua newsletter) fino alla realizzazione di eccellenti contenuti premium (come ebook, whitepaper, guide, ecc.) da offrire ai destinatari, per arrivare infine al semplicissimo inserimento di un form di contatto direttamente nel template, questo software è molto efficace per seguire in modo dettagliato il famoso Buyer’s Journey.

Per quanto riguarda invece ActiveCampaign, l’alto grado di controllo e la grande versatilità del sistema rendono questo software ugualmente interessante per le tue campagne di e-mail marketing: dall’invio multiplo alle newsletter automatiche (ad esempio in base all’acquisto appena effettuato, all’interazione sul sito o al coinvolgimento del cliente); dall’autoresponder al semplice designer drag-and-drop. Sicuramente, anche questa soluzione è efficace per far sì che la tua strategia renda al meglio delle sue possibilità!

In conclusione: qualche altro tip per realizzare newsletter efficaci

Concludiamo infine con la lista di quelli che, secondo noi, sono i dieci tip essenziali per realizzare newsletter che funzionano.

  1. Sii breve, conciso e facile da leggere
  2. Esprimi in modo chiaro il messaggio che vuoi comunicare
  3. Non ingolfare le caselle e-mail dei tuoi sottoscrittori con un numero troppo elevato di comunicazioni
  4. Racconta storie realmente ingaggianti
  5. Non includere nel titolo della newsletter parole che potrebbero essere interpretate come spam
  6. Ricorda sempre che tipo di utente ti sta leggendo
  7. Mantieni uno stile chiaro, coerente e uniforme
  8. Fornisci informazioni precise e accurate per ridurre al minimo dubbi e confusione
  9. Bilancia correttamente i tuoi contenuti tra commerciali/promozionali e informativi/utili
  10. Utilizza strumenti multimediali per aumentare l’engagement: sfrutta il potenziale di foto, video e infografiche

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E-commerce: come è andato il settore Salute & Farmaci nel 2020

È ormai evidente che l’inizio della pandemia di Coronavirus, nei primi mesi del 2020, abbia profondamente modificato gli scenari di business e che abbia messo le organizzazioni di praticamente ogni settore nella condizione di affidarsi sempre di più agli strumenti digitali. L’obiettivo, ovviamente, era (ed è tuttora) quello di poter garantire continuità del servizio rispettando allo stesso tempo le esigenze di distanziamento sociale necessarie a contenere i contagi da COVID-19.

In questo senso, è interessante esplorare l’andamento del settore Health & Pharma, ossia salute e farmaci, e di come un utilizzo virtuoso dei canali e-commerce abbia saputo fare la differenza.

Prima di addentrarci nell’argomento, tuttavia, dobbiamo chiarire cosa sia la cosiddetta Società Onlife e come abbia contribuito a questa evoluzione nel marketing.

 

Cos’è la Società Onlife e come influenza il marketing online nel settore dell’Healthcare

Si definisce Società Onlife il momento storico e sociale che stiamo attraversando attualmente, e che annulla le distanze tra le esperienze online e quelle offline, di fatto rendendole un tutt’uno in cui le prime si mescolano in modo sinergico alle seconde. In pratica, le piattaforme digitali agevolano, semplificano e rendono più sicure le interazioni nel mondo reale, anche per quanto riguarda il settore della Salute.

Se teniamo conto di come gli utenti di internet siano diventati progressivamente più curiosi, più impazienti e più esigenti nella ricerca di beni e servizi personalizzati, risulta facile capire come anche il cosiddetto “Patient Journey” si dimostri sempre più svincolato da orari di apertura e chiusura e da luoghi fisici istituzionali, di fatto “costringendo” le aziende che operano nel settore medico e farmaceutico ad adeguarsi con proposte personalizzate. Non è un caso che, proprio nel 2020, Netcomm (il consorzio del commercio digitale italiano) e diversi enti farmaceutici e sanitari abbiano dato vita al manifesto On-Life Health per “costruire una visione comune e accelerare lo sviluppo del digital Health & Pharma in Italia e la sua integrazione a livello europeo”.

Gli obiettivi? Quelli che ci si attende da qualunque tipo di servizio online, a prescindere dal suo settore: universalità di accesso, semplicità e rapidità nell’erogazione del servizio.

Come è andato l’e-commerce sanitario nel 2020

Come è ormai noto, il profilo tipico dell’e-shopper italiano è ormai in linea con la popolazione, anche se continua a denotarsi una predisposizione all’e-commerce per le fasce di utenti più giovani.

Per quanto riguarda più specificamente gli acquirenti di prodotti farmaceutici o destinati alla salute, il target tende a focalizzarsi sulla fascia di età che va dai 45 ai 55 anni, e su utenti di genere prevalentemente femminile (55%). Altre caratteristiche anagrafiche di questa target audience includono un buon grado di istruzione e una concentrazione geografica prevalente nel Nord-Ovest, sebbene con una scarsa differenziazione tra piccoli Comuni della provincia e grandi centri urbani.

Il dato più degno di nota relativo all’e-commerce di prodotti farmaceutici e per la salute è però legato all’impennata di vendite registrata nel 2020: pari al +72%. Se consideriamo che, attualmente, gli acquisti online vedono coinvolti 27.2 milioni di acquirenti soltanto in Italia per un valore totale stimato di 30.6 miliardi di euro, è facile capire che ci troviamo di fronte a una mole d’affari davvero imponente!

In questo senso, il settore Health-Pharma ha senza dubbio contribuito a fare la differenza, dal momento che, assieme all’industria del Food, ha registrato un picco di crescita pari al 95% soltanto lo scorso anno.

Eshop prodotti farmaceutici mercato

Quali sono stati i prodotti farmaceutici (o similari) più acquistati online nel 2020

Per quanto riguarda invece le categorie di prodotti farmaceutici, nutraceutici o più in generale legati alla salute e al benessere più acquistati attraverso le piattaforme di e-commerce nel 2020, la classifica è la seguente:

  • Vitamine, integratori alimentari e potenziatori per lo sport
  • Creme e pomate per la pelle e i muscoli
  • Prodotti naturali per la salute
  • Farmaci generici

acquirenti online mercato ecommerce farmaci sanitari

Ad oggi, il valore di mercato del solo settore Health e Farmaceutico online italiano ammonta a 1.22 miliardi di euro, con una crescita dell’89% rispetto al 2019.

Tale impennata è il risultato di diversi fattori: non soltanto si è incrementato il valore dello scontrino medio, ma si registra anche il 27% di acquirenti abituali di prodotti (ossia che garantiscono acquisti ripetuti e regolari nel tempo). Questi ultimi vanno a costituire, da soli, ben il 40% del valore totale di mercato: non soltanto comprano più spesso, ma spendono infatti mediamente di più!

Ai più curiosi segnaliamo che l’ammontare di risorse economiche più alto viene investito nell’acquisto di vitamine, integratori e prodotti farmaceutici legati allo sport, seguiti da prodotti ottici e da creme e pomate. Il 45% circa degli acquisti online di prodotti legati alla salute viene effettuato su piattaforme e-commerce generaliste, ma è interessante anche il dato relativo alle farmacie online (35.4%, seppure con una lieve flessione, di circa il 6%, molto probabilmente da addursi alle difficoltà logistiche nella gestione dei picchi di ordini durante le fasi di lockdown), quello dell’e-retailer di settore (11,1% con un aumento del 2.2%) e persino del produttore (7.2% degli acquisti, con un aumento dello 0.8% rispetto al 2019).

Le farmacie online generano un valore totale pari a 440 milioni di euro sui 1.22 miliardi di valore totale del mercato di settore in Italia.

Ma cosa spinge gli utenti del web a utilizzare la rete anche per acquistare questo genere di prodotti?

I driver d’acquisto sono diversi, e tra questi spicca in particolar modo la ripetitività dell’ordine, la risposta offerta dai motori di ricerca, la tendenza ad acquistare anche prodotti nuovi (indice di un mercato dinamico e in evoluzione, ma anche non ancora maturo), il particolare attaccamento a una marca o a un prodotto specifico. Va da sé che altri valori da non sottovalutare includeranno la convenienza economica, la comodità di ricevere i prodotti direttamente a domicilio, le offerte speciali promosse dai vendor, i consigli del medico di fiducia o di uno specialista sanitario e la tendenza a rimanere a casa nei periodi di lockdown, che già da sola favorisce gli acquisti online.

Come vendere al meglio prodotti Healthcare e Farmaceutici online?

Le farmacie che desiderano offrire online i loro prodotti dovranno, in conclusione, tenere in considerazione tutti gli elementi determinanti per un servizio efficiente alla luce di quanto abbiamo illustrato finora.

Ciò che il potenziale acquirente si aspetta non è soltanto sicurezza e affidabilità del prodotto, ma anche una sua descrizione accurata, che includa la lista degli ingredienti e dei componenti, la posologia di utilizzo, le indicazioni specifiche e gli eventuali effetti collaterali. A questo, dovrà essere sempre sommata sia la convenienza economica che la velocità di consegna dei prodotti.

Attenzione infine ai valori che, rispetto al 2019, si sono fatti ancora più preponderanti e che l’e-shopper si aspetta di vedere incarnati da chi propone in rete prodotti per la salute: integrità, qualità e corretta conservazione.

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Social Media: trend per il 2021

A un paio di mesi dall’inizio del 2021, possiamo finalmente avere una buona idea di quelli che saranno i principali trend relativi ai social media che ci accompagneranno da qui alla fine dell’anno.

In questo pratico articolo, ci proponiamo quindi di offrirti una panoramica delle tendenze da tenere d’occhio non soltanto perché relative alle attività di digital marketing da attuarsi sul breve e medio termine, ma anche perché rappresenteranno quasi certamente la base su si svilupperanno anche i trend dell’anno a venire.

La capacità di interpretare e addirittura predire l’andamento di settore è stata infatti senza dubbio alterata dallo scossone provocato dalla pandemia di COVID-19 che, a partire dal 2020, ha costretto marketer e aziende a correre ai ripari. Tuttavia, i prossimi mesi serviranno a valutare come sia opportuno procedere per “aggiustare” le proprie strategie adeguandole alle effettive necessità del mercato.

Vediamo dunque cosa sarà opportuno tenere a mente per i nostri progetti di social media marketing presenti e futuri.

Più attenzione alla comunicazione e all’informazione, meno alla vendita

La prima tendenza per il 2021 per quanto riguarda i social media è relativa a un marcato “shift” nella loro modalità di utilizzo. Dall’anno in corso e probabilmente anche dai primi mesi del prossimo ci si attende che le imprese sfruttino queste piattaforme principalmente per comunicare, conversare e informare i loro clienti e prospect, prima ancora che per cercare di vendere qualcosa a tutti i costi.

La pandemia ha, in effetti, modificato in modo brusco la relazione tra brand e consumatori: questi ultimi prestano ora molta più attenzione alla qualità del servizio e alla capacità di ascolto del marchio, e molta meno alla proposta commerciale fine a sé stessa. Operare bene in questo senso oggi permetterà una maggiore conversione e fidelizzazione domani.

trend social media marketing 2021

Spazio al nostalgia marketing

Questo trend sta già prendendo piede, e nuovamente la ragione è emotiva e legata ai profondi cambiamenti sociali che l’epidemia di Coronavirus ha portato con sé: in un mondo in cui uscire, viaggiare e intrattenere relazioni sociali è diventato estremamente difficile, il digitale va a sostituire l’incontro face-to-face e aiuta anche a sognare e ricordare “i bei tempi passati”.

Ai brand si consiglia dunque di puntare molto su una comunicazione che evochi forti reazioni emotive, che favorisca la nostalgia positiva e la speranza, e che sia profondamente sentimentale. Perché? Perché nei momenti di incertezza tutti noi abbiamo bisogno di connetterci a qualcosa che consideriamo consolante, familiare e sicuro, e il passato – i ricordi – hanno proprio questo scopo.

Una curiosità: il nostalgia marketing è stato già utilizzato con successo in passato. Non a caso, durante la grande depressione americana degli anni Venti e, in termini più globali, nel corso della grande recessione internazionale dei primi anni Duemila.

nostalgia marketing comunicazioni social

Un marketing social più consapevole dal punto di vista sociale

È ormai noto che i consumatori siano sempre più socially-conscious, e si tratta di un dettaglio che i brand non possono più ignorare.

La coscienza sociale collettiva sta generando impatti notevoli sulla politica, sulla reputazione dei marchi e sulla società nel suo complesso, e questo significa che argomenti come la salute mentale, l’educazione, la finanza, l’inclusività, gli stili alimentari alternativi, l’ecosostenibilità sono ormai discussi quotidianamente sui social media.

I nuovi consumatori, i millennial, considerano questi argomenti cruciali: qualunque azienda sia anche solo tangenzialmente coinvolta in essi dovrà quindi operare di conseguenza, e studiare strategie di marketing mirate che tengano in considerazione anche questi importanti aspetti della nuova società.

Attenzione alle fake news

Il paradosso creato dai social media è che si sono, nel corso del tempo, rilevati piattaforme perfette per la diffusione di disinformazione e notizie false. Il potenziale conversazionale altissimo e una sostanziale mancanza di controllo da parte di un team di moderatori composto da persone reali ha reso il problema imperante e, molto spesso, addirittura incontenibile.

Sta (anche) alle aziende contribuire a risolvere il problema, attraverso una comunicazione e un marketing improntati alla verità, alla trasparenza, all’evidenza scientifica e alla precisione assoluta.

Mai sentito parlare di memetic media?

Il termine “memetic media” fa riferimento ai celebri “meme”, ossia a quei contenuti di natura generalmente umoristica che vengono diffusi in rete attraverso la rielaborazione creativa di scene prelevate da film, programmi TV o video musicali, diventando virali.

Le statistiche ci dicono che il 55% degli utenti tra i 13 e i 35 anni utilizza meme con frequenza settimanale, e che tali percentuali sono salite del 26% negli ultimi 13 mesi. Il trend non è quindi destinato a diminuire, anzi!

I meme possono impattare l’utenza in merito a opinioni, decisioni e abitudini d’acquisto, e dovrebbero essere dunque considerati nell’ambito di una strategia di social media marketing efficace. Connettere il proprio target di riferimento attraverso meme virali può aiutare il brand, purché l’azienda sia sempre completamente consapevole di tutti i significati che quel meme implica. Attenzione, dunque!

Altre tendenze da tenere d’occhio

Quelli che vi abbiamo illustrato sono, a nostro avviso, i cinque trend fondamentali per i social media del 2021 e che non dovrebbero quindi trascendere dalle strategie di marketing digitale delle organizzazioni.

Tuttavia, non sono gli unici. Concludiamo quindi il nostro articolo con un rapido excursus delle altre tendenze da tenere d’occhio: 

  • Focus sulle 4C dopo l’esperienza Coronavirus: Community, Cleanliness, Contactless e Compassion. Cosa significa, in breve? Che la maggior parte dei consumatori (per la precisione, il 78% secondo Social Media Today) si aspetta che i brand offrano non prodotti, ma vere e proprie soluzioni che contribuiscano a rendere la vita quotidiana più facile e sicura, attraverso una corretta comunicazione, prodotti e servizi senza contatto, salubrità/sicurezza e compassione intesa come capacità di comprendere le reali esigenze degli utenti.
  • Un social sempre più gaming: rispetto allo scorso anno, ben il 32% in più di utenti di età superiore ai 13 anni si descrive sulle piattaforme social con il termine “gamer”. Chiaro è che i giochi online stiano rappresentando una grande forma di distrazione in questo particolare momento, e i brand dovrebbero approfittare di questa tendenza concentrandosi su soluzioni e messaggi che ingaggino questa particolare categoria di pubblico.
  • Coproduzione tra brand e utenti: si chiama anche remixing, e consiste nel rielaborare o anche solo rilanciare prodotti digitali della propria community per coinvolgerla ancora di più, fidelizzarla e convincerla. Remixing significa però anche fornire al proprio target di riferimento template su cui basare i loro contenuti, siano essi testuali, fotografici o video, così da creare connessioni sempre più organiche tra marchio e cliente.
  • L’old school marketing approda sui social: radio, live tv, real-time footage permettono di mantenere un contatto con il mondo “reale” e con la componente umana che sta al di fuori delle nostre case. L’old school marketing, ossia i contenuti che vedono protagoniste le persone e non le macchine, è tornato in auge soprattutto nell’ultimo anno ed è approdato sui social media, che vedono ora un’impennata nel gradimento di strumenti come i podcast. La produzione di questi contenuti è dunque favorita per creare engagement e fidelizzazione.

Su quali trend punterà la tua azienda nei prossimi mesi? Quali tra le tendenze che abbiamo elencato è in grado di integrare nella sua strategia di social media marketing?

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