28 Gennaio 2020

Negli ultimi anni, il numero di funzionalità digitali come pannelli di conoscenza, immagini e pacchetti locali si è moltiplicato esponenzialmente, tanto da influenzare il SEO in modo piuttosto deciso. Inevitabilmente, questo tipo di comportamento della SERP va a influenzare anche l’atteggiamento degli utilizzatori.

Quando le funzionalità della pagina dei risultati dei motori di ricerca – dai caroselli di prodotti sponsorizzati ai video, fino ai rich snippet – sono presenti sulla pagina di risposta a una determinata query, il 74% degli utenti li prende in esame (studio Nielsen Norman Group). Questo avviene perché le funzionalità della SERP di nuova generazione hanno una sorta di “peso visivo” che va a influenzare lo sguardo, e dunque il click dell’utente in modo non lineare.

Questi risultati, ottenuti analizzando 471 query che coinvolgevano i partecipanti a uno studio tra il 2017 e il 2019, ha permesso di confermare la correlazione tra il tracciamento oculare, l’usabilità e il comportamento.

Le immagini in particolare risultavano accattivanti e attrattive, così come gli elementi sulla pagina che fornivano risposte rapide (pannelli di conoscenza), anche in condizioni di particolare variabilità e complessità dell’interfaccia a livello grafico. Oggi, gli utenti si adattano e rispondono proattivamente a questo tipo di variazioni, tanto da impiegare poco meno di sei secondi per fare click sulla prima selezione.

Va poi considerato un secondo studio, condotto stavolta da Yext, che ha riscontrato un incremento (17%) delle interazioni con le pagine di attività commerciali locali rispetto all’anno precedente (10%). Nella pratica, questo significa che gli utenti digitali, sempre più evoluti, individuano ora molto più rapidamente ciò che vogliono trovare, e dedicano meno tempo alla ricerca e più tempo all’interazione.

L’evoluzione dell’utente della rete e il cambiamento di fruizione delle pagine rispetto al passato – quando lo sguardo si muoveva in sequenza dall’alto verso il basso, da sinistra a destra – prende il nome di “modello flipper” (pinball pattern) e identifica proprio la capacità dell’occhio di intercettare, in modo apparentemente casuale, i punti di interesse su una pagina web – o in questo caso di risultati – che presenta tanti elementi diversi.

Secondo il rapporto di Nielsen, questo cambiamento è legato all’incoerenza delle pagine dei risultati da una query all’altra, che spinge l’utente a valutare la pagina nella sua totalità prima di effettuare la sua scelta, calibrandola laddove la sua attenzione è attirata. In termini di marketing, questo significa che non solo il tipo di informazione e il suo medium, ma anche il suo posizionamento influenzeranno la visibilità e il click di un determinato elemento.

Rispetto al 2006, quando era il primo risultato nella pagina di ricerca a essere cliccato (51% dei click), le cose sono cambiate moltissimo, se si considera che nel 2019 la stessa voce riceve solamente il 28% dei click.

Modello Flipper: migliori risultati anche per chi non è in prima posizione su Google

Nelle strategie di marketing digitale attuali, dunque, bisognerà tenere in considerazione questo nuovo trend.

Sebbene le ricerche a zero click continuino ovviamente ad esistere, ora anche gli annunci e i risultati posizionati più in basso rispetto alle prime posizioni vedono incrementate le loro possibilità di successo. Nel 2019, il 59% degli utenti analizzati ha cliccato su uno dei primi tre risultati, e le posizioni inferiori sono anch’esse risultate più fruite.

Allo stesso modo, gli utenti tendono ora a tornare sulla pagina dei risultati e procedere con lo scrolldown se la prima selezione non ha risolto la loro query. Continuano a risultare invece penalizzati i risultati che si collocano dopo lo scroll, nella cosiddetta area “below the fold”, a meno che il risultato cercato non sia a una query complessa: in tal caso, la percentuale di click di queste risposte si attesta sul 20%.

Che significa? Che contenuti approfonditi, di qualità, ben elaborati, e verticali, possono ancora attirare click anche se si trovano più in basso nella SERP, tenendo comunque conto che solo nel 2% dei casi gli utenti tendono ad avventurarsi nella seconda pagina

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